domenica 12 aprile 2020

CASTELLO DI CARTA - Speciale LA CASA DE PAPEL



Giuseppina non ha visto la serie del momento, quella diffusa da Netflix. Non ha potuto commentare le ultime puntate della quarta stagione, ma non per problemi di connessione.
Giuseppina Ghersi è morta per mano partigiana il 27 aprile 1945.
Sì, proprio quelli armati nella foto qui sotto, capaci di infierire come bestie su una ragazzina indifesa di soli tredici anni, colpevole di cosa?
Di aver scritto un tema scolastico politicamente scorretto per i partigiani dell'epoca?
Una tredicenne vittima sacrificale di una fazione spietata e senza pietà verso il nemico.
Lei era una bambina come tante, vittime della Liberazione, stuprata, umiliata, devastata e picchiata per giorni, davanti ai propri genitori, inermi e incolpevoli. Un infame femminicidio gettato nella fossa comune del dimenticatoio di questa Repubblica, nata sul sangue dell'ultima guerra civile italiana (1943/45). La Casa di Carta avrebbe riesumato il mito del Partigiano, morto per la libertà?


Partigiani che "giustiziano" una bambina.

Questo "schiaffo" è diretto a tutt* coloro che hanno versato lacrime per la morte di una delle protagoniste, Nairobi interpretata magistralmente da Alba Flores. La gitana in tuta rossa, eroina del momento, uccisa dalla guardia di sicurezza con un proiettile alla testa, che ha scatenato la reazione emotiva del pueblo de papel.
Giuseppina Ghersi, purtroppo, è morta per davvero con un colpo alla testa, esploso da un infame assassino partigiano. Quelli che oggi appaiono a milioni di giovani come martiri per la libertà, i Partigiani, si sono macchiati di delitti atroci, rapine camuffate da espropri proletari e di soprusi indicibili, prima, durante e dopo la guerra.

Il Koraggioso ideologo prof.

Nairobi? Brutta ciao!

La Casa di Carta è oggettivamente una telenovela moderna di successo planetario. Tutto il mondo ha seguito con interesse le puntate di una banda di banditi, paladini quasi senza macchia della nuova resistenza al capitalismo del terzo millennio. La ciliegina sulla torta è la riesumazione della tristemente famosa, come non mai,  Bella, ciao. La stessa canzoncina canticchiata dai nipoti degli assassini di Giuseppina Ghersi è stata trasformata dagli autori de La casa de papel in vero e proprio inno alla libertà e alla lotta contro il Dio Danaro.

Per fortuna il gigante di argilla, costruito ad arte nel dopoguerra, crolla sotto i colpi della verità storica, non faziosa, ma necessaria a nostro avviso per controbattere alle falsità velate.
Durante gli anni della Resistenza, secondo il “mito” - scrive Tommaso Ropelato - sarebbe nata la versione di “Bella ciao” che tutti noi, oggi, conosciamo. Eppure tra i fogli, nelle raccolte a noi arrivate con i testi delle canzoni che i partigiani intonavano il testo di “Bella ciao” non compare. Si è sostenuto che il canto fosse stato adottato da alcune brigate e che fosse addirittura l’inno della Brigata Maiella. Sta di fatto che nel libro autobiografico di Nicola Troilo, figlio di Ettore, fondatore della brigata, c’è spazio anche per le canzoni che venivano cantate, ma nessun cenno a “Bella ciao”.

Oi oi di koilen (1919)

Oi oi di koilen

In realtà l'inno della Casa di carta è un adattamento di una ballata klezmer, un genere che emerge dalla tradizione musicale degli Israeliani dell’Est Europa. La musica venne scritta nel 1919 dal fisarmonicista ucraino Mishka Ziganoff a Nuova York. “Oi oi di koilen” è il vero nome della melodia yiddish, un dialetto delle comunità israelitiche. I vecchi partigiani, infatti cantavano l'Internazionale Comunista e/o Fischia il vento, non Bella ciao, apparsa solo negli anni 50. Nel dopoguerra, tra le tante mistificazioni e omissioni, qualkun* scrisse le parole dell'inno post-partigiano, rilanciato oggi dalla serie spagnola di Alex Pina, ma mal digerito dai partigiani ortodossi, perché il testo della canzone è sprovvisto di chiari riferimenti ai comunisti.
«La vita del Professore ruotava intorno a una sola idea: ‘Resistenza’. Suo nonno, che aveva resistito con i partigiani per sconfiggere i fascisti in Italia, gli aveva insegnato quella canzone. E lui l’ha insegnata a noi» cit. Tokyo
Kompagno Salvador Dalì?

Kuriosità de "La Casa di Carta"

La scelta della maschera da usare per i colpi dall'allegra brigata partigiana spagnola, contrapposta alle guardie del capitale in nero, è abbastanza singolare. A primo impatto sembra quella di Guy Fawkes, simbolo della congiura delle polveri, che tentò di far esplodere la Camera dei Lord a Londra il 5 novembre 1605. Il famoso disegno, frutto dell'ingegno dell'illustratore David Lloyd, 
è la rappresentazione stilizzata con un volto bianco, un sorriso beffardo, le guance rosse, i baffi all'insù e un sottile pizzo, per V, il protagonista di "V per Vendetta" trasformato nel simbolo delle proteste anticapitaliste statunitensi del 2011.
Evidentemente i cervelli de La Casa di carta hanno preso l'ispirazione dalla lotta contro le banche di qualche anno fa, vedi Occupa Wall Street e principalmente gli Indignati di Spagna, ma visto il grande successo della pellicola V per Vendetta, hanno optato per una maschera simile, ossia quella dedicata al grande artista surrealista Salvador Dalì.

Salvador Dalì e Francisco Franco

Antifa? HA HA HA 

Scelta infelice per gli Antifa, armati di cinepresa e disarmati di cultura. C'è un altro particolare da mettere in luce, care lettrici e cari lettori. Il geniale artista Salvador Domènec Felip Jacint Dalí i Domènech, 1º marchese di Dalí de Púbo, meglio conosciuto come Dalì, era radicalmente anticomunista e schierato a favore del Generalísimo de los Ejércitos, ossia Francisco Franco, creatore del Falangismo ispirato, in parte, al Fascismo di Italiano.
Infatti, il celebre scrittore Giorgio Orwell, autore di romanzi profetici come 1984 e La Fattoria degli animali (in chiave marxista), era un acerrimo nemico dell'artista spagnolo, accusato di amoralità varie. Jonathan Jones scrisse sul «The Guardian» che quella di Orwell è una posizione «comprensibile», viste le sue posizioni contro il Fascismo in Spagna e considerato che Dalì, nel 1944, «era un simpatizzante di Franco» e difficilmente avrebbe gradito Bella ciao, aggiungiamo noi.

La Kasa degli Italyani

Il Castello di carta crolla.

Tra i milioni di commenti apparsi in questi giorni sulla rete sociale Lo Schiaffo 321 riporta quello di un politico caudino di CentroDestra, pubblicato proprio oggi e particolarmente emblematico. Le etichette utilizzate in calce al messaggio virtuale sono chiare:
#comunismo #casadicarta #bellaciao #libertà #quarantena

Io non sono #comunista, ma amo difendere e sopratutto chi difende la #libertà !
Io non sono comunista, ma il rosso è stato sempre il mio colore preferito!
Io non sono comunista, ma quando avevo 10 anni e sentivo ‘bella ciao’, anche se all’epoca non era alla moda come oggi, mi emozionavo!
Io non sono comunista perché sono in Forza Italia, ma ogni volta che rivedo i discorsi di Berlinguer (un vero politico) capisco che tutti i politici di oggi, non sono politici!
Io non sono comunista ma forse, avrei tanto voluto esserlo!

NeoPartygiano 3.0 

Il concetto superficiale di Comunismo è basato, sostanzialmente, sulla giusta divisione dei beni in comune. Carlo Marx, profeta della lugubre e fallimentare ideologia, avrebbe criticato la klassifika dei salari.
Il giornale Money.it ha pubblicato gli stipendi, per singola puntata, dei protagonisti dell'ultima serie. I neopartigiani su Netflix, in barba all'etica comunista, secondo Money guadagnerebbero così:

€uro sessantatremila a Itziar Ituño Martínez, il debole Ispettore, ad Ursula Corbero, nei panni di Tokyo, a Pedro Alonso, il folle Berlino e ad Alvaro Morte, l'occhialuto Professore. Poi Darko Peric. Helsinki, cinquantacinquemila €uri, l'amatissima Nairobi, Alba Flores, appena cinquantamila, insieme a Jaime Lorente, Denver, Miguel Herràn, Rio e Rodrigo de la Serna, Palermo.
Seguono Esther Acerbo, Stoccolma, quarantacinquemila, Paco Tous, Mosca, Enrique Arce, Arturo e Fernando Soto, Angel, trentaseimila. Chiudono la classifica Mària Pedraza, alias Alison Parker con ventisettemila euro e Anna Grass, Mercedes Colmenar, con soli ventitremila eurini.

I dati riportati non sono ufficiali, ma renderebbero l'idea del peso di ogni singolo protagonista in seno alla storia no-global. La quarta serie è fatta molto bene, le attrici e gli attori sono stati all'altezza del copione e la trama scorre molto lentamente e riesce ad attrarre le masse.

I nuovi Robin Hood, amanti della paella, a noi de Lo Schiaffo 321, non strappano lacrime, ma applausi sarcastici per essere riusciti a fare becera e sottile politica con l'arma più forte: la cinematografia. Goffa, ad esempio, la traduzione "politica" della parola Camarada, più volte usata nelle quattro serie. In italiano è letteralmente "Camerata", ma visto che la produzione è attenta ai particolari, qualkun*  ha preferito tradurre in Kompagno, con la K. Nella lingua originale non c'è traccia di Compañero, ma tant'è.

La lapide distrutta dai paladini delle libertà

Le lacrime di rabbia e commozione, infine, le versiamo per le innumerevoli e ben nascoste violenze sulle Donne, che portano la firma dei vili partigiani di ieri e dei nipoti di oggi.
Ce ne freghiamo delle Nairobi, frutto di fantasia e di un freddo calcolo per sconvolgere/coinvolgere il pubblico internazionale.
Le tante, troppe, Giuseppine, stuprate e violentate ieri, non sono dimenticate oggi e mai lo saranno un domani. Le loro urla che invocano giustizia ci hanno spinto a scrivere queste righe. Sia chiaro.
Vi invitiamo a riflettete su questa lapide sfregiata nel cimitero di Zinola in Liguria.
A TUA MEMORIA, SFORTUNATA BAMBINA 
OGGETTO DI IGNOBILE VILTA'
In commemorazione di tutte le giovani vittime dell'abiezione umana.

Scritto dallo Scistofi

Per commenti, complimenti, critiche e affini:

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