sabato 10 ottobre 2015

GIOVENTU' CAUDINA IN PIAZZA


BOIA CHI MOLLA!

Il corteo studentesco del 9 ottobre non resterà di certo nella storia dei cortei rivoluzionari o quant’altro. Sarà solo un motivo di vanto per la voglia di esprimere dissenso da parte delle nuove generazioni, che per qualche ora hanno lasciato i cellulari in tasca ed hanno mantenuto striscioni e urlato cori contro la riforma della scuola attuata tramite la legge 107.





La Pseudo Buona Scuola, in poche parole, che tanto buona non è per il popolo studentesco e per il mondo della scuola. La protesta si è riversata nelle strade d’Italia.

Cervinara è scesa in campo con un ottimo coordinamento tra Liceo, Ragioneria e Geometra. Oltre 150 studenti hanno invaso le vie del centro Caudino, con tanto di striscioni e nessuna bandiera politica. Ormai sono pochi quelli che si schierano su una posizione. La maggior parte è troppo immatura per scelte del genere. Il guaio è che in molti resteranno tali.
 Belli quei filosofi persi dietro le stelle che sono i 'miei' ragazzi. #‎LARIVOLUZIONENONRUSSA# è una delle frasi che sta girando in rete e che spinge ad una riflessione.
Lo slancio “civico e politico” viene affossato, puntualmente, da una classe politica che non è più partitica o di fazione e lascia liberi gli studenti di perdersi nel mordo virtuale.
Sotto la cenere, come al solito, cova il fuoco.

Ecco la cronaca di uno studente Caudino:
Noi alle 9 e 15 siamo partiti dalla Villa Comunale e siamo arrivati davanti al Comune di Cervinara in Piazza Trescine per poi risalire Via Dei Monti arrivare al Liceo Classico e concludere davanti alla Ragioneria in Via Aldo Moro. Le ragazze ed i ragazzi dell'istituto Luigi Einaudi hanno manifestato contro le varie riforme che Renzi sta facendo a "favore" della scuola, perché queste riforme tutto fanno tranne che salvaguardare la scuola Italiana e l'istruzione degli studenti Italiani.
Noi ci aspettavamo poca affluenza, invece eravamo oltre 150 manifestanti. C'è stata collaborazione con gli organi di Pubblica Sicurezza e ciò ha fatto sì che andasse tutto per il meglio. La giornata è stata solo ingrigita da inutili polemiche su uno striscione con su scritto "BOIA CHI MOLLA".

Gli striscioni esposti erano oltre una decina,COGITO ERGO PROTESTO, RIFORMA SI’ MA NON COSI’ SE QUESTA E’ LA BUONA SCUOLA NOI SAREMO CATTIVI STUDENTI e LA BUONA SCUOLA SIAMO NOI.
Tra tutti spiccava quel BOIA CHI MOLLA di matrice “fascista” che ha scatenato qualche polemica e tanti apprezzamenti. Qualcuno si è messo a frignare perché il Boia chi molla è fascista, altri avrebbero voluto solo sorvolare e minimizzare, ma la perla è il discorso “tanto non sanno nemmeno cosa significa quindi sono inconsapevoli” di qualche studentessa.
Nessuno ha politicizzato la manifestazione, questo è ovvio e i manifestanti erano più festanti che novelli rivoluzionari. Però in questo scenario da autoscatti, cori da stadio e odore di vernice c’è spazio anche per la replica degli studenti con il Cuore Nero a cui non sta bene l’etichetta di superficiali e improvvisati:

Abbiamo utilizzato il Boia Chi Molla proprio perché noi conosciamo il significato. Le polemiche sono nate perché qualcuno pensa che con quello striscione volevamo fare propaganda fascista. Noi l’abbiamo usato perché vogliamo invitare tutta la comunità italiana a non mollare e a restare unita in questo momento difficile”.

Lo Schiaffo 321 si schiera dalla parte di chi si schiera!



Ecco la storia e l’origine di questa famosa frase tratta da Wikipedia:
Buona lettura.

La sua vera origine è dibattuta: secondo alcune citazioni recenti, tuttavia non supportate da alcuna fonte coeva, sembrerebbe che il motto possa essere stato usato (forse coniato da Eleonora Pimentel Fonseca) durante gli ultimi giorni della Repubblica Partenopea del 1799, nella battaglia contro i sanfedisti, oppure usato nelle Cinque giornate di Milano del 1848. Fonti più numerose invece ne riconducono la nascita ad alcuni momenti della prima guerra mondiale: ad esempio, urlato da un sergente durante la ritirata della Battaglia di Caporetto, nel novembre 1917.
«Sembra, infatti, che già nel 1799 avesse risuonato dalle barricate poste a difesa delle repubbliche giacobine di Roma e Napoli. Anche se poi c'è chi sostiene che sia stata pronunciata a Milano durante le cinque giornate antiaustriache del 1848; chi la ricorda urlata da un certo sergente Sivieri che, in una terribile giornata del novembre 1917 durante la ritirata di Caporetto, con quelle parole avrebbe incitato i suoi soldati dopo che il loro generale s’era dileguato; chi ne attribuisce la popolarità a Gabriele D'Annunzio per averla utilizzata durante l'avventura fiumana; e molti, infine, ricordano che "boia chi molla!" era uno slogan sorto spontaneamente e diffuso fra i reparti dell’esercito italiano, in particolare tra gli alpini, nel corso della seconda guerra mondiale.».


Nel corso della prima guerra mondiale fu usato come motto del corpo degli Arditi, poi, grazie ad alcuni ufficiali che parteciparono nel 1919 alla fondazione dei Fasci di combattimento, fu utilizzato dalle prime squadre fasciste. Il motto entrò così a far parte dei simboli distintivi prima del movimento fascista, poi del regime. Per esempio, Roberto Mieville, in una delle ultime lettere inviate alla madre durante la ritirata dal deserto libico l'11 aprile 1943, scrisse: «Sii tranquilla che comunque e ovunque avrò tenuto fede al mio motto: Boia chi molla!», ma scritto rigorosamente con il punto esclamativo. Preso prigioniero per la durata della guerra, fu detenuto come prigioniero presso il Campo di concentramento di Hereford, negli Stati Uniti. Nel suo libro di memorie, Fascists' criminal camp (titolo dovuto al soprannome del campo ove erano detenuti i militari italiani che, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, avevano rifiutato di cooperare con gli alleati), scrisse:
« E nel campo 6 da quaranta giorni, all'aperto, trecento sottufficiali vivevano a pane e acqua e non mollavano. E nel campo ufficiali era la medesima cosa: Boia chi molla! »

Nel 1943 fu ripreso nuovamente dalle forze armate della Repubblica Sociale Italiana, in particolare dal XXIV battaglione della Guardia Nazionale Repubblicana, che lo adottò come motto.
Nel 1969 il giornalista Bruno Borlandi pubblicò, con la casa editrice di estrema destra Il Borghese, il libro Boia chi molla: un resoconto delle lotte per l'italianità di Trieste viste dalla sua parte politica. L'anno seguente, durante i Moti di Reggio, il missino Ciccio Franco, esponente del sindacato CISNAL, lo utilizzò come slogan contro lo Stato fin dal primo comunicato del Comitato d'azione per il capoluogo, che era concluso con la frase: «Per Reggio capoluogo: Boia chi molla!».

Tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta, i militanti del FUAN (l'organizzazione universitaria del Movimento Sociale Italiano) lanciarono un nuovo slogan in cui era presente il motto «boia chi molla»: Contro il sistema / La gioventù si scaglia / Boia chi molla / È il grido di battaglia.

foto e video da UserTv



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