sabato 13 maggio 2023

ARISTOTELE - «Pensate cosa può l'Amore...» | filosofia

ARISTOTELE 
«Pensate cosa può l'Amore...»

Il filosofo greco Aristotele scrisse alcune considerazioni molto critiche verso le donne, che nella mentalità greca erano considerate inferiori agli uomini: «Nella relazione del maschio verso la femmina, l'uno è per natura superiore e l'altra inferiore, ed è necessario che tra tutti gli uomini sia così». Oppure: «Il maschio è più adatto al comando della femmina, tolte alcune eccezioni contro natura». O ancora: «La libertà concessa alle donne è dannosa sia allo scopo dell'ordinamento politico sia alla felicità dello Stato». 

Con il passare dei secoli il pensiero di Aristotele si diffuse e influenzò pesantemente gli studiosi medievali. Tuttavia, a partire dal XIII secolo, iniziò a circolare una leggenda che vedeva il celebre filosofo greco succube di una donna. 

Secondo una delle versioni più popolari, il condottiero macedone Alessandro Magno durante la spedizione in Asia si invaghì di una bellissima fanciulla indiana chiamata Fillide. Poiché la passione lo distraeva dai suoi impegni politici, il maestro Aristotele gli consigliò di dominare gli istinti sessuali e trascurare la sua amata. A quel punto Fillide si vendicò sfruttando le sue doti ammaliatrici sullo stesso Aristotele che, dopo essersi innamorato di lei, per averla si umiliò al punto da mettersi a quattro zampe e farsi cavalcare in giardino (in alcune versioni accettò persino di nitrire). 

Alla scena assistette anche Alessandro, che derise il maestro in quanto predicava bene e razzolava male. Colmo di imbarazzo, Aristotele provò a cavarsela dando la colpa all'Amore: «Pensate cosa può l'Amore su di voi che ardete di gioventù se un vecchio decrepito come me è incapace di tenergli testa e si fa trattare nel modo che avete visto».

Questa vicenda, pur non avendo alcun fondamento storico, piacque enormemente agli artisti medievali e rinascimentali, che la immortalarono con rappresentazioni d'ogni tipo. Fu così che Aristotele, per ironia della sorte, venne raffigurato innumerevoli volte cavalcato da una rappresentante del genere che riteneva inferiore.

Secondo Aristotele c'erano alcune ragioni “scientifiche” dietro alla superiorità dell'uomo sulla donna. Per esempio, pensava che alla riproduzione partecipassero sia lo sperma maschile che il sangue mestruale femminile, ma il primo con un ruolo attivo e “creatore”, mentre il secondo si limitava a essere trasformato passivamente in un nuovo essere. In questo scenario il contributo femminile era inferiore a quello maschile e giustificava la subalternità giuridica e sociale della donna rispetto all'uomo.

Per quanto riguarda la leggenda, la versione più famosa (esistono tante varianti) proviene dal poemetto “Lai d'Aristote” di Enrico d'Andeli, un poeta francese vissuto nel XIII secolo. Tuttavia non fu lui a inventare l'aneddoto della cavalcata: gli studiosi ritengono che l'origine vada ricercata in Oriente, forse tra le favole indiane contenute nella raccolta “Panchatantra”, dove compare una storia simile in cui i protagonisti sono il re Nanda, sua moglie e il suo ministro Vararuci. Altri credono invece che l'origine sia cinese. In ogni caso, è probabile che siano stati gli arabi a portare la leggenda in Occidente, dove i protagonisti sono diventati Aristotele, Alessandro Magno e Fillide.

Le fonti che ho consultato sono la “Politica” di Aristotele (1254b, 1259b, 1269b), il saggio “Secondo natura” di Eva Cantarella (Feltrinelli, p. 92 - 95, 2016), l'articolo “La leggenda di Fillide come metafora del sublime rovesciato” di Luisa Bertolini (Studying Humour, 2016) e la tesi “L'iconografia di Aristotele cavalcato dalla seconda metà del XIII al XVI secolo” di Marianna Craba (Università Sapienza di Roma, 2016).

Quelle espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore, che non corrispondono necessariamente a quelle de "Lo Schiaffo 321". Immagini tratte dalla rete. Fonte: Pillole di storia



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