venerdì 25 marzo 2022

René Guénon - La crisi del mondo moderno | Cap. 2 parte III - L'opposizione fra Oriente e Occidente


La crisi del mondo moderno
Cap. 2 parte iiI 
L'opposizione fra Oriente e Occidente

Nella confusione mentale che caratterizza la nostra epoca, si è giunti ad applicare indistintamente lo stesso termine «tradizione» ad ogni sorta di cose, spesso parecchio insignificanti, come delle semplici usanze senza alcun valore e talvolta di origine tutta recente; noi abbiamo segnalato altrove un abuso dello stesso genere relativo al termine «religione». 

Occorre diffidare da queste deviazioni del linguaggio, che rivelano una sorta di degenerazione delle idee corrispondenti; e non basta che qualcuno si autodefinisca «tradizionalista» perché si possa essere certi che egli conosca, anche imperfettamente, che cos’è la tradizione nel vero senso della parola. 

Da parte nostra ci rifiutiamo assolutamente di dare questo nome a tutto ciò che è di ordine puramente umano; e non è inopportuno dichiararlo espressamente allorché si riscontrano, ad ogni pie’ sospinto, espressioni come quella, per esempio, di «filosofia tradizionale». 

Una filosofia, anche quando è realmente tutto ciò che può essere, non ha alcun diritto a questo titolo, poiché essa si limita interamente al solo ordine razionale, perfino quando non arriva a negare ciò che la trascende, ed anche perché si tratta solo di una costruzione edificata da individui umani, senza rivelazione o ispirazione di sorta; e comunque, per dirla in poche parole, perché essa è qualche cosa di essenzialmente «profano». 

D’altronde, a dispetto di tutte le illusioni di cui certuni sembrano compiacersi, non è certo una scienza tutta «libresca» che può essere sufficiente per rettificare la mentalità di una razza e di un’epoca; occorre ben altro che una speculazione filosofica, la quale, perfino nel caso più favorevole, è condannata, per la sua stessa natura, a rimanere tutta esteriore e molto più verbale che reale. 

Per restaurare la tradizione perduta, per rivivificarla veramente, occorre il contatto con lo spirito tradizionale vivente, e, come abbiamo già detto, è solo in Oriente che questo spirito è ancora pienamente in vita; e se è vero che per far ciò, in Occidente, è innanzi tutto necessaria un’aspirazione ad un ritorno a questo spirito tradizionale, è parimenti vero che la semplice aspirazione non basta. 

I pochi movimenti di reazione «antimoderna» che si sono prodotti fino ad oggi, peraltro alquanto incompleti a nostro avviso, non possono che confermare questa nostra convinzione, poiché tutto questo, sicuramente eccellente nella sua parte negativa e critica, è tuttavia molto lontano da una restaurazione della vera intellettualità e si sviluppa entro i limiti di un orizzonte mentale assai ristretto. 

Ciò nonostante è già qualcosa, nel senso che è l’indizio di una condizione di spirito di cui difficilmente si sarebbe potuta trovare traccia fino a qualche anno fa; se non tutti gli Occidentali sono più concordi nell’accontentarsi dello sviluppo esclusivamente materiale della civiltà moderna, si tratta forse del segno che, per loro, ogni speranza di salvezza non è ancora del tutto perduta.

Comunque sia, supponendo che l’Occidente, in una maniera qualunque, ritorni alla sua tradizione, per ciò stesso la sua opposizione con l’Oriente sarebbe risolta e cesserebbe d’esistere, poiché essa è stata generata dalla deviazione occidentale e in realtà non è che l’opposizione fra lo spirito tradizionale e lo spirito antitradizionale. Di modo che, contrariamente a quanto supposto da coloro a cui alludevamo prima, il ritorno alla tradizione produrrebbe, fra i primi risultati, la ripresa immediata dell’intesa con l’Oriente, così come si verifica per tutte le civiltà che possiedono degli elementi simili o equivalenti; ed una tale situazione è possibile solo in presenza di tali elementi, poiché sono essi che costituiscono l’unico terreno sul quale questa intesa può essere attuata validamente.

Il vero spirito tradizionale, qualunque sia la forma che esso riveste, è dappertutto e sempre lo stesso; le diverse forme, che sono adattate in modo specifico a queste o a quelle costruzioni mentali, a queste o a quelle circostanze di tempo e di luogo, sono solo delle espressioni di una sola ed unica verità; ma occorre potersi porre nell’ordine della pura intellettualità per scoprire quest’unità fondamentale sotto l’apparente molteplicità. D’altronde, è in quest’ordine intellettuale che risiedono i principi da cui tutto il resto dipende normalmente a titolo di conseguenza o di applicazione più o meno lontana; ed è dunque su questi principi che occorre innanzi tutto accordarsi, se si vuol parlare di un’intesa realmente profonda, poiché è questo tutto l’essenziale; ed allorché questo verrà realmente compreso, l’accordo verrà da sé.

Occorre sottolineare, in effetti, che la conoscenza dei principi, che è la conoscenza per eccellenza, la conoscenza metafisica nel vero senso della parola, è universale come gli stessi principi, dunque interamente sganciata da ogni contingenza individuale, la quale invece interviene necessariamente quando si giunge alle applicazioni; di modo che questo dominio puramente intellettuale è il solo ove non necessitano sforzi di adattamento fra le diverse mentalità. 

Inoltre, allorché un lavoro di tal genere fosse compiuto, non rimarrebbe che svilupparne i risultati per ottenere anche l’accordo in tutti gli altri domini, giacché, come abbiamo appena detto, è da esso che dipende tutto, direttamente o indirettamente; per contro, l’accordo ottenuto in un dominio particolare, prescindendo dai principi, sarà sempre eminentemente instabile e precario, e molto più simile ad un accomodamento diplomatico che ad una vera intesa. 

Ed è proprio per questo che un tale accordo, lo ripetiamo, può operarsi realmente solo dall’alto e non dal basso, e ciò va inteso in maniera duplice: 

occorre partire da ciò che vi è di più elevato, vale a dire dai principi, per scendere gradualmente ai diversi ordini di applicazione osservando sempre rigorosamente la dipendenza gerarchica che esiste fra loro; e un tal compito, per il suo stesso carattere, non può essere che quello di un’élite, dando a questo termine la sua accezione più vera e più completa: ed è esclusivamente di un’élite intellettuale che intendiamo parlare, dato che, ai nostri occhi, non ne potrebbero esistere altre, poiché le distinzioni sociali esteriori non rivestono alcuna importanza dal punto di vista in cui noi ci poniamo.

Queste poche considerazioni possono far comprendere già tutto ciò che manca alla civiltà occidentale moderna, non solo in relazione alla possibilità di un effettivo avvicinamento con le civiltà orientali, ma anche di per sé, perché possa dirsi una civiltà normale e completa; d’altronde, in verità, le due questioni sono strettamente connesse, tanto da ridursi ad una sola, ed abbiamo appena finito di illustrarne i motivi. Dovremmo passare adesso a mostrare, in maniera più completa, in cosa consiste lo spirito antitradizionale, che è propriamente lo spirito moderno, e quali sono le conseguenze che esso implica, conseguenze che vediamo scorrere con una logica inesorabile negli avvenimenti attuali; ma occorre prima attardarsi su un’ultima riflessione.

Il fatto di essere risolutamente «antimoderni», non significa certo essere «antioccidentali», se così si può dire, poiché significa invece effettuare il solo sforzo valido per cercare di salvare l’Occidente dal suo proprio disordine; e, d’altra parte, nessun Orientale fedele alla propria tradizione potrebbe considerare le cose diversamente da così; vi sono sicuramente molti meno avversari dell’Occidente come tale, cosa che peraltro non avrebbe molto senso, di quanti ve ne siano dell’Occidente inteso come sinonimo della civiltà moderna. 

Alcuni parlano oggi di «difesa dell’Occidente», il che è veramente singolare, se si pensa che, come vedremo in seguito, è proprio l’Occidente che minaccia di sommergere tutto e di trascinare l’intera umanità nel turbinio della sua attività disordinata;

singolare, dicevamo, e del tutto ingiustificato, se costoro intendono, come sembra proprio malgrado qualche restrizione, che questa difesa debba essere diretta contro l’Oriente, poiché il vero Oriente non pensa né ad attaccare né a dominare chicchessia, esso chiede solo la sua indipendenza e la sua tranquillità, il che, si converrà, è del tutto legittimo. 

Tuttavia, la verità è che l’Occidente ha in effetti un gran bisogno di essere difeso, ma unicamente nei confronti di se stesso e delle sue stesse tendenze, le quali, se verranno spinte fino alla fine, lo condurranno inevitabilmente alla rovina ed alla distruzione; ed allora è di «riforma dell’Occidente» che si dovrebbe parlare, e questa riforma, se fosse ciò che dovrebbe essere, condurrebbe del tutto naturalmente ad un avvicinamento con l’Oriente. 

Da parte nostra, non chiediamo che di contribuire a tale riforma e a tale avvicinamento, nella misura delle nostre possibilità, e sempre che si sia ancora in tempo e che un tale risultato possa essere raggiunto prima della catastrofe finale verso cui marcia a grandi passi la civiltà moderna; 

ma anche se fosse troppo tardi per evitare questa catastrofe, il lavoro compiuto in quest’ottica non sarebbe inutile, poiché servirebbe in ogni caso a preparare, per lontana che sia, quella «discriminazione» di cui dicevamo all’inizio, e servirebbe anche ad assicurare la conservazione degli elementi che dovranno sfuggire al naufragio del mondo attuale per divenire i germi del mondo futuro.

Scritto da René Guénon

La crisi del mondo moderno

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