sabato 16 settembre 2023

Un fascio di note. La Musica alternativa di Destra in Italia (vista da Sinistra) cap. 4 | POLITICA

Un fascio di note. La Musica alternativa di Destra in Italia (vista da Sinistra)

Penultima parte dell'analisi sulla Musica Alternativa Italiana, però vista dagli avversari. La Valle Caudina fu il primo palco per moltissimi cantautori dell'Area che esordirono a Montesarchio in quel caldo e polveroso giugno del 1977. L'analisi che riportiamo, divisa in capitoli, annovera tra i miglio cantautori neri un Irpino, ossia Renato Colella da Avellino.
Buona lettura e buon ascolto.

4- I cantautori

Fra i cantautori si può annoverare Michele di Fiò che, rispetto ad altri artisti della Musica alternativa, ha cercato di dare un taglio più professionale alla sua produzione, andando spesso alla ricerca di sonorità d’avanguardia. Al suo attivo tre album: Ad un passo dal cielo c’è del 1978, Cervello del 1979 e Cavalcare la tigre del 1982. Michele Logiurato, in arte Michele di Fiò (in omaggio alla sua fidanzata Fiorenza), nato a San Costanzo, in provincia di Pesaro, inizia la sua attività canora già dai primi anni Settanta, rifiutando nel 1975 una proposta della RCA per non sottostare a quelle che ritiene che siano le censure politiche imposte dal mercato (54).

Fra i temi sviluppati, vi è la descrizione della feroce contrapposizione fra destra e sinistra, accompagnata, però, dal tentativo di superarla, come, per esempio, nel brano Sogno.

Sogno - Michele di F

Nella sua produzione Michele di Fiò affronta anche tematiche che si discostano dalla pura militanza politica. Nelle sue canzoni, pur ispirate alle idee, care alla destra neofascista, si rivolge alla sua generazione ed è uno dei primi autori di destra a sentire il bisogno di occuparsi di ambiente, ecologia, scuola, struttura della società del tempo (55)

Non mancano brani dedicati ai suoi “amiciCamerati morti a causa della logica degli opposti estremismi o a causa delle presunte “persecuzioni” perpetuate dal sistema statale contro i militanti di destra, come nel pezzo Italia, scritto per ricordare Alberto Gianquinto, giovane studente liceale ucciso a Roma nel 1979 dalla polizia (56). Tuttavia, l’artista canta anche Rock (il lato B di Italia), in cui emerge l’insofferenza dei giovani nei confronti della vecchia generazione, nei confronti del sistema e nei confronti di logiche e schemi, ormai legati al passato. In tal senso, la musica rock rappresenta un trait d’union fra tutti coloro che appartengono a quella generazione e che non “disdegnano” la “piazza” e la “rivolta”. In Rock Michele di Fiò canta così:

Michele di F

La produzione di Fiò e le sue idee non risultano essere proprio così dissimili da quelle di artisti di sinistra. Sembra che destra e sinistra si incontrino nella stessa «ingenua rabbia», attraverso musica scarna e mono tonica (57).

E le motivazioni che il cantante pubblica all’interno della copertina del suo album Cervello lo dimostrano in qualche modo:

Questo disco – annota il cantante – circola fuori dai normali canali musicali commerciali e industriali, non ha subito la censura dei padroni del valore della politica italiana e puoi ascoltarlo attraverso la tua radio libera può essere reazionario oppure proletario, altre volte romantico e sentimentale ma in questa società appiattita e pesante, dove le coscienze non hanno più pensieri e il potere spegne speranze e amore, è senza dubbio rivoluzionario (58). 

Michele di Fiò - Cervello

Un altro cantautore all’interno di questo panorama è Fabrizio Marzi, denominato il De Andrè della destra per il suo timbro vocale baritonale simile a quello dell’artista ligure. Dal punto di vista musicale, Marzi inizia a muovere i primi passi da giovanissimo, affascinato e influenzato dalla cosiddetta scuola genovese (Luigi Tenco, Gino Paoli, Bruno Lauzi, Fabrizio De Andrè, ecc) (59).
Fabrizio Marzi in piazza

Laureatosi in medicina veterinaria nel 1976, Fabrizio Marzi, inizia il suo percorso artistico, interpretando i brani di altri autori, poi musicando i testi di suo cugino Walter Pancini (in arte Walter Jeder) che, come si ricorderà, è stato presentatore di tutti i Campi Hobbit e animatore di Radio university (60). Nel 1978, Marzi incide il suo unico Lp, intitolato Zoo. Nel disco sono presenti brani, realizzati con un’ironia graffiante, che affrontano tematiche politiche e sociali, come Topo rosso, Botti Beppe e altri più forti come Canzone per l’Europa, Bandiera e Un uomo da perdere.

Con questo album, l’artista piacentino sarà il primo cantautore di musica alternativa a incidere un Lp in una sala di incisione professionale, a Milano. Il disco ha una grande risonanza nell’ambiente e viene trasmesso nelle cosiddette Radio alternative di tutta Italia. La tematica sociale e politica sviluppata da Marzi è parecchio marcata. 

Ad esempio, nella ballata Botti Beppe, racconta il “fallimento” di tutti coloro che sono stati inghiottiti dal lavoro. Ora sono frustrati nelle proprie speranze e, con in tasca la tessera della Cgil, credono di ottenere una rivincita sociale. In realtà, arrivano ad un avvilimento totale: rappresentano, così, l’«armata degli scontenti». Alcune strofe del brano, che è cantato sulle note della celebre Bandiera rossa, recitano:

Botti Beppe - Fabrizio Marzi 

In Topo rosso racconta come il sistema strumentalizzerebbe i “compagni” anche contro gli stessi militanti di Destra, che alla fine “lottano” anche per loro.

Iopo Rosso - Fabrizio Marzi 

In Evoluzione, in maniera ironica, ridicolizza molti presunti “miti” della cultura della sinistra, come l’evoluzionismo, le opere del drammaturgo Bertoldo Brecht, le idee del sessuologo marxista Guglielmo Reich, il lavoro del padre della psicanalisi Freud.

Nel 1979, produce due 45 giri con le canzoni Una canzone per vincere e Giovinezza, quest’ultima dedicata dall’autore al giovane Stefano Recchioni militante del Fronte della Gioventù e componente del gruppo musicale Janus, ucciso, come abbiamo visto, da un colpo di pistola sparato davanti alla sede del Msi in via Acca Larentia a Roma. Questo brano è particolarmente toccante, poiché descrive sostanzialmente la giovinezza che quel ragazzo, attraverso la morte, perde; questa giovinezza rimane sostanzialmente, per l’artista, “racchiusa” nel cerchio bianco che disegna la sagoma del cadavere caduto sull’asfalto.

Note per un amico - Janus

Fra gli altri pezzi cantati da Marzi, vale la pena analizzare nel dettaglio il lungo brano, Il 68. Questo brano uscirà come inedito, solo nel 1996, in un Cd insieme ad altri due brani nuovi, Epitaffio e Lontana, e ai due 45 giri pubblicati (Una canzone per vincere e Giovinezza) e all’intero album Zoo

Il '68 rappresenta una sorta di manifesto della gioventù di Destra di quegli anni. Innanzitutto, il punto di partenza è la convinzione che la rivolta studentesca è stata anticipata negli ambienti culturali della Destra, parecchio tempo prima del ‘68 vero e proprio. Infatti, le prime strofe della canzone, mettendo in evidenza un ’68 “venuto prima” – cioè sottolinea la presenza di un germe insito nella “natura” stessa della rivolta contro il sistema professato dai militanti neofascisti –, recitano:

 Il 68 - Fabrizio Marzi 

In questo contesto, viene messa in evidenza l’“ottusità” dei dirigenti del Movimento Sociale Italiano che avrebbero ignorato che anche fra le fila dei giovani di Destra vi è chi intende cavalcare l’onda della contestazione. Il testo della canzone è qui (61):

Giorgio Almirante nel 1968

A questo punto, viene anche descritto il celebre episodio della cosiddetta “cacciata degli stracci rossi” dall’università di Roma – avvenuto il 16 marzo 1968 – da parte di alcuni dirigenti del partito neofascista, guidati da Giorgio Almirante e Giulio Caradonna, che per ripristinare l’ordine irrompono all’interno dell’ateneo. 

Questo evento ha segnato un punto di rottura nell’ambiente giovanile di Destra, avendo degli effetti significativi negli anni successivi: il mondo giovanile neofascista si allontana ancora di più dal Msi e le organizzazioni giovanili di destra si sgretolano. Rimane nei protagonisti di quelle vicende soltanto l’amaro ricordo che la rivolta giovanile è stata per essi un’occasione perduta.

Analizzando le parole della canzone si percepisce proprio questa sensazione. Il pezzo comunque termina con una sorta di augurio e insieme speranza di “non mollare”, da parte di chi, come loro, sono «matti» e vogliono «fare a pezzi gli steccati».

Fra i cantautori vi è anche un altro artista – marchigiano della città di Macerata – Roberto Scocco. Quest’ultimo inizia la sua attività da giovanissimo, appena sedicenne, nel 1972 suonando brani di Leo Valeriano.

Roberto Scocco

 Nel 1977, autoproduce, registrandola dal vivo, la musicassetta Bella scrittura e partecipa anche lui al primo Campo Hobbit e nel 1978 al secondo Campo Hobbit. Pubblica, l’anno successivo, nel 1979, il suo secondo nastro, Uomo come sei. Passata la stagione della militanza politica, esce dalle scene per molti anni fino al Primo Convegno nazionale della Musica alternativa a Roma, che si terrà nel 2001. Il 12 novembre 2010 ritornerà sul palco, ad un convegno sulla Musica alternativa, dal titolo, Il nostro canto libero, a Fermo, dove suonerà con Fabrizio Marzi e il gruppo giovanile III Via in quella che sarà la sua ultima esibizione dal vivo (62).

Nel suo primo album Scocco, oltre che a musicare alcuni pezzi popolari marchigiani, scrive canzoni intimiste come Bella scrittura, La palude, La vendetta della civetta, Quando ero piccolo, Le bionde trecce, il riso e le parole (il cui testo è tratto da una poesia di Giusto De’ Conti); non mancano brani dedicati ai “martirineofascisti: Marzo infuocato (in ricordo di Mikis Mantakas), A Sergio, dedicata a Sergio Ramelli, militante del Fronte della Gioventù, morto, nell’aprile del 1975 dopo molti giorni di agonia, a seguito di un’aggressione da parte di militanti di estrema Sinistra.

Nel suo secondo album, Uomo come sei, l’artista maceratese mette in musica il suo sogno di un mondo estraneo al piatto progresso contemporaneo; tratteggia una terra di sudore e fatica, raccontata come un’oasi di felicità nell’incontro inedito con una natura un po’ sfruttata ma anche addomesticata con paziente ostinazione: un lavoro che rimane sospeso fra l’epico e il bucolico.

Ad esempio in Contadino, Scocco canta di un universo ideale in cui spiccano alcune tematiche appartenenti pienamente alle istanze culturali della Destra neofascista del secondo dopoguerra: la Tradizione, la massificazione e l’omologazione. Il brano recita:

Roberto Scocco - Il Contadino

Ne Il ritmo della macchina, il cantante affronta il tema dell’alienazione del lavoro in fabbrica e la “schiavitù” della macchina che porta addirittura a distorcere i rapporti d’amore. Infatti, alcuni brani del pezzo recitano: La trasformazione avvenuta in questo “mondo moderno” conduce anche ad un’uniformazione anche riguardante i gusti alimentari (63).

Come era bello una volta e anche qualche cosa di più

quando eri piccolo tra fiori e semplici menu.

Adesso tutto è cambiato e non ci senti più

e la pasta condita con l’aglio che una volta tu rifiutavi

la paghi tanti quattrini nei locali più su.

Perché si fa così.

Perché si fa così.

Perché si fa così.

Renato Colella- Altaforte

Nel panorama dei cantautori è necessario anche citare Renato Colella, che esordisce al primo Campo Hobbit, nel 1977 a Montesarchio in Valle Caudina, dove presenta, tra le altre, la canzone Altaforte musicata sull’omonima sestina di Ezra Pound. Partecipa anche ai successivi Campi Hobbit del 1978 e 1980. Comunque, non pubblicherà mai ufficialmente le sue canzoni. Pur uscendo dalle scene, continua la sua attività come musicista, divenendo direttore d’orchestra (64).

Un altro cantautore è Massimo Morsello, che esordisce nel 1978 al secondo Campo Hobbit e che da lì in poi userà sempre lo pseudonimo di “Massimino”. Dopo la strage di Bologna, e dopo una condanna per banda armata e associazione sovversiva si rende latitante, fuggendo prima in Germania e poi a Londra, da dove scrive il suo secondo album, I nostri canti assassini, canzoni dall’esilio (65).

Gravemente malato di tumore, si sottopone al trattamento sperimentale del dottor Di Bella, per il quale scriverà, nel 1998 una canzone di ringraziamento, dal titolo dedicata, Buon anno professore. Morirà nel 2001 a Londra.

Morsello mette in musica i temi della militanza politica e soprattutto con I nostri canti assassini descrive in termini esistenziali tutta quella generazione di giovani neofascisti le cui vite sono state attraversate dall’esperienza della banda armata e della violenza politica. Dalla lettura del testo della canzone Canti assassini emergono proprio queste tematiche.

NOTE

54 - Michele di Fiò, in Associazione Culturale Lorien, visto il 06/11/2020.

55 - Ad esempio, riguardo il tema dell’ecologia canta Ciao Seveso che parla del celebre episodio della nube tossica fuoriuscita dagli stabilimenti della Icmesa il 10 luglio 1976.

56 - Gianquinto è stato ucciso durante una manifestazione non autorizzata, organizzata per ricordare il primo anniversario della strage di Acca Larentia.

57 -  G. De Grassi, Mille papaveri rossi, cit. p. 248.

58 - Ibidem.

59 - C. Di Giorgi, I. E. Ferrario, Il nostro canto libero, cit. p. 134

60 - A. Baldoni, Storia della destra, cit. p. 249.

61 - A questo proposito, secondo uno fra i più lucidi intellettuali di destra, Adriano Romualdi, la rivolta giovanile, oltre che per motivi contingenti, si è orientata definitivamente a sinistra, a causa del ruolo svolto proprio dal partito neofascista. «Il movimento studentesco così povero di riferimenti culturali – scrive Romualdi nel 1970 – era stato capitalizzato dalla sinistra perché la destra aveva scelto di praticare un “perbenismo imbecille”, fondato sulla garanzia “sicuramente nazionale, sicuramente cattolica, sicuramente antimarxista”, delegando ad altri la bandiera della protesta e della rivolta contro l’ordine borghese […] [La rivolta giovanile si era imposta alla gioventù di sinistra] perché dall’altra parte non esisteva più nulla. Seppellita sotto un cumulo di qualunquismo borghese e patriottardo […] la destra non aveva più una parola d’ordine da dare alla gioventù […]. In un’epoca di crescente eccitazione dei giovani, essa diceva loro ʻstatevi buoniʼ […]. Fossilizzata nelle trincee di retroguardia del patriottismo borghese, le organizzazioni giovanili ufficiali vegetavano senza più contatto alcuno col mondo delle idee, della cultura, della storia. È bastato un soffio di vento a spazzare questo immobilismo che voleva esser furbesco, ma era soltanto cretino. Bastarono le prime occupazioni per comprendere che dall’altra parte – quella della destra – non c’era più nulla […]. Quando le bandiere rosse sventolarono in quelle università […] molti guardarono a destra, attesero un segno. Ma il segno non venne […]. Maturata nei corridoi di partito, in un clima furbesco e procacciatore, [la] cosiddetta classe dirigente giovanile [di destra] non aveva assolutamente niente da dire di fronte alla formidabile offensiva ideologica delle sinistre. Ne era semplicemente spazzata via», in Adriano Romualdi, Contestazione controluce, in “Ordine Nuovo” n. 1, marzo-aprile 1970, pp. 22-24 (NdR: il corsivo è nel testo).

62 - Morirà suicida nei primi giorni del gennaio 2013, si veda fra gli altri, Antonio Pannullo, Suicida Roberto Scocco. Cantò le speranze dei ragazzi di Destra, in “Il Secolo d’Italia”, 4 gennaio 2013.

63 - I lavori dell’arista sembrerebbero risentire molto della “rivolta contro il mondo moderno” direttamente scaturente dalle idee del filosofo Julius Evola, il pensatore che è stato un punto di riferimento culturale essenziale all’interno degli ambienti della destra neofascista del secondo dopoguerra. In un’altra canzone di Scocco, dal titolo Da un soggetto fotografico, sono presenti dei forti riferimenti alla fine del ciclo, ossia alla fine del mondo moderno e la “rinascita” degli uomini dalle “rovine”, come descritto da Evola nella sua opera Gli uomini e le rovine, si veda Julius Evola, Gli uomini e le rovine, Roma, Edizioni dell’ascia, 1953. A questo proposito, si potrebbe citare anche un’altra opera del filosofo che sembra rappresentare un testo di forte ispirazione per le canzoni di Scocco: Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Milano, Hoepli, 1934.

63 - Renato Colella, in Associazione Culturale Lorien, visto il 18/11/2020

64 - Ha inciso il suo primo album nel 1978 dal titolo Per me e la mia gente.

65 - Nicola Antolini, Fuori dal cerchio. Viaggio nella destra radicale italiana, Roma, Elliot edizioni Srl, 2010, p. 319. La rivista “La voce della fogna”, diretta da Marco Tarchi, ha avuto le sue pubblicazioni dal 1974 al 1983.

Le opinioni espresse nei contributi degli ospiti riflettono esclusivamente l'opinione del rispettivo autore e non corrispondono necessariamente a quelle della redazione de Lo Schiaffo 321. tratto da: Un fascio di note. La musica alternativa di destra in Italia, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 50, no. 5, dicembre 2020, doi:10.48276/issn.2280-8833.5381

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