mercoledì 21 giugno 2017

Quarant'anni dopo torna il Campo Hobbit


Quarant'anni dopo torna il Campo Hobbit
L'appuntamento a Montesarchio, nel Beneventano, da venerdì a domenica. Marina Simeone: «Costruire un’oasi di intelligente politica». Ecco il programma integrale della manifestazione

Tutti fuori. C’è bisogno di prendere aria. E per farlo bisogna rimettersi in movimento per tornare alle origini. Quarant’anni dopo per proiettarsi nel futuro. È il senso della tre giorni che si terrà da venerdì 23 giugno a domenica 25 al campo sportivo di Montesarchio, in provincia di Benevento, nello stesso luogo dove l’11 e il 12 giugno del 1977 si svolse il primo Campo Hobbit.



Un appuntamento che rappresentò un evento dirompente per il mondo giovanile missino, e che oggi rivive grazie all’impegno di Marina Simeone, figlia di quel Generoso Simeone che fu icona del movimentismo missino degli anni ’70, un animatore culturale e di giornali. Generoso di nome e di fatto, Simeone fu esponente della corrente di Pino Rauti e in primissima fila nell’organizzazione del Campo del 1977. La manifestazione, proprio come quella di 40 anni fa, promette di essere un evento.

HOBBIT I - Un reperto raro del primo Campo Musicale Giovanile (11-12 giugno 1977)

Ci saranno innanzitutto i protagonisti di quella “rivoluzione di comunità”, con l’obiettivo di storicizzare quanto avvenne, nella consapevolezza che senza memoria non può esserci alcun futuro. Oltre al ricordo di Pino Rauti, indimenticato leader missino, non mancheranno quelli di Rutilio Sermonti, intellettuale e scrittore di grande spessore, e dell’editore napoletano di Controcorrente, Pietro Golia. Una mostra fotografica e le combattive e trasgressive riviste dell’epoca accompagneranno tutta la tre giorni della manifestazione. Il tutto senza dimenticare la musica alternativa e i grandi temi del presente: immigrazione, Europa dei popoli, tradizione contro mondialismo e molto altro alimenteranno le discussioni che si susseguiranno coordinate dalle case editrici Controcorrente, Settimo Sigillo e Ar.

Sull’esperienza dei Campi Hobbit (ce ne furono altri due dopo quello di Montesarchio) molto si è detto. Il tentativo di andare oltre gli steccati e le sterili contrapposizioni, il superamento della guerra civile permanente che teneva l’Italia in ostaggio, la volontà di uscire da inutili nostalgismi e rivolgersi innanzitutto al futuro e alle nuove generazioni, coinvolgendole su questioni “metapolitiche” - come allora si disse - e poi la celtica (che fece andare su tutte le furie Giorgio Almirante), la letteratura tolkieniana, la musica alternativa, la difesa della terra, la rivoluzione grafica e tanto altro ancora costituirono altrettanti temi che, coniugati a miti e simboli della Tradizione, fecero dei Campi Hobbit un’esperienza originalissima e vitale.



Se anche si trattò di una “rivoluzione impossibile” - per dirla con il titolo di un importante libro di Marco Tarchi, che fu tra i leader di quella Nuova Destra che nelle esperienze dei Campi Hobbit si è sempre riconosciuta - si trattò di un movimento che lasciò una traccia feconda. In cosa consista lo spiega bene Marina Simeone, presidente dell’associazione culturale intitolata al padre: «Non riuscì probabilmente quella rivoluzione culturale chiamata Hobbit, ma ha coinvolto e si è fissata nella storia, come tutte le rivoluzioni che si fanno in nome di idee e non di interessi e di comode poltrone. È da allora - spiega la Simeone - che vogliamo ripartire, è a quei modelli che vogliamo rendere onore e riferirci, per rivendicare la consistenza di una presenza. A Montesarchio abbiamo chiamato tutti coloro che potevano dirsi interessati e desiderosi di voler costruire, finanche sulle rovine attuali, un’oasi di intelligente politica». Ricordando la figura del padre, lo definisce «un rautiano convinto, un energico pazzo, un uomo di cultura e di azione. Finì lì la sua esperienza interna al Msi e al massimo durò qualche anno in più. Poi il messaggio politico preferì farlo passare tramite la testata “Segnali”, l’impegno sportivo e sociale, l’educazione familiare». E conclude: «Non è cambiato lo scenario, rispetto a quarant’anni fa, ma forse cambierà la sorte». Perché mancò la fortuna, non certo il valore.



https://www.ilroma.net/news/politica/quarantanni-dopo-torna-il-campo-hobbit

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