Gruppo: 270 Bis
Brano: Cara amica
Anno: 1994
Gruppo: 270 Bis
Brano: Cara amica
Anno: 1994
In seguito ad una rissa un fabbro di Montevergine è accusato di omicidio. Egli fugge per non essere arrestato e si imbarca clandestinamente su di una nave diretta in Argentina.
La crisi del mondo moderno
Definire la «democrazia» come il sistema in cui il popolo si governa da sé, è una vera impossibilità, una cosa che non può avere neanche una semplice esistenza di fatto, sia nella nostra epoca che in qualunque altra; non bisogna lasciarsi ingannare dalle parole:
è contraddittorio ammettere che gli stessi uomini possano essere, ad un tempo, governanti e governati, poiché, per impiegare il linguaggio aristotelico, uno stesso essere non può essere «in atto» e «in potenza» nello stesso tempo e sotto lo stesso rapporto. Si tratta infatti di una relazione che presuppone necessariamente la presenza di due termini: non potrebbero esserci dei governati se non ci fossero dei governanti, foss’anche illegittimi e senz’altro diritto al potere che quello attribuitosi da loro stessi; ma, nel mondo moderno, la grande abilità dei dirigenti consiste nel far credere al popolo che si governi da sé; ed il popolo si lascia convincere tanto più facilmente per quanto più è adulato e, d’altronde, esso è incapace di riflettere quel tanto che è necessario per accorgersi di quanto, in tutto questo, vi è di impossibile.
È per creare questa illusione che è stato inventato il «suffragio universale», in base al quale si suppone che sia l’opinione della maggioranza a fare le leggi, ma non ci si accorge che l’opinione è qualcosa che può essere manovrata e modificata molto facilmente, dato che, con l’aiuto delle suggestioni appropriate, è sempre possibile provocare delle correnti che si muovano in una qualsiasi direzione determinata; non ricordiamo più chi ha parlato di «fabbricare l’opinione», ma si tratta di una espressione totalmente esatta, anche se bisogna dire, peraltro, che non sono certo sempre i dirigenti apparenti ad avere in realtà a loro disposizione i mezzi necessari per ottenere un tale risultato.
Quest’ultima considerazione permette certo di comprendere qual è il motivo per cui l’incompetenza dei politici più «in vista» sembra non avere che un’importanza molto relativa; ma, siccome non si tratta di smontare il meccanismo di ciò che si potrebbe chiamare la «macchina di governo», ci limiteremo a segnalare che questa stessa incompetenza offre il vantaggio di alimentare l’illusione di cui dicevamo prima: in effetti, è solo a queste condizioni che i politici in questione possono apparire come l’emanazione della maggioranza, essendo cioè a sua immagine, poiché la maggioranza, qualunque sia l’oggetto su cui è chiamata ad esprimersi, è sempre costituita da incompetenti, il cui numero è incomparabilmente più grande di quello degli uomini che sono in grado di pronunciarsi in piena cognizione di causa.
Questo ci porta immediatamente a dire in che cosa è essenzialmente erronea l’idea che la maggioranza debba fare le leggi; infatti, anche se quest’idea, per forza di cose, è soprattutto teorica e non corrisponde ad alcuna realtà effettiva, resta sempre da spiegare come essa abbia potuto radicarsi nello spirito moderno e quali siano le tendenze di quest’ultimo a cui essa corrisponde e che soddisfa almeno in apparenza.
Il difetto più visibile è quello stesso che abbiamo appena indicato: il parere della maggioranza non può essere che l’espressione dell’incompetenza, sia che derivi dalla mancanza di intelligenza o dall’ignoranza pura e semplice; e a questo proposito si potrebbero far intervenire certe osservazioni di «psicologia collettiva», ricordando in particolare il fatto assai conosciuto che, in una folla, l’insieme delle reazioni mentali che si producono fra gli individui che la compongono, sfocia nella formazione di una sorta di risultante che non è neanche al livello della media, ma al livello degli elementi più bassi.
D’altra parte, è anche opportuno far notare che certi filosofi moderni, volendo trasporre nell’ordine intellettuale la teoria «democratica» che fa prevalere il parere della maggioranza, hanno fatto, di ciò che essi chiamano il «consenso universale», un preteso «criterio di verità»:
ora, anche supponendo che possa esistere effettivamente una questione sulla quale tutti gli uomini fossero d’accordo, un tale accordo non proverebbe niente di per sé; inoltre, se questa unanimità esistesse veramente, cosa che è tanto più dubbia per quanto vi sono sempre degli uomini che non hanno alcuna opinione su una qualunque questione e che perfino non si sono mai posti il problema, sarebbe in ogni caso impossibile constatarla di fatto, di modo che, ciò che si invoca a favore di una opinione e si assume come indice della sua verità si riduce ad essere solamente il consenso della maggioranza, addirittura limitata ad un ambito necessariamente molto ristretto nello spazio e nel tempo.
In questo dominio appare ancora più chiaramente come la teoria manchi di base, poiché qui è più facile sottrarsi all’influenza del sentimento, il quale invece entra in giuoco quasi inevitabilmente quando si tratta del dominio politico; ed appare anche chiaro che è questa influenza che costituisce uno dei principali ostacoli alla comprensione di certe cose, perfino in coloro che peraltro avrebbero una capacità intellettuale più ampiamente sufficiente per pervenire facilmente a questa comprensione; gli impulsi emotivi impediscono la riflessione, ed una delle più volgari abilità dei politici consiste nel trar partito da questa incompatibilità.
Ma volendo approfondire meglio la questione, ci si può chiedere: che cos’è esattamente questa legge della maggioranza invocata dai governanti moderni e da cui essi pretendono di trarre la loro sola giustificazione?
È, molto semplicemente, la legge della materia e della forza bruta, la stessa legge in virtù della quale una massa trascinata dal proprio peso schiaccia tutto quello che incontra al suo passaggio; ed è in questo che si trova precisamente il punto di giunzione fra la concezione «democratica» e il «materialismo», ed è anche questo che permette che questa stessa concezione sia strettamente legata alla mentalità attuale.
Si tratta, insomma, del completo capovolgimento dell’ordine normale, poiché viene proclamata la supremazia della molteplicità come tale, supremazia che, di fatto, esiste solo nel mondo materiale; al contrario, nel mondo spirituale, e più semplicemente ancora nell’ordine universale, è l’unità che sta in cima alla gerarchia, poiché essa è il principio da cui procede ogni molteplicità; ma, allorché il principio viene negato o è perduto di vista, non resta altro che la pura molteplicità, che si identifica con la stessa materia.
D’altra parte, l’allusione che abbiamo appena fatto alla pesantezza, implica più di un semplice paragone, poiché la pesantezza rappresenta effettivamente, nel dominio delle forze fisiche intese nel senso più ordinario del termine, la tendenza discendente e compressiva, che comporta per l’essere una limitazione sempre più stretta e, al tempo stesso, si muove verso la molteplicità, figurata qui da una densità sempre più grande; e questa tendenza è quella stessa che segna la direzione secondo la quale si è sviluppata l’attività umana dall’inizio dell’epoca moderna.
Inoltre, è il caso di notare che la materia, in forza del suo potere di divisione e al tempo stesso di limitazione, è quello che la dottrina scolastica chiama il «principio di individuazione», il che riallaccia le considerazioni esposte adesso con quanto abbiamo detto precedentemente a proposito dell’individualismo: e si potrebbe dire che questa di cui si tratta è anche la tendenza «individualizzante», quella in base alla quale si effettua ciò che la tradizione giudeo-cristiana designa come la «caduta» degli esseri che si sono separati dall’unità originaria,
La molteplicità, considerata al di fuori del suo principio, e quindi in modo da non poter più essere ricondotta all’unità, è, nell’ordine sociale, la collettività concepita come se fosse semplicemente la somma aritmetica degli individui che la compongono; e in effetti è così, dal momento che non è più collegata ad alcun principio superiore agli individui; sotto quest’aspetto, la legge della collettività è proprio quella legge della maggioranza su cui si basa l’idea «democratica».
Scritto da René Guénon
Lo sceneggiato "Joe Petrosino" andò in onda in cinque puntate nel 1972. Il regista Daniele D'Anza e gli sceneggiatori ricostruirono con realismo e senza tentazioni celebrative, e con alcune soluzioni narrative di grande modernità, la vita del famoso poliziotto italoamericano, impegnato a combattere a Little Italy la Mano Nera, ovvero la mafia siciliana che diventava Cosa Nostra, e assassinato a Palermo nel 1909. Tra gli interpreti, Adolfo Celi (nei panni di Joe Petrosino), Maria Fiore e Mario Feliciani. (WMSE)
Sandro Pertini, il Presidente partygiano contro la NATO.
C'è veramente molta ipocrisia in molti soggetti politici e istituzionali di sinistra, gli stessi a cui piace spesso citare Sandro Pertini come esempio di moralità. Gli eredi di Pertini oggi si schierano apertamente con la NATO, sostengono l’aumento delle spese militari e sono concordi nell’inviare armi in Ucraina nella guerra contro la Russia di Putin.
Il monito del Presidente più amato di sempre dagli italyani giace purtroppo inascoltato: tutto ciò che dichiarò profeticamente sui rischi dell’adesione al Patto Atlantico nella seduta del Senato del 27 marzo 1949, a pochi anni dalla conclusione della più sanguinosa guerra di sempre per l’umanità, si è purtroppo negli anni avverato. Le sue parole partigiane sono ancora oggi valide e importanti per chi, in realtà, adorava l'Unione Sovietica e la Yugoslavia di Tito, il boia delle Foibe. Non l'Italia.
Riportiamo per le lettrici ed i lettori de Lo Schiaffo 321 il discorso integrale del partygiano con la pipa spenta ed il tabacco bolscevico.
Guerra al regno della guerra, morte al regno della morte! no alla nato!
PERTINI: Onorevoli colleghi, dirò brevemente le ragioni per cui voteremo contro il Patto Atlantico: cercherò di riassumere in sintesi quello che è già stato detto in questa discussione ampia, profonda e serena. Noi siamo contro il Patto Atlantico, prima di tutto perché questo Patto è uno strumento di guerra. Abbiamo ascoltato con attenzione la replica del Presidente del Consiglio (De Gasperi, ndr) e speravamo che egli ci dicesse qualche cosa di nuovo, ma tre quarti del suo discorso li ha dedicati esclusivamente ad esaminare la eventualità di una nuova guerra. Quindi maggiormente adesso, dopo la sua replica, onorevole Presidente del Consiglio, noi siamo persuasi che il Patto Atlantico è uno strumento di guerra.
Basterebbe leggere i giornali. Proprio su quelli di stamane ci si comunica che mai come oggi in Inghilterra si è constatata, dopo il Patto Atlantico, una così diffusa psicosi di guerra.
Esso è quindi uno strumento di guerra per noi, ed abbiamo il dovere, perciò, di votare contro. Ha ragione l’onesto amico Rocco di dire che, se oggi il vecchio Turati fosse qui con noi, voterebbe contro il Patto Atlantico e farebbe sentire da questa Aula ancora il suo grido pieno di passione e di angoscia: «Guerra al regno della guerra, morte al regno della morte!»
Ma il nostro voto è ispirato anche ad un’altra ragione. Questo Patto Atlantico in funzione antisovietica varrà a dividere maggiormente l’Europa, scaverà sempre più profondo il solco che già separa questo nostro tormentato continente. Non si illudano i federalisti – mi rivolgo ai federalisti in buona fede – di poter costruire sulla Unione europea la Federazione degli Stati uniti d’Europa; essi costruiranno una Santa Alleanza in funzione antisovietica, un’associazione di nazioni, quindi, che porterà in sé le premesse di una nuova guerra e non le premesse di una pace sicura e duratura. Noi siamo contro questo Patto Atlantico dato che esso è in funzione antisovietica.
Perché non dimentichiamo, infatti, come invece dimenticano i vostri padroni di oltre Oceano, quello che l’Unione Sovietica ha fatto durante l’ultima guerra. Essa è la Nazione che ha pagato il più alto prezzo di sangue. Senza il suo sforzo eroico le Potenze occidentali non sarebbero riuscite da sole a liberare l’Europa dalla dittatura nazifascista. Questo noi non lo dimentichiamo.
VOCI DA DESTRA: E viceversa.
PERTINI: No, soprattutto per lo sforzo eroico dell’Unione Sovietica: lo stesso Churchill lo ha riconosciuto. Siamo contro questo Patto Atlantico in funzione antisovietica, perché ormai ci siamo avveduti che la lotta di classe ha valicato i confini delle Nazioni per trasferirsi in modo violento ed evidente sul terreno internazionale. Vi sono da una parte le forze imperialistiche e plutocratiche, dall’altra le forze del lavoro. Allora noi prendiamo la stessa posizione che presero nel secolo scorso i liberali. Quando la Santa Alleanza cercò di stroncare la rivoluzione francese, i liberali di tutti i Paesi insorsero in difesa della Francia, perché consideravano giustamente quella rivoluzione come la loro rivoluzione. E noi socialisti sentiamo che se domani per dannata ipotesi dovesse crollare l’Unione Sovietica sotto la prepotenza della nuova Santa Alleanza, con l’Unione Sovietica crollerebbe il movimento operaio e crolleremmo noi socialisti.
Ma vi è un’altra ragione che ci induce a votare contro questo Patto Atlantico: è l’aspetto che questo Patto Atlantico ha in rapporto alla politica interna, come è già stato detto ampiamente dai colleghi di questa parte. La prima conseguenza che deriverà da questo Patto sarà una lotta più aspra – e lo sa, naturalmente, nel suo intimo l’onorevole Scelba – e più dura contro l’estrema sinistra del proletariato. Io lo so quello che voi volete dirmi: noi non ce l’abbiamo con voi socialisti: ce l’abbiamo soltanto col Partito comunista. È l’eterna storia che abbiamo sentito dire, adolescenti, nel 1919, ’20, ’21 e allora, in quell’epoca, il Partito comunista non esisteva.
Si agitava, allora, lo spauracchio del pericolo rosso. E parecchi han creduto al pericolo rosso ed hanno assecondato il fascismo sul suo nascere: parecchi di voi, credendo a questo pericolo, aprirono la strada alla dittatura fascista; parecchi di voi si rallegrarono quando videro distrutto, per opera della squadre d’azione fasciste, tutto ciò che la classe operaia aveva costruito pazientemente in 40 anni di lotta. Parecchi di voi si rallegrarono quando videro piegata sotto la dittatura fascista la classe operaia italiana e costoro non compresero che, quando in una Nazione crolla la classe operaia, o tosto o tardi con la classe operaia, finisce per crollare la Nazione intera.
In proposito non vi devono essere esitazioni da parte di nessun socialista. Guai se qualcuno tra noi avesse in questo momento delle riserve mentali, guai se accettasse la discriminazione insidiosa quanto offensiva che ci offrono le forze della conservazione, quando affermano che il loro bersaglio sono i comunisti. Non dimenticate che le forze della reazione, con la stessa arma di cui si serviranno per colpire i comunisti, finirebbero poi per colpire noi socialisti e tutte le forze progressive del Paese!
D’altra parte – e mi avvio alla fine – oggi, in Italia, appare chiaro a tutti come le forze della reazione e della conservazione si vadano coalizzando contro le forze del lavoro. I termini della lotta di classe, che oggi appaiono in tutta la loro evidenza, erano stati offuscati in un primo tempo da quella collaborazione leale e sincera che noi abbiamo dato nei Comitati di liberazione nazionale quando eravamo al Governo. Ormai questa lotta appare in modo evidente a tutti e ne abbiamo avuto l’esempio anche qui questa sera in quest’Aula. Abbiamo visto degli uomini, che noi, sin dalla nostra adolescenza, abbiamo ammirato per il loro ingegno, abdicare al loro pensiero politico, umiliare la loro mente, mutilare la propria coscienza, dare prova di una suprema incoerenza politica e ideologica, pur di stringersi a fianco delle forze clerico-conservatrici.
Cattivo esempio alla gioventù d’Italia avete dato oggi! Comunque noi dobbiamo assumere la nostra posizione. L’assumete voi con tanta decisione, perché non dovremmo fare altrettanto noi? Lo sappiamo, onorevole De Gasperi, che la nostra sarà una posizione dura e difficile; ma voi un po’ ci conoscete e sapete che noi, per il nostro temperamento, non siamo adatti per le situazioni di ordinaria amministrazione. Le posizioni pericolose ci seducono e le assumiamo con fermezza, come abbiamo fatto sotto il fascismo e contro i tedeschi. Pagheremo, se sarà necessario, ma sappiate che noi preferiremmo sempre cadere con la classe operaia piuttosto che trionfare con le forze clerico-conservatrici.
Mi consenta, onorevole Presidente, di dire ancora una parola in nome dei partigiani d’Italia – no sono autorizzato quale uno dei Presidenti onorari dell’A.N.P.I. – una parola in nome di questi partigiani, onorevole De Gasperi, che hanno veramente riscattato l’onore dell’Italia.
ZOLI: Non solo i vostri!
PERTINI: non escludo nessuno: parlo per l’A.N.P.I., onorevole Presidente del Consiglio, parlo di quei partigiani che si sono veramente battuti per l’indipendenza dell’Italia. Oggi noi abbiamo sentito gridare “Viva l’Italia” quando voi avete posto il problema dell’indipendenza della Patria. Ma non so quanti di coloro che oggi hanno alzato questo grido, sarebbero pronti domani veramente ad impugnare le armi per difendere la Patria. Molti di costoro non le hanno sapute impugnare contro i nazionalsocialisti. Le hanno impugnate invece contadini e operai, i quali si sono fatti ammazzare per l’indipendenza della Patria!
Onorevole Presidente del Consiglio, domenica scorsa a Venezia, in piazza San Marco, sono convenuti migliaia di partigiani da tutta l’Italia ed hanno manifestata precisa la loro volontà contro la guerra, contro il Patto Atlantico e per la pace. Questi partigiani hanno manifestato la loro decisione di mettersi all’avanguardia della lotta per la pace, che è già iniziata in Italia; essi sono decisi a costituire con le donne, con tutti i lavoratori una barriera umana onde la guerra non passi.
Questi partigiani anche un’altra volontà hanno manifestato, ed è questa: saranno pronti con la stessa tenacia, con la stessa passione con cui si sono battuti contro i nazionalsocialisti, a battersi contro le forze imperialistiche straniere qualora domani queste tentassero di trasformare l’Italia in una base per le loro azioni criminali di guerra.
Per tutte queste ragioni noi voteremo contro il Patto Atlantico. Sentiamo che votando contro questo Patto, votiamo contro la guerra e per la pace, serbando fede, in questo modo, al mandato che abbiamo ricevuto dai nostri elettori. Votando contro il Patto sentiamo di compiere onestamente il nostro dovere di rappresentanti del popolo, di socialisti e di italiani!”
Quelle espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore, che non corrispondono necessariamente a quelle de "Lo Schiaffo 321". Immagini tratte dalla rete. Fonte: dariopulcini.it
SCONTRI ETNICI IN VALLE CAUDINA?
Qui non c'è il mare fuori...
I duri scontri etnici che ultimamente si sono registrati in Valle Caudina, ad Airola, hanno oscurato l'immagine artefatta ed ingannevole degli Istituti Penali per i Minorenni riflessa nella serie Mare Fuori. Ricordiamo alle lettrici ed ai lettori de Lo Schiaffo 321 che gli IPM assicurano l'esecuzione dei provvedimenti dell'Autorità giudiziaria quali la custodia cautelare o l'espiazione di pena dei minorenni autori di reato, non la carriera cinematografica. Eppure, dopo l'era Gomorra, ecco esplodere l'attenzione per questo lavoro della Rai che dipinge la vita negli istituti minorili come una favola moderna, politicamente corretta e dal messaggio ambiguo.
SCONTRI
La vita all'interno delle sbarre di Airola, invece, non è quella alla "Mare Fuori", almeno secondo la durissima nota del SAPPE, il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria:
Ancora un grave evento critico nel carcere di minorile di Airola. A ricostruire quanto avvenuto è Sabatino De Rosa, vicecoordinatore regionale per la Campania del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE: “Ieri, durante l’ora d’aria, un detenuto partenopeo provocava un detenuto marocchino tanto da innescare una vera e propria rissa in cui si sono fronteggiati tre marocchini e un italiano. Il napoletano minorenne ha avuto la peggio ed è dovuto ricorrere alle cure del sanitario d’istituto. I tre detenuti stranieri sono gli stessi che hanno partecipato all’ultimo grave disordine avvenuto nel carcere minorile ma sono ancora ad Airola. Tale episodio non ha margini di interpretazioni ma è solo un susseguirsi di questioni irrisolte tra etnie diverse”.
Il Sappe - si legge nella nota ufficiale - chiede l’immediato allontanamento dalla Valle Caudina dei detenuti coinvolti negli episodi sopra descritti, per cercare di ripristinare l’ordine e la sicurezza nell’istituto minorile airolano. Un plauso e un ringraziamento va al personale di Polizia Penitenziaria in servizio che con dignità e professionalità hanno evitato che una rissa sfociasse in una vera e propria rivolta vista la permanenza all’aria di altri ristretti.
MARE FUORI
Mentre tutte e tutti passano ore a guardare le puntate di Mare Fuori, con copioni pieni zeppi di stereotipi buonisti, ad Airola la situazione è sempre più difficile. Il rischio "rivolta" potrebbe essere dietro l'angolo, stando alle ultimi avvisaglie portate all'attenzione dalla stampa locale. Magari le teste calde vogliono emulare gli attori del momento e cercano di strappare visibilità rispetto a quel mondo ingabbiato in uno schermo.
SOGNATORI
Altri sognano il repentino trasferimento all'IPM napoletano. Il celebre scenario si trova incastonato in un paesaggio di particolare bellezza tra il verde e a picco sul mare di Napoli. Quella struttura unica e irripetibile ha ispirato la serie. Voci di corridoio sostengono che nelle prossime stagioni potrebbe esserci spazio anche per il secondo istituto della Campania, ossia quello Caudino dall'aspetto invitante per il mondo del cinema post-realista e dalle storie interessanti per le sceneggiature acchiappamipiace del futuro.
IPM CAUDINO
L'IPM Caudino, ospitato in un caratteristico antico palazzo del Settecento e collocato in pieno centro della graziosa Città di Airola, è ideale per allargare la storia. Magari il carcere minorile airolano potrebbe essere conosciuto dal pubblico nazionale per le qualità etiche. Un'immagine da difendere per l'importante Istituzione che rappresenta lo Stato. Airola in tivvù potrebbe essere visibile all'esterno, non solo per beceri episodi di cronaca nera esplosi tra le mura e dietro le sbarre, ma per dimostrare che è possibile ricostruire una speranza ai detenuti in erba. Tra l'altro, grazie alla sua posizione e ai vari progetti realizzati, in collaborazione con il Comune e altre associazioni, l’IPM airolano gode di un ottimo rapporto con il territorio della Valle Caudina ed i ragazzi reclusi hanno avuto spesso occasioni per confrontarsi con Caudium anche tramite la musica.
PROBLEMI
L'amara realtà delle carceri minorili, purtroppo, è incarnata dalla notevole difficoltà di gestione delle risorse umane impiegate su questo fronte sociale. Gli accorpamenti tra IPM e Casa di Reclusione di Sant’Angelo dei Lombardi, ad esempio, hanno messo in evidenza le grandi carenze nel personale dell’area educativa e dell’amministrazione. A causa di diversi trasferimenti e di qualche taglio sono diminuite sensibilmente le risorse operative, dicono gli esperti in materia.
La mancanza di fondi necessari si riversa notevolmente nella quotidianità dell’istituto, sia per il personale costretto a una grande mole di lavoro, sia per i ragazzi detenuti costretti, a volte, a rinunciare ad alcune attività importanti per il reintegro nella società civile.
burdell a NAPUL
“Sicuramente ci vuole più controllo ma è anche un fenomeno sociale che richiede un impegno straordinario da parte del Governo nazionale e di tutte le nostre comunità perché c’è un tema educativo che è fondamentale”.
Così il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, ha commentato i cruenti episodi di criminalità che si sono verificati in città nel fine settimana scorso e che hanno visto protagonisti minori, i veri ispiratori della seguitissima telenovela moderna, molto gettonata proprio nei ghetti d'Italia. Molti di loro, alla fine, spesso arrivano ammanettati proprio in Valle Caudina, nel cuore di Airola:
“E’ una grande preoccupazione che non è solo di Napoli ma di tutte le grandi aree metropolitane – ha aggiunto Manfredi – e ne abbiamo parlato diffusamente con il ministro dell’Interno e anche con i sindaci delle altre città. Questa violenza che colpisce ragazzi, che hanno meno di 14 anni che quindi non sono neanche punibili e che sono armati con armi da taglio, è un fenomeno che ci preoccupa moltissimo”.
RIFLESSIONI
La serie Mare Fuori non menziona Airola e la Valle Caudina. Qui non c'è o' mare, ma ci sono ben due Parchi Naturali ed una Terra, quella dell'antica Caudio, ricca di storia e con poca voglia di rilancio. Un'area interna che vive un momento difficile, anche grazie alle mediocri sceneggiate napoletane 2.0, pronte a marchiare la stragrande maggioranza dei giovani campani come schiere di reietti malavitosi, semianalfabeti e irrecuperabili.
In tanti dall'alto osano sfruttare, paradossalmente, anche una pellicola inzuppata nella malavita di base. Un mondo degradato, ma non denigrato. Una MiniGomorra ancora una volta umanizzata e mitizzata, quindi pericolosa per le orde di giovani dai cervelli spenti, anestetizzati, deviati o peggio ancora utilizzati per cose senza nessuna prospettiva. Basta violenze. Vere.
Per dire la Vostra, contattateci all'indirizzo di posta elettronica caudiumpatrianostra@gmail.com oppure tramite Twitter @SchiaffoLo. Immagini tratte dalla rete.
Indebita percezione di indennità, Filuccio Tangredi dovrà risarcire più di 180mila euro a Provincia e ASI. La Corte dei Conti ha condannato l'ex sindaco di Cervinara al pagamento delle seguenti somme: euro 34.621,53, a favore della Provincia di Avellino, ed euro 147.319,05, a favore del Consorzio ASI di Avellino.
La Corte dei Conti per la Regione Campania aveva ricevuto comunicazione di un esposto segnalante l'indebita percezione di plurime indennità da parte di Tangredi Filuccio, per avere egli ricoperto contemporaneamente le cariche di sindaco di Cervinara, consigliere della Provincia di Avellino e membro del Comitato Direttivo del Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Avellino.
Le indagini hanno appurato che Tangredi aveva rivestito la carica di consigliere presso la Provincia di Avellino dal 29 giugno 2009 al 12 febbraio 2013, nonché quella di assessore e poi di sindaco del Comune di Cervinara dal 30 marzo 2010 al 22 settembre 2020 e che, in relazione a tali incarichi, aveva percepito emolumenti sia dall'ente Provincia (gettone di presenza, per complessivi euro 34.621,53, relativamente al periodo giugno 2010-febbraio 2013) che dal Comune di Cervinara (indennità di funzione). Questa doppia percezione viola la Legge ai sensi del quale “chi è eletto o nominato in organi appartenenti a diversi livelli di governo non può ricevere più di un emolumento, comunque denominato, a sua scelta”, non avendo l'odierno convenuto, nel periodo in contestazione, mai effettuata la dovuta comunicazione agli Enti interessati e la scelta dell'emolumento da percepire.
Il Procuratore regionale ha ritenuto che tali condotte fossero a titolo di dolo. A questo si era aggiunta l'indennità corrisposta in favore del Tangredi, a decorrere dal 9 maggio 2011 e sino al 2015, per avere ricoperto l'ulteriore incarico di membro del Comitato Direttivo del Consorzio ASI di Avellino, per complessivi euro 147.319,05 e che la percezione di tale indennità si poneva anch'essa in contrasto con la legge ai sensi del quale “agli amministratori di comunità montane e di unioni di comuni e comunque di forme associative di enti locali, aventi per oggetto la gestione di servizi e funzioni pubbliche, non possono essere attribuite retribuzioni, gettoni, indennità o emolumenti in qualsiasi forma siano essi percepiti” e, relazione a tale ultima funzione, Tangredi aveva omesso di comunicare agli enti interessati - cioè Provincia e Consorzio ASI - di avere contemporaneamente ricoperto plurimi incarichi e la conseguente scelta dell'emolumento che intendeva percepire.
Il Procuratore regionale riteneva quindi che tali condotte omissive e antigiuridiche fossero a titolo di dolo e che da esse fosse scaturito un pregiudizio erariale, pari all'importo dei plurimi emolumenti percepiti, ossia euro 34.621,53, per la carica di consigliere provinciale, ed euro 147.319,05, in relazione all'incarico presso l'ASI di Avellino.
Per questi motivi, la Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale per la Regione Campania si è pronunciata condannando Tangredi Filuccio al pagamento di euro 34.621,53, a favore della Provincia di Avellino, ed euro 147.319,05, a favore del Consorzio ASI di Avellino.
La Replica
Non si è fatta attendere la legittima replica di Tangredi: "la mia vicenda farà giurisprudenza. vittima di un ricorso “amico” e irriconoscente”. L’ex Primo Cittadino di Cervinara, attuale vice del Sindaco Caterina Lengua, interviene sulla delicata vicenda che gli è costata la condanna in primo grado dalla Corte dei conti della Campania. Al centro della tarantella, oltre alle indennità ricevute in qualità di consigliere provinciale e di componente del consiglio di amministrazione del consorzio Asi di Avellino, c'è l'anonimo franco tiratore:
«In merito all’articolo pubblicato su una testata locale tengo a precisare alcune cose che ritengo siano importanti circa la vicenda che mi riguarda. Ad Aprile del 2021 il sottoscritto ha subito un ricorso “amico” ed irriconoscente, naturalmente è anonimo solo come i vigliacchi sanno fare, scrive Tangredi».
Tutta questa montatura è stata ben architettata e naturalmente mira al discredito della mia persona ed è di chiaro stampo politico. In realtà la sentenza di primo grado della Corte dei Conti non trova alcun fondamento giuridico in quanto paragona un ente pubblico economico a regime privatistico, ad una unione dei comuni. Questa interpretazione apre un varco normativo di non poco conto, dal momento che l'indennità viene percepita in tutte le ASI d’Italia, e pertanto nell’ipotesi di una sentenza definitiva tutti gli Amministratori di ogni epoca ed in tutta Italia devono restituire le indennità.
Quindi la mia vicenda farà giurisprudenza, io proporrò appello alla sentenza nella piena convinzione delle mie ragioni e senza invincimenti penso che la verità verrà a galla. Infine mi pongo un quesito, in caso che va avanti questa sentenza folle, chi andrà più per il futuro ad amministrare Enti così importanti e di responsabilità a costo zero, conclude Filuccio Tangredi.
DIMISSIONI?
La posizione di Filuccio appare abbastanza scomoda, anche se a nostro avviso il caso potrebbe svanire in una classica bolla di sapone mediatica, incapace di fare danni o lasciare segni e cicatrici nel mondo politico. Secondo voci di corridoio, invece, dovrebbero arrivare a breve le clamorose dimissioni da ViceSindaco da parte di Tangredi, incalzato dall'avvocato Raffaella Cioffi, anch'essa consigliere comunale passata all'opposizione e molto attiva contro l'attuale Sindaco. Cioffi e Tangredi, spalla a spalla, sono pronti a scendere in campo al vertice di nuove squadre, già in preallarme visti gli ultimi sviluppi.
Consegnate le dimissioni irrevocabili, si aprirebbero subito nuovi scenari e inizierebbero a prendere forma le future coalizioni che mirano all'orrendo Municipio di storica Piazza Trescine. Le tempistiche sono e saranno lunghe. Tutto il movimento è allo stato embrionale, ma fa già trapelare le prime avvisaglie elettorali. Gli esperti profetizzano quasi sicuramente tre listoni civici e un paio di liste occulte pronte ad infiltrarsi ovunque e con chiunque.
IUSTITIA
Noi de Lo Schiaffo 321 confidiamo nella Giustizia giusta, soprattutto perché Tangredi, in effetti, ha dato tanto per la sua Cervinara, oltre i colori politici e le appartenenze tattico-partitiche. Il lungo mandato istituzionale è stato premiato con consensi e vittorie massicce, largamente condivise dalla maggioranza del Popolo Cervinarese filo-Filuccio. Saranno gli addetti ai lavori, in ogni caso, a decretare il finale di questa vicenda, con il conseguente ed inevitabile giudizio delle masse, sia esso negativo o positivo.
Tuttavia, al momento non ci sono reazioni ufficiali alla notizia, almeno non alla luce del sole. Sono passati due giorni dal comunicato che ha aperto il "Caso Filuccio" e non si registrano prese di posizione. In caso contrario siamo lieti di ricevere risposte in merito.
DE LUCA
Queste tarantelle con la CdC sono ricorrenti per i politici. Anche il Governatore Vincenzo De Luca, ad esempio, venne condannato lo scorso febbraio dalla Corte dei Conti. Il presidente della giunta regionale della Campania in carica per danno erariale con sentenza della CdC. Dovrà pagare 59.095,47 euro a titolo di risarcimento per un distacco di quattro vigili urbani in servizio al Comune di Salerno a Napoli nell’ufficio di presidenza della Regione Campania con il compito di autisti e segretari particolari. Questo trasferimento fece crescere l’indennità di servizio pagata ai quattro vigili, stipendiati come dirigenti. La procura contabile aveva chiesto il pagamento di oltre 500 mila euro. Per De Luca si è aperto un processo contabile, nel corso del quale dovrà giustificare lo spostamento dei vigili all’interno dello staff, con tanto di indennità, che avrebbe provocato un danno erariale di oltre 400mila euro. Insomma, cifre da capogiro e lunghe attese per gli esiti definitivi.
franco tiratore
Intanto, per la gioia dei locali "nciucieri", è aperta la caccia al "franco tiratore" anti-Filuccio. Questa espressione significa, in parole povere, mandare a monte i progetti di qualcuno, approfittando dell’anonimato, senza manifestarsi apertamente. La locuzione è stata adoperata per la prima volta nel linguaggio politico in Italia nel 1951, in seguito a dissensi sorti in seno alla Democrazia Cristiana. All'epoca alcuni deputati, dovendo esprimere il loro voto a scrutinio segreto, invece di dimostrarsi a favore, come esigeva la disciplina scudocrociata della Balena Bianca, votarono contro. L’espressione, comunque, deriva dal francese franctireur che forse prende origine dal tedesco Freischutz, e sta a indicare i tiratori scelti (cecchini) che agiscono separatamente dalle truppe regolari e tendono imboscate al nemico, appostati in luoghi ben nascosti.
SITOGRAFIA
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