domenica 11 luglio 2021

LE CONSEGUENZE - Battaglia delle Forche Caudine 321 a.C. | CAUDIUM


LE CONSEGUENZE - Battaglia delle Forche Caudine 321 a.C

I consoli, essendo venuti a colloquio con Ponzio, mentre il vincitore voleva stipulare un trattato di pace, replicarono che il trattato non poteva essere stipulato senza il consenso del popolo, senza i feziali e il resto del consueto rituale. Per questo la pace di Caudio non fu stipulata con regolare trattato - come abitualmente si crede e come anche scrive Claudio -, ma tramite una garanzia personale. 

Infatti che bisogno ci sarebbe stato, per un trattato, di garanti e di ostaggi, visto che in quel caso l'accordo è stipulato dall'invocazione che Giove colpisca quel popolo venuto meno alle condizioni sancite, così come il maiale viene colpito dai feziali? 

GIOVE ALIAS ZEUS

Garanti si fecero i consoli, i luogotenenti, i questori, i tribuni militari, e ci restano i nomi di tutti coloro che sottoscrissero l'impegno (mentre rimarrebbero solo i nomi dei due feziali, nel caso fosse stato stipulato un vero e proprio trattato). Inoltre, per l'inevitabile rinvio del trattato, fu imposta la consegna di 600 cavalieri in qualità di ostaggi, destinati a pagare con la propria vita se i patti venivano violati. 

capi sanniti

Fu poi fissato il termine per consegnare gli ostaggi e per lasciare libero l'esercito disarmato. Il rientro dei consoli rinnovò il dolore all'interno dell'accampamento, e i soldati si trattennero a stento dallo scagliarsi addosso a quanti, per la loro imprudenza, li avevano trascinati in quel luogo: 

per la cui ignavia erano adesso costretti a uscirne in maniera ancora più infamante di come vi erano entrati; 

non erano ricorsi a una guida pratica della zona, né avevano effettuato ricognizioni, lasciandosi spingere alla cieca dentro una fossa come tante bestie selvatiche. Si guardavano gli uni con gli altri, osservavano le armi che presto avrebbero dovuto consegnare, le mani destinate a essere disarmate, i corpi soggetti alla volontà del nemico: avevano già di fronte agli occhi il giogo nemico, la derisione, gli sguardi arroganti dei vincitori, il passaggio senza armi in mezzo a uomini armati e ancora la mesta marcia dell'esercito disonorato attraverso le città alleate, il ritorno dai genitori in patria, là dove spesso essi stessi e i loro antenati erano rientrati in trionfo.

Solo loro erano stati sconfitti senza subire ferite, senza armi, senza combattere; a loro non era stato concesso né di sguainare le spade né di scontrarsi in battaglia col nemico; a loro era stato infuso invano il coraggio. Mentre mormoravano queste cose, arrivò l'ora fatale dell'ignominia, destinata a rendere tutto, alla prova dei fatti, ancora più doloroso di quanto non avessero immaginato.

dipinti

In un primo tempo ricevettero disposizione di uscire dalla trincea senza armi, con addosso un'unica veste. I primi a essere consegnati e incarcerati furono gli ostaggi. Poi fu ingiunto ai littori di scostarsi dai consoli, cui fu invece tolta la mantella da generali: spettacolo questo che suscitò così grande compassione anche tra quanti poco prima si erano scagliati contro i consoli proponendo di consegnarli al nemico e di farli a pezzi, che ciascuno dei presenti, dimentico della propria sorte, distolse lo sguardo da quella profanazione di una simile autorità, come dalla vista di qualcosa di abominevole.

il vessillo

I consoli furono i primi a esser fatti passare seminudi sotto il giogo; poi, in ordine di grado, tutti gli ufficiali vennero esposti all'infamia, e alla fine le singole legioni una dopo l'altra. I nemici stavano intorno con le armi in pugno, lanciando insulti e dileggiando i Romani. Molti vennero minacciati con le spade, e alcuni furono anche feriti e uccisi, se l'espressione troppo risentita dei loro volti a causa di quell'oltraggio offendeva il vincitore. Così furono fatti passare sotto il giogo, e - cosa questa quasi ancora più penosa - proprio sotto gli occhi dei nemici. 

forche caudine 3.0

Una volta usciti dalla gola, pur sembrando loro di vedere per la prima volta la luce come se fossero emersi dagli inferi, ciò nonostante la luce in sé e per sé fu più dolorosa di ogni tipo di morte, al vedere una schiera ridotta in quello stato. 

E così, anche se avrebbero potuto raggiungere Capua prima di notte, dubitando dell'affidabilità degli alleati e trattenuti dalla vergogna, lungo la strada che porta alla città abbandonarono a terra i loro corpi ormai bisognosi di tutto. Quando a Capua arrivò la notizia del vergognoso episodio, l'arroganza congenita dei Campani venne meno di fronte alla naturale compassione nei confronti degli alleati. 

Inviarono immediatamente ai consoli le insegne della loro carica; ai soldati offrirono invece armi, cavalli, vestiti e cibo, e al loro arrivo si fecero loro incontro tutto il senato e il popolo, adempiendo così a ogni tipo di obbligo formale in materia di ospitalità pubblica e privata. Ma né l'umanità degli alleati né la benevolenza dei volti poterono strappare una parola ai Romani, che nemmeno sollevavano gli occhi da terra per rivolgere uno sguardo agli amici che si sforzavano di consolarli. 

A tal punto la vergogna, ancor più dell'amarezza, li spingeva a evitare la conversazione e la compagnia degli esseri umani. 

Il giorno dopo alcuni giovani esponenti della nobiltà vennero inviati col compito di scortare fino al confine della Campania quelli che stavano partendo; al rientro, convocati in senato, rispondendo alle domande degli anziani, riferirono che i Romani avevano dato l'impressione di essere ancora più avviliti e mesti, tanto silenziosamente camminavano, come fossero diventati muti

Il fiero carattere romano era prostrato, e insieme alle armi aveva perso anche il coraggio. Nessuno aveva avuto la forza di ricambiare il saluto, di rispondere, di aprir bocca per lo sgomento, come se portassero ancora al collo il giogo sotto il quale erano stati fatti passare. La vittoria ottenuta dai Sanniti non era stata soltanto clamorosa, ma anche duratura nel tempo, perché avevano privato il nemico non tanto di Roma (come in passato i Galli), quanto piuttosto della virtù e dell'orgoglio romano, e questo dimostrava ancor di più il loro valore.

Mentre si dicevano e si sentivano queste cose, e nell'assemblea dei fedeli alleati la potenza romana veniva quasi pianta come se fosse stata annientata, pare che Aulo Calavio, figlio di Ovio, uomo famoso per nascita e per gesta compiute, e in quel periodo reso ancora più rispettabile dall'età, avesse sostenuto che le cose stavano in tutt'altra maniera: 

quel silenzio ostinato, gli occhi fissi a terra, le orecchie sorde a ogni tipo di conforto e l'imbarazzo di dover guardare la luce erano i segnali di un animo che nell'intimo covava un'enorme rabbia. 

Se non conosceva male il carattere dei Romani, di lì a poco quel silenzio avrebbe suscitato tra i Sanniti grida piene di gemiti e dolore, e il ricordo della pace di Caudio sarebbe stato molto più pesante per i Sanniti che per i Romani. Perché dovunque si fossero scontrati nei giorni a venire, ognuno di essi avrebbe avuto la grinta di sempre, mentre per i Sanniti non ci sarebbero state dappertutto le Forche Caudine

modellismo GUERRIERO

La notizia della grave disfatta era già arrivata anche a Roma. 

In un primo tempo si era venuti a sapere che erano stati circondati. Poi, ben più doloroso di quello relativo al pericolo corso, era arrivato l'annuncio della vergognosa pace. Alla notizia dell'accerchiamento, erano state avviate le pratiche della leva militare. 

Quando però si venne a sapere che era stata stipulata una pace tanto infamante, venne interrotto l'allestimento di rinforzi. E subito, senza aspettare alcuna decisione ufficiale, il popolo tutto si era abbandonato a ogni forma di lutto. 

I negozi intorno al foro vennero chiusi, sospesi spontaneamente i pubblici affari prima ancora che arrivasse l'ordine relativo. Vennero deposte le toghe orlate di porpora e gli anelli d'oro. I cittadini erano quasi più addolorati dello stesso esercito; il loro risentimento non toccava soltanto i comandanti e i responsabili e garanti della pace, ma anche gli innocenti soldati: sostenevano che non li si dovesse accogliere in città né all'interno delle case. 

GUERRE SANNITICHE

Il rancore venne però piegato dall'arrivo dell'esercito, che suscitò compassione anche negli animi più esacerbati. Entrati infatti in città a tarda sera, non come uomini che tornavano sani e salvi in patria contro ogni speranza, ma con l'aspetto e l'espressione di prigionieri, si rinchiusero nelle loro case e nessuno di essi volle vedere il foro o la pubblica via, né l'indomani né i giorni successivi. 

I consoli, nascosti nelle loro abitazioni, non compirono alcun gesto pertinente alla carica, tranne quanto prescritto da un decreto del senato, e cioè la nomina di un dittatore cui far presiedere le elezioni. La scelta cadde su Quinto Fabio Ambusto, mentre maestro di cavalleria venne eletto Publio Elio Peto.

Bibliografia (ArsBellica.it):

"Ab Urbe Condita", Tito Livio, Libro IX

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