venerdì 30 aprile 2021

SKÖLL- Carnera (2016)

Sköll Carnera

Gruppo: Sköll

Album: Antologia elettronica

Brano: Carnera

Anno: 2016

Casa discografica:  RTP Perimetros

giovedì 29 aprile 2021

SERGIO RAMELLI PRESENTE! 1975-2021


 

CONCERTO - Commemorazione SERGIO RAMELLI! (2017)

29 Aprile 2017 - Commemorazione Sergio Ramelli

Quando il MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO "vinse" (1993)

Quando il MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO "vinse" (1993)

La Maratona Mentana del 1993 per l'Elezione dei sindaci dopo i ballottaggi. Il Movimento Sociale Italiano vinse politicamente e praticamente in molte città, pur perdendo di un soffio Napoli e Roma. L'MSI in quel momento storico era l'Alternativa al Sistema che, con tutti i suoi difetti e con i tanti pregi, riuscì a coronare un sogno, canalizzando il malcontento generale sulla Fiamma Tricolore. Senza, però, perdere il contatto con la Base e con la Storia.  

domenica 25 aprile 2021

25 APRILE GIORNATA MONDIALE CONTRO LA MALARIA


 

CONTROFESTA MSI - 25 Aprile 1992 | NAPOLI CAPITALE MORALE!



Questo è un Paese che non sarà una grande potenza politica, che non sarà una grande potenza militare, forse questa è una benedizione di Dio, ma che è un Paese di grande cultura, di grande storia, è un Paese di immense energie morali, civili, religiose e materiali. Si tratta di saperle mettere assieme e si tratta di fondare delle istituzioni che facciano sì che lo sforzo di ognuno vada a vantaggio di tutti. Che Dio protegga l’Italia, viva l’Italia, viva la Repubblica".

SCRITTE CONTRO KOSSIGA

L'ultima Picconata dell'ultimo Presidente della Prima Repubblica. Francesco Cossiga abbandona la carica, polemicamente, poco prima della fine del proprio mandato. Anticipò di un soffio l'uragano abilmente pilotato dall'alto, conosciuto come Tangentopoli, capace di spazzare via solo una parte della classe politica italiana. Una potatura di rami secchi da dare in pasto alle masse inermi. Una guerra tra poteri transnazionali, nascosti dietro le firme dell'Armistizio di Cassibile.

FLORIANI E FINI

In realtà Mani Pulite venne architettata ad arte per colpire una frangia sacrificale del sistema, lasciando impuniti tanti altri mascalzoni ed il sistema (marcio) stesso. 

Quel 25 aprile vide Napoli Capitale dell'Italia onesta, che però non cantava Oo-ne-stà-Oo-ne-stà oppure Bell* ciao nelle piazze. No, care lettrici e cari lettori. Era il Boia Chi Molla l'eco che rimbombava tra i vicoli ed i quartieri di una metropoli stanca, simbolo del Sud dimenticato, ma pronto a sorridere. La base militante delle Federazioni campane era presente e compatta, soprattutto in quella data dai mille significati. Il Movimento Sociale Italiano era l'unica colonna nazionalpopolare in un frangente politico difficile, ma cavalcato con stile dalla Fiamma Tricolore del dopo Almirante. L'MSI era visto come unica opposizione alla Partitocrazia, l'ultimo grido di giustizia Nazionale, premiato con percentuali elettorali importanti. 

FINI SALUTA

CHI SI RICORDA DEL 25 APRILE?

La Repubblica, giornale nato il 14 gennaio 1976, come progetto politico e non come semplice organo di informazione, fu la voce, insieme a L'Espresso, RaiTre, Cuore, Samarcanda e ai Chiambretti vari, della sinistra post-comunista, a lutto per l'incredibile crollo dell'Urss nei primissimi anni Novanta. Il quotidiano di Eugenio Scalfari vedeva rinascere e divampare un'incontenibile rabbia missina dopo lo spappolamento, parziale, della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista Italiano, senza dimenticare il resto del Pentapartito, ossia Partito Repubblicano Italiano, Partito Social Democratico e Partito Liberale, quest'ultimo defilatosi dall'alleanza partitica, famosa per la stabile instabilità dei tanti, troppi politicanti di mestiere, spesso lustrascarpe del padrone di turno, italiota, straniero o mezzo e mezzo che sia.

 IL MSI DI FINI

Ha ancora un senso la festa della Liberazione? Fino a qualche anno fa questa sarebbe sembrata una domanda provocatoria. Oggi l' Italia nata dalla Resistenza deve fare i conti con il tentativo ripetuto di annullare il significato storico e politico di quella lotta - frignava La Repubblica il 26.04.92. 

«Da destra si traccia un insidioso parallelo tra antifascismo e comunismo: caduto quest'ultimo - è il ragionamento - non avrebbe più senso neppure il primo. E' davvero questo il sentire comune della nazione, è davvero ridotta a una serie di rituali la festa fondamentale della Repubblica italiana? Questo è quello che si tenta di sostenere da destra». 

TRICOLORI IN STRADA

LA CONTROFESTA

All'epoca solo l'associazione nazionale dei partigiani e qualche Centro Sociale Autogestito e Occupato come il Leoncavallo di Milano si fecero notare con qualche festicciola. Sempre La Repubblica riuscì a catturare con la penna il diffuso malcontento di un mondo fatto a pezzi dalla storia. Il Comunismo Internazionale iniziava a mostrare le falle di un regime basato sull'eliminazione radicale della proprietà privata e l'azzeramento totale degli aneliti di libertà umana, visti come controrivoluzionari dai guru bolscevichi. Il Partito Comunista Italiano aveva ancora le mani lorde di sangue dalla fine della prima parte della spietata guerra civile (43/45). La seconda ondata di odio, violenza antifascista e coperture di rito, è durata fino a metà degli anni Ottanta. Una lunga scia di sangue fratricida che condanniamo fermamente.

MISSINI


«Fine, stop: l'Italia ufficiale sembra fermarsi qui - chiosava la Rep. Nessuno dei leader politici ha festeggiato pubblicamente la ricorrenza. E in questo deserto di iniziative è invece risaltata la "controfesta" del Msi a Napoli, la città delle quattro giornate che le sono valse la medaglia d' oro della Resistenza. Come ha spiegato il segretario Gianfranco Fini, alla presenza di migliaia di militanti e di una festaggiatissima neo onorevole Alessandra Mussolini: 


«scegliendo la data del 25 aprile per questa manifestazione, il Msi non ha voluto provocare nessuno, se non il doveroso rispetto che si deve alla storia».

«Oggi - ha aggiunto tra il crescente entusiasmo dei Missini di tutta la Campania - celebriamo un altro 25 aprile, quello che segna la fine della prima Repubblica, che con il voto del 5 e 6 aprile ha vergato il suo epitaffio».




Il voto di qualche settimana prima aveva innescato l'effetto domino per la classe politica italiana nata dalla movimentata Assemblea Costituente del 1948. Democristiani, socialisti e comunisti, da poco scissi in Partito Democratico della Sinistra e Rifondazione Comunista, entrarono in una crisi irreversibile. Cresceva la Lega Nord antistatalista e l'MSI in contrapposizione caricò di toni trionfalistici l'omaggio al cippo di Capua. Un chiaro messaggio a Bossi e Berlusconi sui futuri assetti che avrebbero potuto vedere un Sud con un Movimento Sociale Italiano finalmente pronto a gestire la cosa pubblica con etica e sacrificio.  

SATIRA DI SINISTRA


FESTA ARKIVIATA

E' dunque da archiviare la festa della Liberazione, così come sostenne l'allora Camerata Fini? 

Da sinistra c'era chi la pensava come il segretario missino. Il neo senatore Gianfranco Miglio, ideologo antifascista della Lega nord raggelò i vertici della Sinistra post Falce & martello. "Tutte le ricorrenze - ragiona sulle colonne del giornale diretto da Scalfari - hanno una nemesi storica, un significato che col passare del tempo si trasforma o scompare". E a questa legge naturale non poteva sfuggire il 25 aprile, afferma convinto Miglio. 
GIOVANI MISSINI


"Per noi che vivemmo quelle esperienze - confessa il senatore - forse potrebbe ricordarci qualche cosa, ma per i giovani non credo proprio". 

Soprattutto dopo che il sistema politico nato da quelle esperienze, è la convinzione del professor Miglio, "non ha dato una prova esaltante di efficienza e di serietà". 

MSI - FDG A NAPOLI


MSI: comizio in occasione dell'Anniversario del 25 Aprile

Lo Schiaffo 321 ha recuperato la registrazione audio su Radio Radicale di quel famoso comizio, il primo passo emblematico di una nuova stagione politica. "MSI: comizio in occasione dell'Anniversario del 25 Aprile", venne registrato a Napoli sabato 25 aprile 1992 ed è riportato di seguito diviso in due parti. All'evento, organizzato dal Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale, parteciparono anche i Caudini dal Cuore Nero appoggiati dagli irriducibili amanti del Bibigass Tricolore.

Sono intervenuti i Camerati: 

Massimo Abbatangelo (MSI), La Russa (MSI), Antonio Parlato (MSI), Francesco Servello (MSI), Alfredo Pazzaglia (MSI), Francesco Pontone (MSI), Giuseppe Tatarella (MSI), Amedeo La Boccetta (MSI), Cesco Baghini (MSI) e Gianfranco Fini (MSI).

Per dire la Vostra, contattateci all'indirizzo di posta elettronica caudiumpatrianostra@gmail.com oppure tramite Twitter @SchiaffoLo

immagini tratte dalla rete

sabato 24 aprile 2021

COMUNITÀ MILITANTE CAUDINA 321 | volantino


 

RAY BRADBURY Fahrenheit 451 (1953) | Audiolibro

Fahrenheit 451

SANGUE E LACRIME TRA AVELLINO E CERVINARA | Cronaca nera

Ad Avellino si è consumato un delitto talmente efferato e cruento da lasciare tutti senza parole. Una tragedia assurda che fa registrare un morto e due arresti, ma in realtà è e sarà l'intera famiglia delle vittime a soffrire, distrutta senza un perché e addirittura salva per miracolo, visto che secondo le prime indagini erano da eliminare anche la madre e la sorella. Una strage per coronare un sogno d'amore. Uno scenario crudo e sanguinario che ha portato all'assassino di un padre, accoltellato e sventrato sul divano di casa, almeno in base alle prime ricostruzioni.

Proprio oggi, casualmente, Il Corriere della Sera aveva rispolverato la storia di Doretta Graneris, la donna che a diciotto anni sterminò la sua famiglia insieme al suo fidanzato. Nel 1975 la coppia assassina tolse la vita alla madre, al padre, ai nonni, al fratellino e nemmeno il cane venne risparmiato. Lo storico giornale milanese l'ha rintracciata dopo lunghi e tenebrosi anni di silenzio e carcere. 

Doretta ha 64 anni e fa l’impiegata a Torino ed oggi ha fatto un tuffo nel passato a causa della tragedia di Avellino.


Tutta Italia si interroga sulla società di oggi, ma la concomitanza dell'evento odierno con quello del 1975 è ancora più agghiacciante per i parallelismi e le dinamiche. Fortunatamente questa volta il piano è saltato e l'assassino fuggito dopo il primo ferito, morto poco dopo l'arrivo in ospedale. 

Riportiamo la ricostruzione ufficiale lanciata in tutta la Nazione dell'Agenzia Giornalistica Italia:

AGI-  Da mesi progettava di far fuori tutta la famiglia ma il piano non è riuscito e a fare le spese del diabolico disegno omicida è stato solo il padre, Aldo Gioia, 53 anni di Avellino. Elena voleva liberarsi di tutti quelli che si opponevano alla sua storia con Giovanni: ne parlava spesso con quel ragazzo più grande di lei di cinque anni, che aveva già avuto a che fare con la giustizia. Implicato in un piccolo giro di spaccio, violento al punto da rimediare già qualche denuncia per aggressione e lesioni, l'ultima nel 2019, a giugno, quando per il corso Vittorio Emanuele di Avellino minaccia proprio il padre della sua ragazza con una sciabola.


Nessuna conseguenza fisica, ma quell'episodio segna una ferita profonda nella famiglia di Aldo Gioia, 53 anni di Avellino, dipendente della Fca di Pratola Serra, sposato con Liliana Ferraiolo, di 50 anni, e con due figlie: Elena 18 anni, la ribelle di casa, ed Emilia, 23 anni, studentessa, più vicina ai genitori. Tutti fanno muro contro quella relazione. 

Giovanni Limata non ha una buona nomea, ma al progetto di sterminare la famiglia di lei si oppone. Non vuole arrivare a tanto.

E' convinto che basti minacciare il padre di lei, per ottenere un po' più di libertà. La storia tra i due comincia due anni fa e viene subito scoperta dai genitori di Elena. Lei, all'epoca 16enne, non sopporta i divieti dei genitori e gli scontri in famiglia si fanno sempre più accesi. La madre cerca di mediare, così come la sorella. Il padre è il più fermo di tutti. Ma dopo l'episodio della sciabola puntata al padre, nessuno in famiglia è più disposto a spendere una parola per quel giovane, cui Elena sembra sempre più legata. 

Alcuni mesi fa la ragazzina comincia a parlare di soluzioni radicali. Lui cerca di dissuaderla, lei riesce a convincerlo. Ha un piano perfetto: aspettare il momento in cui il padre di sera, dopo cena, si distende sul divano con la tv accesa. Di solito prende sempre sonno. A quel punto lei avrebbe avvisato il fidanzato, gli avrebbe aperto la porta e lo avrebbe fatto entrare.

La strage e poi la fuga insieme

Lui avrebbe ucciso tutti e insieme sarebbero poi scappati per sempre. Ma niente va come hanno programmato i due fidanzati. Giovanni non riesce con un grosso coltello a finire il suocero con un colpo solo. Deve sferrargliene sette, ma la madre e la sorella di Elena che erano nelle loro stanze ieri sera si accorgono di quanto sta accadendo. Elena è lì mentre Giovanni colpisce suo padre e comincia a urlare a dire che è una rapina. La madre avvisa il 113 e il 118. L'appartamento al quinto piano di un palazzo di corso Vittorio Emanuele viene invaso dalla polizia e dai soccorritori del 118.

Giovanni Limata nel frattempo è scappato ed Elena è lì a dire agli investigatori che si è trattato di una rapina. Fin qui il racconto agli investigatori di Giovanni Limata, raggiunto nel corso della notte dagli agenti della squadra mobile della questura di Avellino a Cervinara, in casa dei genitori, in via dei Monti. 

Il giovane ha cercato prima di negare, ma il coltello è stato trovato e lì ci sono le sue impronte, così come la stanza, il corridoio dell'appartamento e l'androne del palazzo sono pieni di sue tracce. Schiacciato dal peso delle contestazioni, Giovanni è crollato e ha ammesso tutto. Ha ucciso lui Aldo Gioia.


La vittima agonizzante dopo le coltellate

Lo ha lasciato agonizzante e si è spaventato quando le due donne si sono messe a urlare. Non ce l'ha fatta a portare avanti il piano costruito con Elena ed è fuggito. Ma ha addossato alla sua ragazza tutte le responsabilità. Avrebbe progettato tutto lei e lo avrebbe convinto che quella era l'unica soluzione per vivere la loro storia. Quel che è successo dopo la fuga lo ha raccontato poi Elena Gioia. Anche la 18enne è crollata. Ha cercato di sostenere la versione della rapina finita male, ma non ha retto alle domande pressanti degli investigatori. E non è servito neppure quell'aiuto confuso che la madre e la sorella pure hanno cercato di offrirle sulle prima.

Liliana ed Emilia erano sconvolte, e subito dopo la fuga di Giovanni hanno taciuto, o detto solo poche parole per sostenere la versione di Elena. Ma poi è arrivata la notizia che Aldo, uscito in barella dalla casa di famiglia, è morto poco dopo l'arrivo in ospedale. 

Le due donne non coprono più la ragazza e gli agenti trovano sul cellulare di Elena una chat inequivocabile tra la 18enne e il fidanzato. A quel punto la madre e la sorella cominciano a raccontare cosa sia realmente accaduto in quell'appartamento dalle 22,45 in poi. 

Elena Gioia è accusata di omicidio premeditato pluriaggravato, Giovanni di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. 

Sono in stato di fermo ed entro domani subiranno l'interrogatorio del gip del tribunale di Avellino per la convalida. 

Si trovano nel carcere di Avellino dalla notte scorsa. Per lunedì è previsto invece l'affidamento dell'incarico al medico legale per l'autopsia su Aldo Gioia. 

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immagini tratte dalla rete

CIVICO 88 - Siamo qui per voi (2007)

Civico 88 | Siamo qui per voi

Gruppo: Civico 88

Brano: Siamo qui per voi

Anno: 2007

COMUNITÀ MILITANTE CAUDINA 321 | volantino


 

venerdì 23 aprile 2021

FRANCESCO VIOLA - Briganti del Partenio (2021)

Briganti del Partenio

Video di promozione storica culturale e paesaggistica di Cervinara e del Partenio con le immagini vere dei volti di soldati piemontesi e briganti del territorio del Partenio o nativi di Cervinara.

Il brano "A fest ro Brigant" musiche e parole è scritto da Francesco Viola-

Le foto all'interno del video sono di:

Brigante  Carmine Palumbo  banda Felice Taddeo

Capo Brigante alias Felice Taddeo (vero nome  Domenico Antonio Taddeo)

Briganti Nicola D'Amato, Alfonso Luciano, Michele Cillo

Brigante Mutascio Pietro

Capo Brigante Alessandro Pace compagno di Giocondina Marino  di Cervinara

Michele Marino banda Pace

Silvestri Magnotta banda Pace

Moscatiello Luigi Banda Pace

Carolina Casale di Cervinara,  compagna di Michele Lippiello banda Pace

Banda Cipriano La Gala seduto con il fratello Giona, Pasquale D'avanzo e Domenico Papa (prima banda del Partenio anno 1861)

TOMMASO SANKARA - "...e quel giorno uccisero la felicità"

...e quel giorno uccisero la felicità

“Le masse popolari in Europa non sono contro le masse popolari in Africa. Ma quelli che vogliono sfruttare l’Africa sono gli stessi che sfruttano l’Europa. Abbiamo un nemico comune”.

Tommaso Sankara

giovedì 22 aprile 2021

FRANCESCO MANCINELLI - Gilles (1986)

Francesco Mancinelli | Gilles

Artista: Francesco Mancinelli

Brano: Gilles

Anno: 1986

GRAMSCI e i suoi fratelli: tre storie tormentate | STORIALTERNATIVA

Gramsci e i suoi fratelli: tre storie tormentate

Antonio Gramsci aveva tre fratelli e tre sorelle. I suoi fratelli, per ragioni diverse, furono per lui un tormento. Con due di loro esercitò appieno il familismo meridionale, si occupò di loro. Il terzo no, però fu in camicia nera. Ma andiamo con ordine, prendendo lo spunto dalla nuova edizione critica delle sue Lettere dal carcere, arricchite di tredici lettere inedite, uscite in questi giorni da Einaudi a cura di Francesco Giasi.

GRAMSCI ROSSO

Partiamo dal fratello maggiore, Gennaro, detto Nannaro, che gli procurò non pochi pensieri; fu l’unico tra i suoi fratelli che seguì le sue idee politiche, fu segretario di sezione e cassiere di una Camera del Lavoro e a Torino fu collocato da suo fratello come responsabile amministrativo del giornale comunista diretto da Antonio, Ordine nuovo. Fu protagonista di una storia che rischiò di coinvolgere anche Antonio; lui racconta in queste nuove lettere ai famigliari quando fu accusato di essere un “ingravidatore fuggiasco” e dipinto “come un mascalzone vizioso, cocainomane, con le dita cariche di anelli”. Ma il responsabile del misfatto era in realtà suo fratello, il lupo Nannaro, che aveva messo incinta una ragazza. Antonio lo convinse a riconoscere sua figlia Mea.

NINO GRAMSCI

Antonio dovette occuparsi pure di cercare un lavoro all’altro suo fratello più piccolo, Carlo. Ma questa volta, curiosamente, si rivolse al federale fascista di Cagliari, Paolo Pili, che era parlamentare. Carlo, ufficiale nella Grande guerra, era di idee sardiste. Lo stesso Pili raccontò l’episodio che risaliva al 1924 in un’intervista ripresa nel n. 79 della rivista Storia in rete: “Nino era un tipo terribile, eravamo in un periodo in cui era sempre ingrugnito, non parlava mai con nessuno, neppure con il suo gruppo di comunisti. Un giorno, nel corridoio dei passi perduti (a Montecitorio, ndc), mi tirò per la giacchetta, gli chiesi: ‘Come mai ti avvicini a una bestia immonda come me?’, mi rispose di non dire stupidaggini e ci sedemmo. Ricordo che in quel momento Mussolini e Federzoni uscirono insieme dall’aula e, vedendomi con Gramsci, fecero un viso così curioso che non posso dimenticarmelo, specialmente Mussolini, un viso divertito insomma. 

GRAMSCI MASCHERATO

Gramsci mi ricordò che le sorelle si erano sposate ricamando per la gente e che Carlo, pur volendo lavorare, non riusciva a trovare alcun posto, mi pregò di trovargliene uno qualsiasi”. Cosa si arriva a fare per un fratello… 

Il familismo prevalse in Gramsci sul comunismo; prima i fratelli, poi i compagni. 

O magari lui distingueva, come aveva già teorizzato in tema di violenza e cesarismo, tra un familismo “progressivo” e perciò giustificato e uno “regressivo”, deprecato, che riguardava invece gli altri…


GRAMSCI NERO

Ma la storia più imbarazzante riguarda il terzo fratello, minore di due anni di Antonio; un fratello rimosso, di cui si tace nell’agiografia gramsciana. Perché Mario Gramsci fu fascista, dall’inizio e fino alla fine. 

Mario era stato un adolescente estroverso e gioviale, a differenza di Antonio, pacato e posato, con cui però aveva grande intesa. 

Fu avviato al seminario. Ma lui si rifiutò di indossare la tonaca, voleva sposarsi e disse ai suoi famigliari:

“Piuttosto mandateci Nino (Antonio veniva così chiamato in famiglia) in seminario. Lui alle ragazze non ci pensa e il prete può farlo”. 

Si arruolò nell’esercito, poi andò a combattere volontario nella Prima guerra mondiale, tornò sottotenente. Diventò fascista e fu il primo segretario federale di Varese. Non lo dissuase né suo fratello maggiore né le bastonate dei “compagni” di suo fratello. Mario Gramsci fu fascista in disparte e non in carriera. A Varese, dove risiedeva, sposò una donna dell’aristocrazia lombarda. E una volta, nel 1921, l’anno della scissione di Livorno e della nascita del Partito comunista, Antonio andò a trovare suo fratello, stette da lui a Varese per una ventina di giorni.

MARIO GRAMSCI

Mario partecipò alla Marcia su Roma. Cercò di aiutare suo fratello Antonio durante il regime, gli scrisse lettere premurose quando era in carcere. Partì volontario per la guerra d’Abissinia e combatté nel ’41 in Africa settentrionale. Rimase fascista durante il regime, aderì poi alla Repubblica Sociale Italiana, fu fatto prigioniero, cercarono vanamente di fargli abiurare la sua fede fascista. Venne deportato in un campo di concentramento in Australia. Rientrò nel ’45 con la morte nel petto e morì poco dopo il rientro per le malattie contratte durante la prigionia. Morì in un ospedale di terz’ordine dimenticato da tutti, assistito dai suoi famigliari. 

Nella disgrazia andò meglio a suo fratello Nino, pur vittima di due dittature, quella fascista e quella sovietica che non volle trattare per liberarlo, complice Togliatti. Antonio finì i suoi giorni assistito e amnistiato, curato nella grande clinica romana Quisisana dai medici Frugoni e Pulcinella, per conto dello Stato italiano, per una malattia che si portava dentro dall’infanzia e che il carcere aveva probabilmente acuito.

GRAMSCI PRIGIONIERO

Certo, Mario Gramsci non può essere ricordato alla stessa stregua del suo fratello maggiore, che fu un grande del Novecento italiano. Ma con Mario Gramsci meritano di essere ricordati i fratelli minori, tali non solo in senso anagrafico, di un’Italia che fu dal versante sbagliato e ne pagò intero lo scotto, in silenzio e coerenza, dalla parte dei vinti. Fratelli minori e figli di dio minore o di un’Italia ritenuta minore. Nel ’36 Togliatti aveva rivolto un appello “Ai fratelli in camicia nera”; ma per Gramsci non era solo un modo di dire. Antonio e Mario, fratelli d’Italia, quell’Italia in rosso e nero, fraterna e fratricida.

Scritto da Marcello Veneziani

Panorama, n.44 (2020)


Approfondimento

Mario Gramsci, fratello del fondatore del Partito Comunista Italiano nacque a Sorgono nel 1893. Studiò in seminario, ma, ad un certo punto, buttò via la tonaca. Nel dicembre 1911 riuscì ad arruolarsi nell’Esercito. Partecipò alla Prima guerra mondiale ed anche nel dopoguerra continuò ad indossare la divisa conseguendo il grado di sottotenente. A Varese, dove risiedeva, sposò Anna Maffei Parravicini dell’aristocrazia lombarda. 

Fascista della prima ora e primo segretario del Fascio di Varese, rimase ferito gravemente in uno scontro con i ‘sovversivi’. Partecipò anche alla Marcia su Roma, ad un certo punto lasciò la carriera militare per dedicarsi al commercio dei generi coloniali. 

Partì poi volontario in Africa orientale e, all’età di 47 anni, partecipò, sempre come volontario, al Secondo conflitto mondiale. Combatté  in Libia, nel 4° Reggimento “Libico”, col grado di capitano. Fatto prigioniero dagli australiani nel dicembre 1940, fu internato prima in Egitto e poi in Australia. 

Dopo l’8 settembre 1943 divenne prigioniero non collaboratore. Per questo subì maltrattamenti pesanti e sevizie dagli inglesi prima e dagli australiani, poi. Ma non rinnegò mai il suo credo. 

Rientrò a Varese molto provato dalla prigionia, nel settembre 1945. Due mesi dopo, a novembre, morì a soli 52 anni.  La sorella Teresina fu maestra elementare e segretaria del Fascio femminile di Gilarza.

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SOL YURICK - I guerrieri della notte (1965) | Audiolibro

I guerrieri della notte

Romanzo del 1965 del quale fu poi realizzata nel 1979 l’omonima trasposizione cinematografica. 

TRATTO DA S.N. Audiolibri

DA CHE PARTE VA IL MONDO? | HMV#2 (1922)


HISTORIA MAGISTRA VITAE #2
Continua lo studio della storia italiana sulle colonne digitali de Lo Schiaffo 321. L'analisi dell'Europa dopo la Grande Guerra è importantissima per avere un quadro storico chiaro e diretto, senza filtri o supposizioni. Il mondo veniva spinto dall'alto, come al solito, su posizioni politiche riformiste di sinistra, in contrapposizione alle aree conservatrici ed aristocratiche, legate al vecchio potere. 

Infatti, il crollo delle nobili famiglie europee dal Sangue blu è emblematico: Hohenzollern, Absburgo e Romanoff vennero scalzati e le masse persero tutti i punti di riferimento del passato per poi tuffarsi nella prima vera crisi socialista della società, figlia del Vecchio Continente e dei nuovi postulati contro il potere aristocratico e la casta da esso generato. 


Da che parte va il mondo?

All'indomani dell'armistizio il pendolo oscillò violentemente verso sinistra: sia nel campo politico che nel campo sociale. Due imperi crollarono: quello degli Hohenzollern e quello degli Absburgo mentre un altro quello dei Romanoff li aveva preceduti. Sorsero delle repubbliche, molte troppe repubbliche, alcune delle quali come la tedesca non rappresentavano nemmeno un tentativo supremo disperato di patriottismo come la Comune del '71, ma un espediente per ottenere una pace wilsoniana

Negli anni '19-20 tutta l'Europa centrale ed orientale è travagliata dalla crisi politica di consolidamento dei nuovi regimi aggravata e complicata dalla crisi che chiameremo socialista, cioè dai tentativi di realizzare qualcuno dei postulati delle dottrine socialiste. 


Nei paesi vinti la crisi politico-sociale attinge forme acutissime — come in Prussia in Baviera in Ungheria — ma non risparmia nemmeno i paesi vincitori come la Francia e l'Inghilterra che devono fronteggiare giganteschi movimenti di masse e assume forme inquietanti — dal moto del caro-viveri del 1919 all'occupazione delle fabbriche nel 1920 — nel paese più povero fra i paesi vittoriosi: l'Italia.

L'impressione generale di quegli anni è che il mondo va ormai a sinistra con moto vorticoso: che la sinistra storica, non nel senso parlamentare italiano, è rappresentata dalla Russia la quale ha segnato la strada che tutti i popoli dell'Europa e del Mondo dovranno percorrere: 

tutti i valori tradizionali vengono capovolti; l'eroismo di guerra è vilipeso e viene esaltata la diserzione; 

tutte le gerarchie tradizionali spezzate (un cosacco diventa generalissimo della guarnigione rossa di Pietrogrado e un Krilenko qualsiasi viene elevato alla dignità di generalissimo dell'esercito sovietista) le gerarchie economico-tecniche — frutto di una lunga selezione e di un faticoso travaglio scientifico — non sfuggono ai destino delle altre: gli ingegneri delle officine Putiloft vengono cacciati nei forni. Sembra che da quel momento le officine non abbiano fuso altro materiale. 

Anche in questo campo le diverse società europee ci offrono una scala di sfumature che sono in relazione col loro grado di civiltà e colla maggiore o minore profondità dello sconvolgimento sociale. 

In Russia la famiglia dello Zar viene massacrata senza processo; in Germania quella degli Hohenzollern può andarsene in esilio. In Russia tutto il sistema economico, cosiddetto capitalistico, viene interrotto e paralizzato — anche attraverso l'eccidio fisico dei «borghesi» in Germania, compresa la stessa Baviera, non si è mai arrivati agli estremismi russi né in materia politica, né in materia sociale. 


Tuttavia le linee di questa crisi del primo biennio del dopo-guerra europeo apparivano così paurose che molti elementi — in ispecie politicanti — delle classi borghesi si erano rassegnati all'ineluttabile e credendo oramai nell'imminenza del cataclisma, avevano abbandonato ogni forma di resistenza anche passiva: mentre i bottegai italiani consegnavano le chiavi alle Camere del Lavoro, gli ideologi della democrazia e gran parte dell'intelligenza borghese inclinavano a sinistra nel pensiero e nell'azione, molto spesso sventatamente riformatrice, diffondendo sempre più vastamente nelle masse la convinzione che il vecchio mondo — quello della destra — era destinato a morire. 

Come tutta questa aspettazione si colorisse nell'anima e nell'azione delle masse lavoratrici, è cronaca triste di ieri.


Articolo pubblicato sulla rivista Gerarchia il 25 febbraio 1922

mercoledì 21 aprile 2021

COMUNITÀ MILITANTE CAUDINA 321 | volantino


 

ERNESTO 'A FORIA - 'E Ziti (1999)

 

Ernesto A' Foria | 'E Ziti

Artista: Ernesto A' Foria

Gruppo: Gipsy Fint

Album: Funikulì funikulà

Brano: 'E Ziti 

Anno: 1999 

Confronto: Alì Ağca - Pandico: «La camorra lo reclutò come killer».

Confronto: A Ağca - Pandico

Roma, 3 dicembre 1985. Confronto tra il pentito di camorra Giovanni Pandico (già autore di calunnie ai danni di Enzo Tortora e successivamente considerato inattendibile) e il turco Mehmet Ali Ağca. Presidente della Corte: Severino Santiapichi..

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