giovedì 19 ottobre 2023

BRIGANTAGGIO - Rivolta nell'Irpinia | CULTURA

Rivolta nell'Irpinia

La reazione di Ariano

La prima “reazione” di colore politico, scoppiò ad Ariano Irpino nei primi giorni di settembre del 1860 mentre Garibaldi entrava da vincitore a Napoli. Nelle file dei Liberali d'Avellino, diversi religiosi avevano abbracciato l'idea dell'Unità d'Italia. Altrettanti propendevano per la causa Borbonica.

Nell'arcivescovado d'Ariano il Vicario Vitandrea de Risi, aveva creato un centro di reazione vicino al governo dei Borbone con altri religiosi. Questi erano pronti a sobillare i contadini alla reazione contro i Liberali. Alla rapida avanzata di Garibaldi, dopo la conquista della Sicilia, e alla totale liquefazione dell'Esercito borbonico, la reazione in alcune province fu organizzata dai contadini, da una piccola frangia di religiosi e da pochi notabili.

Ad Ariano Irpino, la reazione incominciò il 4- 5 settembre 1860, Garibaldi non era ancora entrato a Napoli (7 settembre). Il giorno 3 era giunta in città una delegazione di filo Garibaldini, per formare un Governo provvisorio. Il giorno successivo, arrivò nella cittadina e accolta con diffidenza dalla popolazione, una colonna di circa 300 militi, provenienti dai paesi vicini. Questa era comandata da Camillo Miele d'Andretta, Giovanni Cipriani, Luigi Bianchi e Antonio Ciani.

In una concitata riunione con i Liberali locali, nel palazzo vescovile, il de Conciliis assumeva, in nome di Vittorio Emanuele Re e Garibaldi Dittatore, il comando supremo dell'esercito insurrezionale. La notizia si propagò subito per la città e per le campagne.

Verso le ore 12, fu dato il segnale della rivolta con il suono delle campane delle chiese di campagna e con le tofe (conchiglie in uso dai contadini per comunicare da un villaggio all'altro). I terrazzani, scrive Camillo Miele nella lettera pubblicata dal giornale “Il Nomade” del 13 settembre 1860 “... come branchi di segugi scatenati ed armati di picche, moschetti, scure, pistole e pugnali si fecero ad irrompere per la via superiore d'Ariano, altri per quella che mena ad Avellino, altri per diversi spazi della città, con lo scopo di sopraffare i forestieri venuti a rubare il loro Sant'Oto (protettore d'Ariano) a violentare le donne ed a saccheggiare le loro sostanze(1).

Sant'Oto

Contro tre-quattromila rivoltosi, il comitato liberale fu costretto, con i circa trecento militi, a lasciare il paese, senza sparare un colpo, e dirigersi verso Grottaminarda. Lungo la strada la colonna fu attaccata dai rivoltosi nascosti dietro le siepi. Nella sparatoria diversi persero la vita e molti furono feriti.

Fra questi rimase ucciso il sacerdote liberale don Leone Frieri di Cairano che, scrive V. Cannaviello: “prima di morire si era tolto dal petto un fiore di lana a tre colori e se l'era posto in bocca per dare l'ultimo bacio a quel simbolo dell'Unità d'Italia”. (2)

Dopo la sanguinosa giornata, furono percorse le strade del paese portando in trionfo le statue di Francesco II e di Maria Sofia al grido di viva il Re e la Regina. Scrive F. Zerella, nella Reazione d'Ariano nel settembre 1860 “...che a causa del disordine e del tumulto le due statue caddero a pezzi e di una restò la sola testa di Francesco II, la quale infilata su di un grosso bastone cominciò a fare il giro del paese con le grida dei dimostranti che questa volta gridavano viva la capa de lu Re”.

Francesco II e di Maria Sofia

Sul numero dei  caduti di quel giorno le cifre sono contrastanti: chi parla di 30 morti e cinque feriti, alcuni dicono 33, mentre furono 200, secondo gli storici Nisco e De Cesare. (3)

In quei giorni, proveniente da Cerignola, giunse ad Ariano anche una colonna borbonica, forte di seimila uomini al comando del generale Flores. Il giorno 9 lungo la strada tra Campanarello e Pietradeifusi, gli uomini di De Marco e del Brienza (liberali), che accorrevano per liberare Ariano, catturarono il generale Borbonico Flores che stava fuggendo in carrozza con moglie e figli diretto a Napoli. Questi, ammanettato, fu condotto in Ariano davanti ai suoi soldati per convincerli ad arrendersi. La colonna armata, priva del suo comandante, il 10 settembre gettava le armi e abbandonava il campo. I militari cercavano di vendere i loro fucili e le munizioni per acquistare vestiti borghesi e tornare a casa.

Nel pomeriggio del 13, dopo la resa delle forze borboniche, i volontari, “I cacciatori Irpini”, al comando del maggiore De Marco, entrarono in città senza incontrare resistenza. Il giorno dopo arrivò anche la legione del Molise e del Matese. Furono arrestati diversi reazionari e molti religiosi; fra questi ultimi: il canonico Forte, il francescano Luigi Ciardulli ed i sacerdoti Giuseppe Santosuosso e Nicola Vernacchia. Molti rivoltosi riuscirono a fuggire fra i quali il canonico Forti, ritenuto dal Governatore Nicola De Luca, in una relazione inviata il 14 aprile 1861 al Segretario generale del Ministero dell'Interno in Napoli “...uomo sedizioso contro del quale ho elementi che abbia agito nell'ultima cospirazione...”.(4)

Nei moti d'Ariano, molti furono i religiosi che da una parte e dall'altra parteciparono agli avvenimenti. Alcuni credevano alla loro missione, altri erano solo strumentalizzati  per accattivarsi la simpatia dei contadini, che credevano a tutto ciò che dicevano e facevano i preti. Per questo i rappresentanti del nuovo Governo ritenevano i religiosi un potere a parte. (5)

Stefano Turr

Come abbiamo notato in questa reazione e in altre del mese di settembre, non vi fu nessuna azione di Briganti ma solo reazione di poveri contadini e della popolazione che durante la rivolta massacrarono 140 liberali e Guardie nazionali, affluiti dai paesi vicini. Subito dopo, la ribellione si estese a Montemiletto, Torre le Nocelle, Montefalcione, Dentecane, Bonito, Pietradifusi, S. Angelo dei Lombardi e Monteverde. La rivolta infine fu domata dagli uomini del garibaldino Tùrr. Nella prima quindicina di settembre, altri moti popolari si ebbero a S. Antimo, Marcianise, Vasto, a Gallo e a Letino sul Matese e in alcune località del Molise. (6)

Note

Fonte: Alle radici del brigantaggio di Pietro Zerella Parte XV

1Samnium, ibidem, p.30.

2Samnium, anno XXXIV Gennaio-Giugno 1961 n.1-2, Avellino e l'Irpinia di V. Cannaviello, o.c. p.14.

3- Samnium, La Reazione d'Ariano nel Settembre 1860 di F. Zerella, o.c. p.33.

4- Samnium anno XXXIX Gennaio-Giugno 1966, varietà e Postille p.148-149.

5- Pagliara Fulvio e Nicola Cuciniello, Ricerche storiche sull'Irpinia, Storia di Montefalcione, Ed. Roma-Foggia, 1990, p.117.

6- Franco Molfese, Storia del brigantaggio dopo l'Unità, o.c.)

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