martedì 14 marzo 2023

René Guénon - La crisi del mondo moderno | Cap. 6 parte V - Il caos sociale


La crisi del mondo moderno

Cap. 6 - Il caos sociale

Naturalmente, quando ci troviamo in presenza di un’idea come quella di «uguaglianza» o come quella di «progresso», oppure degli altri «dogmi laici» che quasi tutti i nostri contemporanei accettano ciecamente, e la maggior parte dei quali hanno incominciato ad essere formulati chiaramente nel corso del XVIII secolo, non ci è possibile ammettere che tali idee siano nate spontaneamente. 

In definitiva, esse sono delle vere «suggestioni», nel senso più ristretto del termine, e fra l’altro potevano produrre il loro effetto solo in un ambiente già predisposto a riceverle; esse non hanno creato di tutto punto la condizione di spirito che caratterizza l’epoca moderna, ma hanno largamente contribuito a mantenerla e a svilupparla fino ad un grado che sicuramente non si sarebbe raggiunto senza di esse. Se queste suggestioni dovessero svanire, la mentalità generale sarebbe assai prossima ad un cambiamento di direzione; è per questo che sono così accuratamente ben tenute da tutti coloro che hanno qualche interesse a mantenere il disordine, se non addirittura ad aggravarlo ancora; ed è sempre per questo che, in un tempo in cui si pretende di mettere tutto in discussione, esse sono le sole cose che non si permette mai vengano discusse. 

D’altronde, è difficile determinare con esattezza il grado di sincerità di coloro che si fanno propagatori di simili idee, ed è difficile sapere in che misura certi uomini finiscano col lasciarsi sedurre dalle proprie menzogne e col lasciarsi suggestionare mentre vorrebbero suggestionare gli altri; accade perfino che, in una propaganda del genere, coloro che svolgono il ruolo degli ingenui siano spesso gli strumenti migliori, perché vi apportano una convinzione che altri avrebbero difficoltà a simulare, convinzione che, al tempo stesso, è facilmente contagiosa; ma, dietro tutto questo, almeno inizialmente, occorreva la presenza di un’azione molto più cosciente, una direzione che non poteva essere esercitata che da uomini che sapevano perfettamente ciò che facevano nel diffondere in tal modo tali idee.

Noi abbiamo parlato di «idee», ma è solo molto impropriamente che questa parola può essere usata in questo caso, poiché è del tutto evidente che non si tratta minimamente di idee pure e neanche di qualcosa che appartenga, poco o tanto, all’ordine intellettuale; esse sono, se si vuole, delle false idee, ma sarebbe ancora meglio chiamarle «pseudo-idee», destinate principalmente a provocare delle reazioni sentimentali, il che è effettivamente il mezzo più efficace e più semplice per agire sulle masse. 

D’altronde, da questo punto di vista, la parola ha un’importanza maggiore della nozione che è destinata a rappresentare, e la maggior parte degli «idoli» moderni sono solo veramente delle parole, poiché in questo caso si produce quel singolare fenomeno conosciuto col nome di «verbalismo», ove la sonorità delle parole basta a dare l’illusione del pensiero; l’influenza che gli oratori esercitano sulle folle è particolarmente caratteristica a riguardo, e non c’è bisogno di studiarli da vicino per rendersi conto che si tratta proprio di un processo di suggestione del tutto simile a quello degli ipnotizzatori.

Ma, senza dilungarci oltre, ritorniamo alle conseguenze derivate dalla negazione di ogni vera gerarchia, e notiamo che, allo stato attuale delle cose, non un solo uomo svolge la sua propria funzione, se non eccezionalmente e come per accidente, quando invece è il contrario che dovrebbe avvenire; ma si arriva perfino al punto che lo stesso uomo sia chiamato ad esercitare successivamente delle funzioni del tutto diverse, come se egli potesse cambiare attitudine a volontà.

Questo può sembrare paradossale in un’epoca di «specializzazione» ad oltranza, e tuttavia è così, soprattutto nell’ambito politico; se la competenza degli «specialisti» è spesso illusoria, e in ogni caso limitata ad un campo molto ristretto, la credenza in questa competenza è tuttavia un fatto, e ci si può chiedere com’è possibile che tale credenza non svolga più alcun ruolo quando si tratta della carriera degli uomini politici, ove la più completa incompetenza raramente è un ostacolo. 

Ciò nonostante, se si riflette un po’, ci si accorge facilmente che non v’è niente di cui stupirsi, e che questo in definitiva non è che un risultato molto naturale della concezione «democratica», in virtù della quale il potere viene dal basso e si appoggia essenzialmente sulla maggioranza, il che ha, necessariamente, per corollario l’esclusione di ogni vera competenza, dal momento che la competenza è sempre una superiorità, quantomeno relativa, e può essere solo appannaggio di una minoranza.

A questo punto, alcune spiegazioni non saranno inutili per evidenziare, da una parte, i sofismi che si nascondono sotto l’idea «democratica», e dall’altra, i legami che collegano questa stessa idea a tutto l’insieme della mentalità moderna; peraltro, dato il punto di vista in cui ci poniamo, è quasi superfluo sottolineare che queste osservazioni saranno formulate al di fuori di tutte le questioni di partito e di tutte le contese politiche, alle quali non intendiamo mischiarci né da vicino né da lontano. 

Noi consideriamo queste cose in maniera assolutamente disinteressata, come potremmo fare per qualsiasi altro argomento di studio, cercando solo di renderci conto, il più chiaramente possibile, di ciò che vi è in fondo a tutto questo, condizione questa che, del resto, è quella necessaria e sufficiente perché si dissipino tutte le illusioni che i nostri contemporanei si fanno sull’argomento. Anche in questo caso si tratta veramente di «suggestione», come dicevamo a proposito di idee un po’ diverse, ma nondimeno connesse; e quando si sa che cos’è una suggestione, quando si è compreso come essa agisce, con ciò stesso la si neutralizza;
contro cose del genere, un esame un po’ approfondito e puramente «obiettivo», come si dice oggigiorno nel gergo speciale improntato ai filosofi tedeschi, risulta essere ben altrimenti efficace che tutte le declamazioni sentimentali e tutte le polemiche di parte, le quali non provano alcunché e sono solo l’espressione di semplici differenze individuali.

L’argomento più decisivo contro la «democrazia» si riassume in poche parole: il superiore non può derivare dall’inferiore, perché il «più» non può provenire dal «meno»; ciò è di un rigore matematico assoluto, contro il quale non v’è nulla che possa prevalere. È importante notare che si tratta precisamente della stessa argomentazione che, applicata ad un altro ordine, vale anche contro il «materialismo»; e non v’è niente di fortuito in questa concordanza, dato che le due cose sono più strettamente solidali di quanto possa apparire in un primo momento. 

È fin troppo evidente che il popolo non può conferire un potere che non possiede; il vero potere può venire solo dall’alto, ed è per questo, lo diciamo di sfuggita, che esso non può essere legittimo che tramite la sanzione di qualcosa di superiore all’ordine sociale, vale a dire di un’autorità spirituale; diversamente non si può avere che una contraffazione del potere, uno stato di fatto che è ingiustificabile per mancanza di principio, e dove non può esserci che disordine e confusione. 

Questo capovolgimento di ogni gerarchia ha inizio nel momento in cui il potere temporale vuole rendersi indipendente dall’autorità spirituale, per poi subordinarla a sé pretendendo di usarla per dei fini politici; si tratta di una prima usurpazione che apre la via a tutte le altre; e si potrebbe anche dimostrare che, per esempio, la regalità francese, a partire il XIV secolo, ha lavorato inconsciamente alla preparazione della Rivoluzione, che doveva poi rovesciarla; forse un giorno avremo occasione di sviluppare come merita questo punto di vista, che per il momento ci limitiamo ad indicare in maniera molto sommaria.

Scritto da René Guénon

La crisi del mondo moderno

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