domenica 19 settembre 2021

NERO È BELLO - Documentario e analisi (1980) | POLITICA

È il 4 dicembre 1980. Rai Due, prima serata: è la "prima volta" per un certo mondo politico e culturale. E non si tratta né di una tribuna politica, né di una cronaca giudiziaria. È uno speciale della trasmissione "Primo piano" di Stefano Munafò e Ivan Palermo, dal titolo "Nero è bello". 

In un'ora abbondante l'autore, Giampiero Mughini, scandaglia gli ambienti giovanili, i fermenti culturali, le sezioni, le radio, i circoli, gli intellettuali della destra. E col suo impermeabile grigio-verde, intervista senza astio e con sincera ed evidente curiosità quelli che fino al giorno prima erano convinti di essere costretti a subire eternamente il ghetto. 

anni settanta

E così gli italiani possono vedere e ascoltare alcuni dei protagonisti del «polo escluso»: 

da quelli già adulti -come il giornalista e storico Giano Accame, l'editore Giovanni Volpe, il leader politico e allora direttore di "Linea" Pino Rauti- a quelli giovani o giovanissimi, come Marco Tarchi, direttore de "la Voce della Fogna" e leader della "nuova destra", Umberto Croppi, dirigente giovanile e animatore di mille iniziative tra cui i Campi Hobbit, Monica Centanni e Marilena Novelli, responsabili della rivista femminile "Eowyn", Federico Zamboni, il critico rock che si firmava Claudio Fossati. E anche: musicisti come Junio Guariento e Mario Bortoluzzi, militanti del "Fronte della Gioventù" come l'universitario Stefano Di Fiore, esponenti delle frange giovanili extraparlamentari come Marcello de Angelis... 

goliardia fdg

Molti ebbero l'impressione che la ghettizzazione potesse terminare.

Giampiero Mughini, allora inviato de "l'Europeo" e tra gli artefici di "Mondoperaio", scopriva dietro la telecamera un mondo che era appena riuscito a intuire, spinto da una curiosità intellettuale e un gusto per la ricerca che lo porteranno lontano. Ricordando quell'esperienza, scriverà nel 1987 in "Compagni, addio": 

«Io e il regista William Azzella incontrammo difficoltà incredibili a far parlare quelli della destra, convinti com'erano che avremmo rovesciato solo ingiurie e accuse di terrorismo. Almirante si rifiutò di rilasciarci un'intervista. Pino Rauti accettò ma se ne pentì e, attraverso un avvocato, ci ingiunse di togliere dalla trasmissione la parte che lo riguardava, cosa che naturalmente ci guardammo bene dal fare. 

roma

Giano Accame, ex-volontario della Repubblica di Mussolini a diciassette anni, intellettuale di grande cultura, mi confessò poi che mi aveva ricevuto solo perché una volta avevo citato Robert Brasillach senza insultarlo. Alcuni ragazzi del MSI accettarono di farsi intervistare solo di spalle e ripresi da lontano, perché temevano la reazione di quelli di sinistra del loro liceo. Questa era l'atmosfera del tempo dopo anni di demenza da una parte e dall'altra».


il documentario integrale

Che non si trattasse di una trasmissione televisiva come le altre, ma di un evento dalla significativa valenza politica, lo dimostrarono le sensazioni immediate di chi la realizzò: «La reazione più interessante -ha raccontato ancora Mughini- fu quella del montatore della trasmissione, un ragazzone romano figlio del movimento del '77. Quando William e io gli spiegammo che avremmo parlato dei giovani di destra senza odio, facendo delle domande e ascoltando le loro risposte, si rabbuiò immensamente e per un certo tempo non ci rivolse più la parola. Ma vedevo che seguiva attentissimo il materiale che andavamo montando [...] Il figlio del '77 finalmente capiva, riconosceva adesso quei ragazzi come suoi simili e non come belve da braccare. Quando montammo un pezzo di una trasmissione di "Radio popolare", dove interveniva un ascoltatore a gridare "I fascisti bisogna ammazzarli tutti!", il ragazzone del '77 balzò in piedi e gridò: "Mascalzone!". Quando finimmo il lavoro ci abbracciammo, lui ringraziando me e William d'avergli insegnato nuovi criteri con cui vedere la realtà della sua generazione».

mughini alla colombo

Quella trasmissione di Giampiero Mughini su Rai Due, la rete vicina ai socialisti, apriva nemmeno tanto inconsciamente un decennio che, a destra, gettò alcune delle basi culturali che porteranno un intero mondo a rimettersi in gioco. «L'importante di quella trasmissione -ha commentato Giano Accame- fu aver portato di fronte a tre milioni di telespettatori un dialogo con la destra, interrogandone soprattutto i giovani, mentre la DC questo genere di incontri lo aveva costantemente praticato solo sottobanco per delle intese di vertice a cui il pubblico, di una parte e dell'altra, era sempre destinato a rimanere estraneo».

Si aprivano gli anni '80, si apriva il decennio di "Nero è bello". Dieci anni che gradualmente vedranno sbloccare il pensiero politico dalla prigionia delle etichette, che vedranno ridurre il tasso di nevrotizzazione degli antagonismi, che riusciranno a aprire la strada a nuove sintesi. Prima fu la scoperta di pochi, poi gli incontri di qualcuno, e magari le amicizie personali e le storie familiari. Fino ad aprire porte che erano rimaste chiuse per anni, a stabilire nuovi rapporti, a suscitare nuove attenzioni: incontrarsi al ristorante e capirsi attraverso lo stesso vino e gli stessi libri. Poter parlare insieme, in trattoria, di comuni letture e di comuni passioni musicali. 

il profeta cacciari

E se agli inizi degli anni '80 Giampiero Mughini si incontra con alcuni giovani di destra e riesce poi a filtrarne l'esperienza nelle riviste di cultura socialista, parallelamente il filosofo e deputato comunista Massimo Cacciari procedeva in una sua scoperta intellettuale della nuova destra. Erano i tempi in cui l'Istituto Gramsci organizzava convegni -impensabili fino a qualche anno prima- su Nietzsche, Schmitt o Jünger. Ed erano i tempi in cui un gruppetto di giovani intellettuali abbeveratisi alle acque più libertarie del '68 dava vita al mensile "Pagina": 

erano Ernesto Galli della Loggia, Massimo Fini, Pierluigi Battista, Paolo Mieli e Aldo Canale, e le pagine della loro rivista costituiranno uno dei luoghi privilegiati del dialogo con le nuove espressioni della cultura di destra.

È in questo clima che il comune di Milano guidato dal socialista Carlo Tognoli allestisce a Palazzo Reale, dal 27 gennaio al 30 aprile 1982, la mostra "Anni '30. Arte e cultura in Italia" curata dallo storico Giordano Bruno Guerri. Nella presentazione sul catalogo il sindaco scriveva: 

«La mostra costituisce il tentativo di dar vita a una verifica storica». 

milano

Grande e inatteso fu il successo di pubblico. La mostra di Milano rappresentava il primo vero tentativo di cancellare -sul terreno della cultura popolare- la cicatrice fascismo-antifascismo. Due anni di preparazione, diciotto gruppi di lavoro, una sala dedicata ai filmati sulla trasvolata atlantica di Italo Balbo, una sezione affrontava la bonifica della pianura pontina e la fondazione di Littoria, e poi il futurismo, le avanguardie artistiche, l'architettura, la modernizzazione del paese e del costume. 

E quel poster-collage che andò a ruba e finì appeso, come un simbolo, sui muri di tante case: i palazzi, la moda, la radio, gli aerei, le macchine, il cinema e quel piccolo busto di Mussolini. Un successo che trasportava nell'immaginario popolare vent'anni di ricerche della scuola storica di Renzo De Felice. Tanto che Andrea Marcenaro su "Lotta continua" arrivava a scrivere: 

«Otto-nove anni fa una mostra come questa non sarebbe neppure concepibile. Oggi sappiamo guardare nelle parentesi nere della nostra storia». Fu un vero e proprio fenomeno di massa: centinaia di migliaia di visitatori, le gite delle scuole, un enorme successo di stampa e televisione.

il fdg in piazza

E alla fine di quell'anno, il convegno organizzato il 27 novembre a Firenze sul tema «Sinistra e nuova destra. Appunti per un dibattito» riportava al centro dell'attenzione la possibilità di nuovi equilibri culturali. Nella tavola rotonda si misurarono Marco Tarchi, Giano Accame, Giuseppe Del Ninno, Giovanni Tassani e Massimo Cacciari

Il fatto che due personalità di sinistra -come l'intellettuale cattolico e firma de "il Manifesto" Tassani, e il filosofo ed ex deputato del PCI Cacciari- avessero accettato di "parlare" con intellettuali di tutt'altra formazione fu non solo motivo di scandalo ma l'avvio di un proficuo dibattito. 

msi

Tra i tanti che intervennero sulla stampa a commentare l'evento, Ernesto Galli della Loggia spiegava sul "Messaggero" che si trattava di «aver accettato il metodo della discussione» e di «parlare di problemi che esistono realmente e che sono al centro, anzi il centro, di qualsiasi riflessione sull'età contemporanea». 

Da tutto il dibattito che ne scaturì emergeva soprattutto il ruolo svolto da Marco Tarchi, l'allora giovane politologo fiorentino che poi reciderà definitivamente i legami con la destra e avvierà una sua battaglia coraggiosa e solitaria fuori dai recinti delle tradizionali categorie politiche, al di là del bipolarismo del pensiero, contro l'omogeneizzazione politico culturale del mondo e a favore di un modello sociale neo-comunitarista e post-liberale.

missini schierati

Il clima di dialogo dei primi anni '80 non era comunque solo il portato di sommovimenti culturali, ma aveva dietro di sé lo sfondo preciso di una nuova stagione politica che sollecitava un'inedita civiltà del dialogo. Nel febbraio del 1983, il Presidente della Repubblica, il socialista Sandro Pertini andava a trovare in ospedale l'agonizzante Paolo Di Nella, militante ventenne del Fronte della Gioventù che morirà per le sprangate ricevute mentre attaccava manifesti per una battaglia ecologica. Lo stesso segretario del PCI Enrico Berlinguer inviava un telegramma di dolore alla famiglia Di Nella. E in quel clima Salvatore Sechi scriveva: 

«C'è qualcosa di più. A me pare che con la destra, conservatori e riformatori in Italia devono cominciare a discutere. Non più ghetto, voto nel frigorifero, ma blocco di forze da utilizzare, rimettendole nel circuito di possibili alleanze in nome dell'alternativa».

saluti missini

Il 1983 sarà infatti l'anno del primo governo Craxi e la destra comincerà a trovarsi, sia pure flebilmente, nel cono di luce del tentativo craxiano di una strategia dell'attenzione e di un pieno recupero al gioco democratico. Lo stesso leader del MSI, Giorgio Almirante, raccontava così il colloquio istituzionale avvenuto in occasione delle consultazioni per la formazione del primo governo a guida socialista: 

«Il nostro colloquio non fu niente affatto formale: durò un'ora. Voleva sapessimo che non era mai stato favorevole alla formula dell'"arco costituzionale". Mi disse che potevo ripetere che egli non aveva mai accennato, né tanto meno avrebbe sostenuto, la ghettizzazione del MSI, forza legittimamente presente in Parlamento. Così a mia volta dissi ai giornalisti che nei confronti della presidenza socialista il MSI avrebbe tenuto un'opposizione costruttiva, non preconcetta».

enrico e giorgio

In quell'anno si fa esplicito il progetto del "socialismo tricolore". Esce il libro omonimo di Giano Accame, una ricerca che registrava l'evoluzione culturale espressa dal vento craxiano. E lo stesso Accame aveva partecipato il 31 maggio a un dibattito a Roma, promosso dall'associazione "Italia e Civiltà", che riuscì a mettere intorno allo stesso tavolo laico-socialisti e missini: 

intervennero il radicale Francesco Rutelli, il senatore socialista Antonio Landolfi, l'avvocato Luciano Lucci Chiarissi e Pacifico D'Eramo (due "fascisti di sinistra" rappresentanti del vecchio circolo "l'Orologio"), lo scrittore Enrico Landolfi e, per il MSI, Beppe Niccolai e Umberto Croppi.

voce della fogna

Sulla scia di questi incontri, Marcello Veneziani farà pubblicare per le Edizioni Ciarrapico il libro "Socialismo e nazione", dove il socialista Enrico Landolfi e il missino Franz Maria D'Asaro si confrontavano sul ritorno ai valori nazionali che stava caratterizzando l'ultima stagione politica. E sempre in quell'anno il politologo Giorgio Galli pubblicava una nuova edizione aggiornata del suo saggio del 1969 sulla destra in Italia, sottolineando ora l'importanza delle novità che stavano emergendo: 

«Se l'illuminismo non è l'ultimo orizzonte del sapere -scriveva- la ricerca culturale da perseguire ha per campo privilegiato le culture alternative, da ritrovare nel nostro passato per scoprire se ci indicano il futuro. In questa prospettiva, anche le parziali novità che la cultura di destra esprime possono essere colte come uno dei pochi segni positivi dei nostri tempi recenti».

libro consigliato

L'anno successivo fu un'iniziativa editoriale a scandire un'ulteriore tappa di questo percorso. Con quella copertina -una foto dal film "I ragazzi della via Paal"- e quel titolo "C'eravamo tanto a(r)mati- il libro curato da Maurizio Cabona e Stenio Solinas aveva tutte le caratteristiche per diventare un piccolo oggetto di culto: molto citato, molto ricordato, molto saccheggiato. Con quelle venticinque storie era come un atto di archiviazione degli anni '70. 

Soprattutto per i suoi autori, tra i quali Oliviero Beha e Massimo Cacciari, Alberto Camerini e Luigi Filippi, Massimo Fini e Diego Gabutti, Francesco Guccini e Giordano Bruno Guerri, Paolo Isotta e Raffaello Belcaro, Giuseppe Del Ninno e Massimo Greco, Enrico Nistri e Stella Pende, Gianni Rivera e Armando Torno.

anticomunismo

In autunno, sempre nell'84, Roma tenta di bissare l'iniziativa milanese di due anni prima con una mostra dentro il Colosseo. "L'economia italiana tra le due guerre" -realizzata per conto dell'IPSOA e del Comune di Roma da Giano Accame e Gaetano Rasi- fu un'iniziativa voluta dal vicesindaco socialista Pier Luigi Severi, presidente del comitato organizzatore. Un'iniziativa che, di nuovo, rilanciava sul piano dell'immaginario una visione del fascismo al di fuori delle demonizzazioni.

E così, per dirla con Sergio Caputo, verso la metà degli anni '80 «il peggio sembrava essere passato». La destra sembrava ormai aver ritrovato la legittimità a confrontarsi con tutti: con i socialisti, con i radicali, con le stesse intelligenze più raffinate della sinistra. E un deputato missino non-conformista e modernizzatore come Tomaso Staiti riusciva a dialogare e svolgere iniziative "trasversali" con radicali, socialisti, liberali... 


Autori che fino a qualche anno prima erano ancora per pochi intimi entravano nel dibattito e conquistavano le terze pagine de "la Repubblica" e del "Corriere della Sera". Intellettuali provenienti da destra entravano nelle redazioni di settimanali che facevano opinione. E il caso del "Sabato", espressione giornalistica di Comunione e liberazione e del Movimento popolare, dove dalla metà degli anni '80 compaiono le firme di Franco Cardini, di Marcello Veneziani, di Giano Accame e altri intellettuali più o meno «a destra». 

E comincia la strategia dell'attenzione tra CL e MSI, con inviti e cortesie reciproche.

Insomma, la società civile diventava campo aperto. «Dal tempo di quella trasmissione televisiva del 1980 -scriverà Giampiero Mughini nell'85- le cose hanno camminato. Gli stessi giornali dell'antifascismo hanno preso a distinguere e a rispettare quando si parla di "neri". A fine gennaio 1985, a Roma, si sono incontrati in un pubblico convegno un bel grappolo di intellettuali di sinistra e di destra. Nella stessa cronaca politica giovanile sembra caduta la barriera sanguinosa che oppose nei '70 giovani fascisti e giovani antifascisti. Il "movimento dell'85" è sembrato voler escludere dal corteo ufficiale i ragazzi del Fronte della gioventù, ma ha altrettanto escluso di far baruffa con loro. La guerra civile tra giovani, che nei '70 e primissimi '80 ha fatto centinaia di vittime, sembra finalmente chiusa».

campo hobbit

Alla fine degli anni '80, dopo l'avvicendamento alla guida del MSI con la segreteria del giovane Gianfranco Fini, la successiva scomparsa dei due leader storici del partito, Giorgio Almirante e Pino Romualdi, e una fase di crisi politico-elettorale, la destra -culturale e politica- tra contraddizioni, lacerazioni e spinte in avanti, si trova di fronte all'escalation della storia che sta per arrivare. 

Quel «polo escluso» -cosi battezzato dal titolo di un libro del 1989 del politologo Piero Ignazi- si trovava di fronte alla sfida e alla necessità di dover diventare «polo incluso».

 Dei processi evolutivi della destra di quegli anni, Giovanni Tassani ha sottolineato «il lavorio prodottosi a destra e quindi a favore di quel settore politico, a seguito delle innovazioni introdotte dalla nuova destra: senza l'esperienza di essa, difficilmente il Fronte della Gioventù avrebbe potuto modernizzarsi e ricominciare a interloquire con giovani di esperienza diversa, né la corrente modernizzatrice missina di Domenico Mennitti e Beppe Niccolai avrebbe potuto reggere l'esperienza di una rivista decorosa e leggibile come "Proposta" tra il 1986 e il 1989...».

fdg 1985

Nel mezzo di questo fermento, arriva il grande evento internazionale che chiude il Novecento: 

cade il muro di Berlino. E, come in un domino, cominciano a cadere tutti i muri del dopoguerra. Anche quelli italiani. Agli inizi degli anni '90 la Lega comincia a erodere il bacino elettorale democristiano. E dopo il gesto di pietà di Pertini dell'83, un altro presidente della Repubblica scendeva in campo contro gli ultimi tentativi di criminalizzare la destra. 

montesarchio

Francesco Cossiga esprimeva le sue pubbliche scuse per le sue dichiarazione con le quali all'indomani della strage di Bologna aveva attribuito una paternità «fascista» a quella strage. E la rottura di un altro tabù si imponeva, il 5 aprile 1992, con le elezioni che riportano anche il nome di Mussolini (Alessandra) dentro la Camera dei deputati. Tanti muri cadevano, tante ipotesi si aprivano. 

Si arrivò anche a leggere che un personaggio come Vittorio Sgarbi si fosse lasciato scappare di bocca: «I democristiani? Meglio i fascisti». E poi venne Tangentopoli: crollavano equilibri quarantennali, niente sembrava più intoccabile ed eterno, si rimetteva in gioco una possibilità di comunicazione tra politica e società. È la stagione che, da destra, può essere rappresentata dalle battaglie giornalistiche de "l'Indipendente" di Vittorio Feltri e de "l'Italia settimanale" di Marcello Veneziani. In qualche modo "Nero è bello" diventa uno slogan sempre più diffuso.

vauso e s.oro

L'onda lunga del fenomeno avrà il suo approdo simbolico in un altro piccolo evento mediatico che però, questa volta, segnerà per la destra il passaggio dalla metapolitica alla politica vera e propria. E come era stato per quel 4 dicembre del 1980, ancora una volta sarà la televisione a dare il «la». 

La trasmissione è "il Rosso e il Nero", su Rai Tre: il conduttore, Michele Santoro si collega con Sandro Ruotolo da piazza Campo de' Fiori a Roma. Nella capitale non c'è più la maggioranza al Comune e si profila un voto anticipato con la nuova legge che prevede l'elezione diretta del sindaco. «Diteci voi il vostro sindaco», così Santoro lancia il sondaggio tra i telespettatori romani per individuare i possibili candidati. 

lecce anticomunista

Dopo quasi tre ore di trasmissione, la sorpresa. Al secondo posto nel sondaggio, dopo Francesco Rutelli -già autocandidatosi da qualche mese- spunta l'inatteso nome del segretario del MSI, Gianfranco Fini: 1206 telefonate dei cittadini contro le 284 di Renato Nicolini, le 73 di Marco Pannella, le 33 di Franco Carrara, e lo zero assoluto agli uomini dell'area democristiana. 

Nasce in quello studio televisivo l'intuizione che porterà la destra postfascista a un'altra «prima volta»: quella del governo. Finisce con "Il Rosso e il Nero" la lunga storia del «polo escluso».

È l'8 aprile 1993, Rai Tre, prima serata.

Scritto da Luciano Lanna e Filippo Rossi

da "Fascisti immaginari" Vallecchi, 2003 - www.vallecchi.it

http://www.beppeniccolai.org/nero_bello.htm

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