lunedì 2 ottobre 2023

René Guénon - La crisi del mondo moderno | Cap. 9 parte I - Qualche conclusione

La crisi del mondo moderno

Cap. 9 - Qualche conclusione

In questo studio, abbiamo voluto mostrare soprattutto come l’applicazione dei dati tradizionali permetta: di risolvere le questioni che attualmente si pongono nella maniera più immediata, di spiegare lo stato presente dell’umanità terrena e contemporaneamente di giudicare tutto ciò che costituisce propriamente la civiltà moderna in base alla verità e non secondo delle regole convenzionali o delle preferenze sentimentali.

D’altronde, non abbiamo avuto la pretesa di esaurire l’argomento, di trattarlo nei minimi particolari, né di svilupparlo completamente in tutti i suoi aspetti senza dimenticarne alcuno; del resto, i principi a cui ci ispiriamo costantemente ci obbligano a presentare delle vedute essenzialmente sintetiche e non analitiche come quelle del sapere «profano»; ma queste vedute, proprio perché sono sintetiche, si spingono assai lontano in direzione di una vera spiegazione, molto più di quanto accada per un’analisi qualunque, la quale non ha in realtà che un semplice valore descrittivo. 

In tutti i casi, riteniamo di aver detto abbastanza per permettere, a coloro che sono in grado di comprendere, di trarre da sé almeno una parte delle conseguenze contenute implicitamente in ciò che abbiamo esposto; e costoro si persuadano che questo lavoro sarà di ben altro profitto che una lettura che non lascerebbe alcun posto alla riflessione ed alla meditazione; per le quali invece noi abbiamo voluto fornire solo un punto di partenza appropriato, un appoggio sufficiente per elevarsi al di sopra della vana moltitudine delle opinioni individuali.

Ci restano da dire poche parole su ciò che potremmo chiamare la portata pratica di un tale studio; se ci fossimo attenuti alla pura dottrina metafisica, questa portata avremmo anche potuto trascurarla o disinteressarcene, dato che in rapporto alla metafisica pura ogni applicazione non è che contingenza ed accidente; ma, in questo caso, è proprio di applicazioni che si tratta. 

D’altronde, queste ultime, al di fuori di ogni punto di vista pratico, hanno una doppia ragion d’essere: esse sono le conseguenze legittime dei principi, il normale sviluppo di una dottrina che, essendo una ed universale, deve abbracciare tutti gli ordini della realtà, senza eccezioni; e, in pari tempo, esse sono anche, almeno per alcuni, un mezzo preparatorio per elevarsi ad una conoscenza superiore, così come abbiamo spiegato a proposito della «scienza sacra». 

Inoltre, quando si è nel dominio delle applicazioni, è permesso considerarle anche in se stesse e secondo il loro specifico valore, fermo restando che questo non deve mai condurre a perdere di vista il loro collegamento con i principi; giacché questo pericolo è assai reale, visto che è proprio da qui che deriva la degenerazione che ha dato vita alla «scienza profana»; mentre esso è inesistente per coloro che sanno che tutto deriva e dipende interamente dalla pura intellettualità e ciò che non deriva coscientemente da essa non può essere che illusorio.

Come abbiamo ormai ripetuto molto spesso, tutto deve iniziare con la conoscenza; e ciò che sembra essere il più lontano dall’ordine pratico si trova comunque ad essere il più efficace in questo stesso ordine, poiché si tratta di qualcosa senza il quale è impossibile compiere alcunché di realmente valido, se non una vana e superficiale agitazione; e ciò vale in questo come in qualsiasi altro caso.

Per tornare in particolare alla questione in argomento, possiamo dunque dire che, se tutti gli uomini comprendessero che cos’è veramente il mondo moderno, ben presto questo cesserebbe d’esistere, poiché la sua esistenza, al pari di quella dell’ignoranza e di tutto ciò che è limitazione, è puramente negativa; essa sussiste solamente in forza della negazione della verità tradizionale e sopra-umana. In tal modo, questo cambiamento si produrrebbe senza alcuna catastrofe, cosa questa che sembra quasi impossibile per tutt’altra via; abbiamo dunque torto quando affermiamo che una tale conoscenza è suscettibile di conseguenze pratiche veramente incalcolabili? 

Per altro verso, però, appare sfortunatamente molto difficile ammettere che tutti possano giungere a questa conoscenza, dalla quale la maggior parte degli uomini è certamente più lontana di quanto sia mai accaduto; vero è che una cosa del genere non è per niente necessaria, poiché basta un’élite poco numerosa, ma costituita assai saldamente, per dare una direzione alla massa, che obbedirebbe alle sue suggestioni senza neanche avere la minima idea della sua esistenza e dei suoi mezzi d’azione; ora, la effettiva costituzione di una tale élite è ancora possibile in Occidente?

Non è nostra intenzione ritornare su quello che abbiamo detto in altra sede circa il ruolo dell’élite intellettuale nelle diverse circostanze che è possibile intravedere come probabili in un avvenire più o meno imminente; per cui ci limiteremo alle seguenti considerazioni. Quale che sia il modo con cui si compie il cambiamento che costituisce quello che si può chiamare il passaggio da un mondo ad un altro, si tratti di cicli più estesi o meno estesi e indipendentemente dal fatto che si presentino o meno le apparenze di una brusca rottura, questo cambiamento non implica mai una discontinuità assoluta, poiché vi è una concatenazione causale che collega tutti i cicli fra loro. 

L’élite di cui parliamo, se riuscisse a costituirsi ancora in tempo, potrebbe preparare il cambiamento in maniera tale che esso si produca nelle condizioni più favorevoli, di modo che il disordine che l’accompagna inevitabilmente potrebbe essere in qualche modo ridotto al minimo; ma, anche se non fosse così, essa avrebbe sempre da assolvere un altro compito, ancora più importante, quello di contribuire alla conservazione di ciò che deve sopravvivere al mondo attuale e deve servire all’edificazione del mondo futuro. 

È evidente che per preparare la risalita non bisogna per forza attendere che la discesa sia finita, visto che si sa che questa risalita avrà luogo necessariamente, perfino se non si potesse evitare che la discesa sfoci in qualche cataclisma; così stando le cose, in tutti i casi il lavoro effettuato non andrebbe perduto: non potrebbe esserlo né per quanto riguarda i benefici che l’élite ne trarrebbe per se stessa né per quanto attiene ai risultati relativi all’intera umanità.

Ora, ecco in che modo è opportuno considerare le cose: nelle civiltà orientali l’élite esiste ancora e, pur ammettendo che andrà via via riducendosi a fronte dell’invasione moderna, continuerà ad esistere fino alla fine, perché è necessario che sia così allo scopo di conservare il deposito della tradizione che non potrebbe perire ed allo scopo di assicurare la trasmissione di tutto ciò che dev’essere conservato. 

In Occidente, invece, l’élite oggi non esiste più; ci si può dunque chiedere se essa si riformerà prima della fine della nostra epoca, il che equivale col chiedersi se il mondo occidentale, malgrado la sua deviazione, avrà una parte in questa conservazione ed in questa trasmissione; se non si verificherà una tale eventualità si avrà di conseguenza la sparizione totale della sua civiltà, poiché questa non conterrà più alcun elemento utilizzabile per l’avvenire, visto che sarà sparita ogni traccia dello spirito tradizionale. 

La questione, così posta, può non avere che un’importanza molto secondaria in ordine al risultato finale; tuttavia essa presenta ugualmente un certo interesse da un punto di vista relativo, punto di vista che noi dobbiamo prendere in considerazione dal momento che abbiamo deciso di tener conto delle particolari condizioni del periodo in cui viviamo. 

In linea di principio, ci si potrebbe accontentare di rilevare che questo mondo occidentale è, malgrado tutto, una parte dell’insieme da cui sembra essersi staccato a partire dall’inizio dei tempi moderni, e che, nell’ultima integrazione del ciclo, tutte le parti in qualche modo devono ritrovarsi; ma ciò non implica necessariamente una restaurazione preliminare della tradizione occidentale, poiché questa può benissimo conservarsi, alla sua stessa fonte, allo stato di possibilità permanente e indipendentemente dalla forma speciale che ha rivestito in un dato momento. 

Peraltro, qui ci limitiamo a delle semplici indicazioni, poiché, per comprendere a pieno tale questione, occorrerebbe far intervenire la considerazione dei rapporti esistenti fra la tradizione primordiale e le tradizioni subordinate, cosa che non possiamo pensare di fare in questa sede. 

Comunque, una eventualità siffatta corrisponde al caso più sfavorevole per il mondo occidentale preso di per sé, ed il suo stato attuale può far temere che si tratti proprio del caso che si realizzerà effettivamente; tuttavia, noi abbiamo detto che vi sono dei segni che permettono di pensare che la speranza di una soluzione migliore non è ancora andata perduta definitivamente.

Scritto da René Guénon

La crisi del mondo moderno

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