domenica 27 marzo 2022

FRANCESCO MANCINELLI - Rivisitazione della canzone “Generazione ’78” | INTERVISTE

UNA GENERAZIONE A PERDERE

Francesco Mancinelli, Generazione ’78

Questa rivisitazione della canzone “Generazione ’78” con l’autore Francesco Mancinelli è molto interessante. Dall'analisi del famoso testo esce fuori un'intervista che tocca tutta la storia dei Cuori Neri, dal 1943 ad oggi. In rosso, i versi della canzone; in grassetto, le domande di Stefano Pantini e di seguito le risposte.

“Generazione ’78

E ti svegli una mattina 

e ti chiedi cosa è stato

rigettare i tuoi pensieri 

sulle cose del passato

d- Quando ti sei immerso nei tuoi pensieri ed hai cominciato a ripensare al passato, ed a mente fredda a rivalutare delle scelte di allora ?

r- Il brano è stato composto tra la primavera e l’estate del 1983, mentre facevo il servizio militare; il passato era ancora “presente”, infatti stavamo da poco uscendo dagli anni di piombo e le galere erano piene di nostri militanti. Il partito (l’allora MSI-DN) si pavoneggiava con le campagne sulla pena di morte, doppia per i nostri camerati; Rauti era serenamente rientrato nella segreteria nazionale a fianco di Almirante ( dejà vu’ già visto nel 1969 ) ed il cuib militante di Londra stava elaborando i primi documenti di orientamento e di sopravvivenza. A mente fredda c’è poco da rivalutare. Piuttosto non pensavo che sarebbe andata a finire tutto dopo 25-30 anni,  nella cloaca putrescente post-ideologica e trasformistica. Allora, quando scrissi Generazione '78 era tutto già finito,  ma perlomeno era ancora tutto “pulito” e non compromesso.

prendi un fazzoletto 

nero che conservi in un cassetto

d- Per tornare a rivivere delle emozioni? O per che cosa?

r- Poteva/può essere un foulard nero, una foto, un volantino, una catenina, un oggetto qualsiasi; è solo un metodo di transfert per tornare a quei giorni, dove le emozioni erano forti, le scelte totali, la razionalità azzerata e soprattutto c’era tanta “giovinezza”. Una esperienza credo irrepetibile, simile al primo '68, alla RSI a San Sepolcro a Fiume, alle scelte totalizzante dei nostri patrioti Risorgimentali e quelle delle meravigliose figure del brigantaggio post-risorgimentale. Era tutto impolitico? Sì, può darsi: ma visto la schifosa e cialtronesca ambiguità e malafede della politica politicante, valgono molto di più certe scelte impolitiche un milione di volte.

cominciare tutto un giorno, 

forse un giorno maledetto

frequentando certa gente 

di sicuro differente

d- Ci sono ancora delle persone cosi come tu hai conosciuto in quei giorni?

r- Ci sono ci sono, qua e là, dispersi come foglie al vento, nel bosco post-moderno, anche se decisamente invecchiati da questo tempo bastardo e privo di vero “Pathos”; magari sorridono con malinconia guardando negli occhi i proprio figli. Altri sono miseramente scaduti nel politicamente corretto, riassorbiti dall’apparato, e sono stati messi a stipendio. Altri addirittura sono passati “a sinistra”, altri sono diventati professionisti, imprenditori, e pensano al business; altri continuano ad andare per mare e forse sono i più puri e non hanno mai cambiato strada. Altri come me, malati incurabili, ancora ci provano. Tra coloro che invece sono caduti e cavalcano liberi nei Campi Elisi, se non sono stati sopraffatti dal piombo sinistro dalla repressione di Stato, ci ha pensato il cancro, la depressione, gli incidenti stradali, insomma il gioco dispettoso degli Dei...

e un battesimo di rito 

con il fiato stretto in gola

quando già finiva a pugni 

sui portoni della scuola

d- E’ stato un momento della nostra vita che ci ha fatto crescere, che cosa ti è rimasto di quel periodo vivace di emozioni?

r- Quasi tutto, proprio perché quegli anni ci hanno fatto da padre da madre, da scuola, da amante, da amico. Si viveva in una specie di tempo “magico”, staccato dal piano terreno, immerso nella quotidianità, che plasmavamo secondo le nostre immediate pulsioni, vivevamo dentro una realtà virtuale; la bellezza di vivere una ultima speciale battaglia, assediati dal nulla che avanzava. Il paradosso che il nulla di fine anni 70 e dei primi anni 80 era molto più pieno del “nulla” che ci governa oggi, dove non c’è più alcuna specificità, identità, comunità, adesione, valori. Oggi c’è il mercato e la politica è una merce come un‘altra; può essere quotata e venduta al miglior offerente.

e inciampare in un destino 

che già ti cresceva dentro da bambino

d- Un destino che ha portato a cosa?

r- Domanda cattivissima, si può giudicare il destino? Noi diventiamo ciò che siamo, esiste la legge suprema al di sopra degli Dei e dei loro capricci. Non possiamo essere nient’altro di ciò che già siamo.

…ed un ciondolo d’argento 

che ti tieni intorno al collo

d- Che ciondolo portavi e che cosa rappresentava?

r- Allora portavo la Celtica, perché nel nostro immaginario rappresentava una frattura irreversibile e totalizzante, con tutto e tutti. Alla fine degli anni 80 l’avevo già tolta, perché troppo sputtanata dalle mode di stadio, dai fenomeni pre-politici, dal trend. Oggi, più maturo e riflessivo,  metterei al collo un fascio littorio, originario, etrusco, che rappresenta la vera continuità con la Polis dei miei Padri, la mia Terra, il Genus Loci, la Patria, La Dea Roma, la mia Nazione, il Fascismo magico, la Sinistra Nazionale Pagana, Ghibellina, Immanentista, Creativa, Futurista, Squadrista, Irriverente, Luciferica, Ribelle. Ma alla fine non porto nulla, perché forse a me non serve più portare al collo qualcosa. O forse non me ne reputo degno.

…odio e amore per cercare 

di capire una logica ideale

una logica ideale 

in cui ciecamente credi…

d- Come ricordi il tuo cammino nella scelta di questo ideale?

r- Non c’è percorso che tenga quando già a due anni e mezzo e senza sovrastruttura aneli alla “Guerra” . Eh già !! mia nonna mi raccontava che non riuscivo ancora a pronunciare bene la parola “guerra”  ma ne ero come “invasato”. Così come ero affascinato dalle canzoni e dai canti che celebravano gesta e battaglie. Quindi quando arrivi all’adolescenza, fai scelte totali e parteggi subito per “la nobiltà della sconfitta”, per il cattiverio, per ciò che non è conforme. Che siano tedeschi, fascisti, pellerossa, briganti, contrabbandieri, eretici, banditi, ribelli di ogni razza. Allora ciò che non era “di sinistra” era non-conforme, anche se devo dire cha la mia formazione coniuga perfettamente De Andrè e Nietzsche, Pasolini e Pound, l’Eresia come principio e come Via. E poi io non mi sono mai definito “di destra”.

e tua madre piange sola 

e ti osserva dietro i vetri

perché sa che non perdona questa guerra

perché sa che non ha pace la sua terra.

d- E’ stato veramente così per te, per la tua famiglia, c’era veramente questa convinzione?

r- Non c’è stata famiglia che non temesse per la vita del proprio figlio, un figlio che magari viveva per strada, impegnato a combattere la piccola tempesta d’acciaio, una strisciante guerra civile, strisciante e sporca. Era la regola. Il fatto che i genitori di quei giorni non hanno avuto la forza per opporsi alla “giovinezza irriverente” dei propri figli, è la stessa che imperversò nelle prime stagioni risorgimentali ed insurrezionali, nella grande guerra, nell’avvento del fascismo, nella RSI. Tutti i genitori di ogni tempo, hanno perso la loro generosa battaglia di fronte alla splendida ed inutile tragicità delle scelte estreme dei loro figli.

Un partito vecchia storia, 

un’eredità che scotta

d- Quale e perché?

r- Che i partiti siano una vecchia storia, lo sapevano già Lucio Sergio Catilina  con la sua splendida cospirazione contro la “Concordia Hominum” ciceroniana, Giulio Cesare con la sua forzatura al Rubicone, Napoleone ed i suoi fucili spianati, Mussolini e le Sue squadre. I grandi cattivi della Storia, provengono tutti da vecchi partiti e sono saliti nell’Olimpo storico assassinando i loro vecchi partiti. Ma parliamo del MSI, questo trappolone in cui è stata ghettizzata la generazione neo-fascista presa in ostaggio “a destra” dall’alleato occupante, il nostro nemico principale. Un assalto disperato durato 50 anni al cielo “per liberare” questo vecchio strumento politico dalla Sua naturale collocazione a destra, a protezione dello status quo, voluta dalla perfetta triangolazione di De Gasperi, Togliatti e degli Ameri-cani.

nell’ambiguità di sempre 

come un senso di sconfitta

e ignorare circostanze 

giochi assurdi di potere

d- Che hanno portato a cosa?

r- A tutte le trame bastarde della Destra Nazionale, al congelamento e al tradimento della fase “insurrezionalista” risorgimentale, a Caporetto, al depistaggio e all’infiltrazione sistematica della Rivoluzione Fascista, al tradimento del 25 luglio e dell’8 di settembre, alla presa in ostaggio a destra del neo-fascismo per 50 anni, a fare la poltrona per la peggiore Democrazia Cristiana, all’anticomunsimo di servizio per conto dei soliti noti, a Pella e Tambroni, alle infiltrazioni del 1965 dentro la Destra radicale, alle provocazioni del ’68 alla Sapienza, alla strategia della tensione per conto della marpioni Cia nel ’69, al golpismo para-massonico da operetta, alle campagne elettorali sulla pelle dei nostri caduti, a Democrazia Nazionale, alla P2 di Gelli, Tedeschi, Caradonna, alle campagne sulla pena di morte, alla incapacità di costruire classi dirigenti degne di questo nome, al trasformismo ipocrita della post-ideologia levantina ed anti-fascista di AN e del PDL.

che ne sai di quel passato 

di nostalgiche illusioni

di un confronto che da sempre 

si è attuato coi bastoni 

d- Illusioni reali?

r- Le bastonate sono state assolutamente reali e sono la cosa che hanno fatto meno male peraltro. Erano i progetti di revanchismo reazionario post-fascista che sono stati illusori. Siamo stati tutti giocati dentro una partita più grande, tra due variabili egualmente assassine dello stesso sistema occidentale; una reazionaria spacciata per “fascista”; l’altra progressista spacciata  per “comunista”. In realtà erano anti-fascisti ed anti-comunisti che si stavano facendo la guerra ed oggi, guarda caso. banchettano allegramente alla stessa tavola. Infatti, PDL e PD sono egualmente anti-fascisti ed anti-comunisti.

e sentirsi viver dentro 

a vent’anni all’occasione

per cercare di dare un senso 

alla tua Rivoluzione

d- Rivoluzione che ti vive dentro in che modo veniva esternata?

r- Ognuno a vent’anni ha la propria Rivoluzione e se la vive come vuole. Altrimenti se non hai una rivoluzione in cui credere, significa che sei già vecchio e non cresci. Direi che è percorso antropologico ancora prima che politico e meta politico. Ognuno cerca di dare un senso estremo a ciò che non ” ha senso” per definizione.

poi una sera di gennaio 

resta fissa nei pensieri

troppo sangue sparso 

sopra i marciapiedi

e la tua Generazione”  

stagliò al vento le bandiere

d- Dopo la rabbia e lo sconforto per la tragica situazione, cosa è nato in te e in tutti i ragazzi che erano consapevoli della tragedia?

r- Acca Larenzia segna la svolta, il punto di non ritorno, la mutazione antropologica e culturale, la frattura, l’evento non sanabile, non rimarginabile, non ricomponibile. Se ne resero conto i compagni, il partito, la Polizia, lo Stato, i giornali, tutti. Si era evocato con quell’episodio qualche cosa che aveva a che fare con “il daimon” presente nei cori della tragedia greca. Nulla sarebbe stato più eguale a prima nella vita di molti. Ad Acca Larenzia nasce la Generazione '78, anche se già dal 1975-1976 il processo di mutazione, l’evocazione di esso, era in atto.

gonfiò l’aria di vendetta 

senza lutto né preghiere

su quei passi da gigante 

per un attimo esitare

scaricando poi la rabbia 

nelle auto lungo il viale

fra le lacrime ed i vortici di fumo

d- Era l’unica soluzione possibile?

r- Per chi non campava e non avrebbe campato in futuro di politica non ve ne erano altre. Guarda è andata pure fin troppo bene, soprattutto per i vertici di partito che da quei giorni si trovarono pesantemente sotto accusa perché incapaci di difendere politicamente e militarmente i propri militanti. Non è un problema di capire se c’erano soluzioni alternative. E che Acca Larenzia è il risultato finale delle scelte e delle contraddizioni precedenti. I nodi, nel 1978 erano arrivati tutti al pettine. Dopo Acca Larenzia l’estrema sinistra va in crisi e qualcuno comincia a dubitare che lo sparare nel mucchio abbia un senso. Dalle nostre parti, si decide che la difesa armata è l’unica opzione possibile. La lotta armata “a destra” nasce come semplice atto di difesa e non di attacco e si trasforma successivamente come spontaneismo anarco-individualista. Gli unici nella critica storiografica di quegli anni, ad aver intuito perfettamente la dinamica e la natura di certe scelte, sono stati Andrea Colombo e Ugo Maria Tassinari. La lotta armata, “a destra”, nasce proprio contro la destra, sia istituzionale che radicale.

da quei giorni la promessa di 

restare tutti figli di nessuno.

In che senso?

La Generazione’78 è per definizione figlia di nessuno, ha voluto esserlo per scelta, per dinamiche, per comunicazione, per look , è l’ultima generazione Fiumana.

Pochi giorni di prigione 

ti rischiarano la vista

d- Qual è la prima cosa che hai pensato?

r- Generazione ’78 è un immaginario autobiografico. Io che allora avevo 16 anni e vivevo tra Viterbo e Roma; mi sono immedesimato negli eventi di quei giorni e in ciò che accadde, le centinaia di colpi di arma da fuoco sui cellulari della polizia, gli scontri estesi su tutta Roma per tre giorni, gli arresti di massa, le ragazze fermate con le borsette piene di pistole, le pistole abbandonate sotto e dietro le macchine rovesciate. A chi non è toccata, e non solo a Roma, una notte in gattabuia o chiuso a prendere schiaffi in un Commissariato di Polizia? E sì, si cresce, si cresce e come.

dimmi, come ci si sente 

con un’ombra da estremista

cosa provi nelle farse 

di avvocati e tribunali

d- Quando hai avuto la convinzione che tutto era farsa?

r- Beh, la farsa del dell’antifascismo processuale nasce molto prima, già l’antifascismo resistenziale ed assassino è una farsa, realizzato ed alimentato dalla complicità dei anglo-americani. Per non parlare dei processi farsa contro Ordine Nuovo ed Avanguardia Nazionale, ma anche quello contro l’Autonomia Operaia a Padova. Quel sistema era marcio dalle scarpe, dalla sua genesi, aveva generato i conflitti inter-generazionali per poi consolidarsi ed allora voleva processare i giovani che avevano partecipato alla guerra sporca e strisciante! Insomma è una parodia dell’assurdo, a metà tra commedia e tragedia. Il fatto è che lo Stato lo ha sempre saputo di essere il primo responsabile degli anni di piombo.

ed Alberto che è finito 

dentro l’occhio di un mirino

la Democrazia mandante 

un agente è l’assassino

e Francesco che è volato 

sull’asfalto di un cortile

con le chiavi strette in mano 

strano modo per morire

d- Che cosa si aspettavano Alberto e Francesco e gli altri ragazzi caduti? Si può dire che non sono caduti invano?

r- Loro? Non si aspettavano nulla. Erano attori passivi di una guerra più grande. Forse le loro famiglie avrebbero preferito vedere crescere i propri figli, ma è falso sostenere che la Generazione’78 moriva per avere una Italia amministrativamente più perfetta e pulita insomma più “di destra”. La cosa che mi urta di più, è la certezza di coloro che arbitrariamente sostengono, che Francesco ed Alberto oggi avrebbero votato per il Pdl e vengono addirittura ad onorarli nei “presente” dopo aver abiurato tutto. Praticamente arruolano anche i morti per giustificare le loro personali scelte di trasformismo ipocrita ed entrismo post-ideologico.

e braccia tese ai funerali 

ed un coro contro il vento

oggi è morto un Camerata 

ne rinascono altri cento

d- Ancora oggi c’è una appartenenza ad una ideologia, ma sicuramente meno radicata nel cuore come negli anni 70 e 80, perché secondo te ?

r- Beh, il clima è profondamente diverso; soprattutto il posizionamento politico e la scelta della politica non ci fa più da padre e da madre come negli anni ’70. Oggi il Dio Calcio ha preso il sopravvento su altri Dei, e la politica è come già detto, mercato, non percorso di crescita ed iniziazione antropologica. E poi chi è il nemico? Già oggi è perfino difficile individuare il nemico. E’ per questo che il nostro “nemico principale” ha vinto.

e il silenzio di un’accusa 

che rimbalza su ogni muro

questa volta pagheranno te lo giuro

poi la sfida delle piazze 

ed i sassi nelle mani

caroselli di sirene 

echi sempre più lontani

d- E’ stato veramente un momento di rabbia incontrollata che ha portato a cosa?

r- La vedrei più come una stagione di festa crudele e tragica. Basta ascoltare la bellissima canzone, “scese radiosa la pioggia di fuoco” Ma ripeto la dimensione era quella di un tempo distaccato, dal proprio tempo. C’era una minoranza di giovani che ha vissuto la propria personale “giovinezza”, la propria iniziazione alla vita ed alla morte, utilizzando il posizionamento politico come totem.

quelle bare non ancora vendicate

le ferite quasi mai rimarginate.

d- Quanto ti è rimasto di quei giorni, a parte le ferite aperte ?

r- Le ferite non sono rimarginabili, per definizione; perché credo che non sia stata data giustizia a niente e nessuno. Ma anche questa è una regola amara della Storia fatta dai vincitori sulla pelle dei vinti. E questo vale per le vittime e anche per gli assassini e perfino per lo Stato Italiano che a Sua volta era vittima e attore soggiogato su una scacchiera ancora più ampia (basta pensare ad Argo 16 – Ustica – il delitto Moro ecc. ecc.). Potremmo dire che siamo tutti pieni di ferite non rimarginate, ma in fin dei conti, come il piercing e le cicatrici, tutto fa tendenza.

Ma poi il vento soffiò 

forte ti donò quell’occasione

di combattere il Sistema 

in un’altra posizione

d- E’ stata l’unica vera lotta innovativa, tu come hai iniziato a partecipare alla crescita del movimento ?

r- La risposta è piuttosto complessa, potremmo dire così: dai Campi Hobbit, al movimentismo di Terza Posizione e di Costruiamo l’azione, fino alla scelta anarco-spontaneista dei NAR (fenomeni ed esperienze diversissime tra di loro). C’è stata tuttavia un'unica occasione ed un’unica volontà di ridefinire il linguaggio, maturare una mutazione antropologica e culturale, ricercare disperatamente il cambio del posizionamento politico, riformare gli immaginari di riferimento, insomma la capacità finalmente di rompere con “la destra”: percepire finalmente “chi e che cosa era” il nemico principale.  Popolo, Lotta, Movimento erano sicuramente termini di un linguaggio che si cercava di trasmettere ed imporre all’esterno, nella comunicazione.

tra la fine del Marxismo 

e i riflussi del momento

costruire il movimento 

tra le angosce dei quartieri

ed un popolo una lotta 

chiodo fisso nei pensieri

d- Il fatto di lottare sul territorio in mezzo alla gente, per i loro bisogni come ti ha fatto crescere, e che convinzioni ti ha lasciato?

r- Ripeto, la militanza di  allora era una finzione dell’immaginario mitologico, dell’iniziazione a cui partecipavamo, che resiste ed esiste nel nostro Dna di Italia e di Italiani. Da Mazzini a Mussolini alla RSI agli anni ’70. Chi meglio di Noi è riuscito a danzare intorno a questi totem ( Popolo-Lotta-Nazione)? Ciò non toglie che il bisogno di emancipazione di liberazione, di identità, di specificità soprattutto di sovranità, sia tuttora al centro dei nostri mal-destri pensieri.

e generazioni nuove 

in cui tu credevi tanto

d- I giovani di oggi hanno le stesse possibilità di crescita politica?

r- Bah, io li vedo molto in carriera e falsamente posizionati sulla risoluzione delle così dette “cose concrete”. Mi viene veramente da ridere. Comunque a tutti va data una chance.

poi quel botto alla stazione 

che cancella tutto quanto

d- Secondo te è stata un evento creato ad arte per poter iniziare la caccia alle streghe?

r- Assolutamente no, e un evento che lo Stato italiano si è trovato tra capo e collo. Un evento assurdo e di una tale gravità , generato da questioni di livello internazionale. Bisognava massacrare concretamente qualcuno e l’estrema destra di allora era molto, troppo vitale ed ingestibile, perfetta per depistare. D’altra parte i nostri governanti mica potevano dire che non contavano un cacchio e che l’Italia mancava di sovranità nazionale dal 1945 e che chiunque faceva sul nostro territorio il bello ed il cattivo tempo? Più semplice assicurare, una verità pre-confezionata contro i fascisti. Era la cosa più semplice.

e al segnale stabilito si dà il via alla grande caccia

i fucili che ora puntano alla faccia

le retate in grande stile dentro all’occhio del ciclone

tra le spire della “santa inquisizione”

d- E’ stato un po’ troppo enfatizzato dai media in quel periodo, per paura o perché altro?

r- Se paghi gli infami (i pentiti) per vincere una guerra, devi essere seriamente terrorizzato ed in pericolo. E lo Stato Italiano lo era, sapendo di essere il primo colpevole di quella situazione; così come terrorizzato ed impaurito era il medio cittadino borghese, che dal 1968 non campava più serenamente. Le galere erano strapiene di giovanissimi militanti politici, cosa mai successa neanche durante il regime fascista e forse neanche ai livelli della dittatura argentina e cilena. D’altra parte la DC ed il PCI non avevano altra via che la repressione, per sedare la situazione della strisciante guerra civile che anche loro avevano in qualche modo propiziato.

poi le tappe di una crisi 

di una storia consumata

di chi trova la sua morte 

armi in pugno nella strada

d- Parli della lotta armata?

r- Si parlo in particolare di Alessandro Alibrandi,  ma potrei parlare anche di Franco Anselmi, di Ferrero e Macciò, di Giorgio Vale, insomma parlo dei “Figli di nessuno”, degli sfigati che non hanno trovato, per loro scelte estreme, alcun riconoscimento tra i così detti “Cuori Neri”. Da Giancarlo Esposti a Riccardo Minetti, da Pagliai a Elio di Scala e a tanti altri meno conosciuti della storiografia neo-fascista. Tutti questi stanno per definizione  “all’inferno”,  non sono morti “buoni” per la storiografia ufficiale, perché non sono stati uccisi a tradimento davanti ad una sezione da un commando rivale. Non erano buoni per le campagne elettorali di allora; non sono buoni per la storiografia dei  “Cuori Neri” e del buonismo levantino di oggi. Sono tuttavia attori e vittime della stessa guerra.

di chi viene suicidato in una stanza di chi scappa

di chi chiude nei cassetti anche l’ultima speranza.

d- Un ricordo per Nanni, e una frase per chi è stato per tanti anni in esilio!

r- Il passaggio non è dedicato a Nanni ma a Giorgio Vale, suicidato opportunamente in una stanza perché doveva passare come possibile responsabile della strage di Bologna. In questo sono accumunati a Nanni dallo stesso destino e a quello di Luigi Ciavardini. Anche a Nanni cercarono di addossare la strage di Bologna e su Luigi pesa una condanna fasulla ed assurda; lo hanno colpito solo perché lui è l’alibi per l’innocenza di Francesca e Valerio.

E ti svegli una mattina sulle labbra una canzone

e l’immagine si perde sulla tua generazione

quei ragazzi un po’ ribelli un po’ guerrieri

d- Sono stati anni duri ma anche di grandi passioni dove tutti noi siamo cresciuti, cosa ti fa diventare nostalgico ripensando a questi anni?

r- Io non sono assolutamente nostalgico di quei giorni, e la canzone non ha nulla di alcunché di nostalgico. Non è scritta per qualcuno o contro qualcuno. E’ solo un collage di immagini autobiografiche, peraltro elaborate nel lontano 1983, un collage che ha cercato di indagare su ciò che è successo;  un pallido tentativo per riflettere tra gli anfratti della memoria. Un bisogno che hanno in pochi. I molti cercano “opportunamente” e da subito di rimuovere tutto; si guadagna di più.

che hanno chiuso nei cassetti e 

dentro ai cuori tanti fazzoletti neri.

d- Adesso c’è bisogno di ritirarli fuori!?

r- No, assolutamente no, tantomeno oggi e tantomeno, fazzoletti neri. Oggi c’è solo da “sedimentare” nella memoria,  da “storicizzare” le scelte, e da capire dove si è sbagliato e per chi si è sbagliato;  tuttavia c’è da dare il giusto e degno riconoscimento ai figli di nessuno. Chissà forse un giorno, ci scriverò su qualcosa.

Scritto da Stefano Pantini

fonti

1 mirorenzaglia.org.

foto tratte dalla rete

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