mercoledì 30 novembre 2022

Carlo Marx e le Forche Caudine #1 | perle

Carlo Marx e le Forche Caudine #1

Lo Schiaffo 321 è una cinghia di trasmissione culturale capace di trattare argomenti anche eretici o diametralmente opposti alla linea di pensiero incarnata nel tempo. Durante lo studio dei testi dello storico Pier Paolo Poggio ci siamo imbattuti in Marx, Engels e la rivoluzione russa, tratto dal primo numero dei Quaderni di Movimento Operaio e Socialista, dati alla stampa nel luglio 1974. All'interno dell'analisi abbiamo avuto la conferma, dopo qualche avvisaglia, dell'uso delle "nostre" Forche Caudine come espressione illuminante vergata dall'ideologo tedesco proprio per spiegare un aspetto del marxismo, fenomeno imploso per inconsistenza negli anni Novanta in molti angoli del pianeta. 

Pubblicheremo altri articoli su questo aspetto abbastanza particolare che lega la celebre battaglia del 321 avanti Cristo al Marxismo ortodosso, ideologia capace di generare milioni di morti, impuniti e scomodi, in virtù della fantomatica  (in)giustizia del Proletariato.

Buona lettura.


La comune agricola: "il primo raggruppamento sociale di uomini liberi"

“La comune agricola pur rientrando nella formazione primaria si distingue da tutti i tipi arcaici perché a differenza di questi non è basata su rapporti immediati (naturali) di consanguineità. Essa rappresentò “il primo raggruppamento sociale di uomini liberi, non vincolati strettamente dai legami di sangue” (1). 

Nella comune agricola la casa e la corte rustica appartengono già in privato al coltivatore. La terra coltivabile invece è proprietà inalienabile e comune, viene però periodicamente divisa in modo tale che ognuno sfrutta in proprio i campi a lui assegnati e si appropria dei prodotti. Rispetto alle forme più primitive si ha quindi un certo sviluppo del sistema del lavoro e dell’appropriazione privata. Per cui si può classificare la comune agricola come l’ultimo tipo della formazione arcaica, e momento di transizione alla formazione secondaria. Ma questo sviluppo non è obbligatorio, l’elemento collettivo può anche imporsi su quello privato, tutto dipende dall’ambiente storico in cui la comune è collocata (2). 

Questo è il punto fondamentale da tener presente affrontando il problema del destino della comune russa. Altre generalizzazioni non sono lecite né possibili dato lo stadio delle ricerche: “La storia della decadenza delle comunità primitive (…) non è ancora stata fatta. Fino ad oggi sono stati fatti scarni abbozzi. In ogni modo l’esplorazione è abbastanza avanti per poter affermare: 

1. che la vitalità delle comunità primitive  era incomparabilmente più grande di quella delle società semitiche, greche, romane, ecc., e quindi di quella delle moderne società capitalistiche; 

2. che le cause della loro decadenza derivano da fattori economici che impedivano loro di superare un certo grado di sviluppo, in ambienti storici per nulla analoghi all’ambiente storico dell’attuale comune russa” (3). 

Secondo Marx, dal punto di vista dell’evoluzione storica, c’è un solo argomento serio che si possa avanzare a favore della tesi della ‘fatale dissoluzione’ della proprietà comunale in Russia. “La proprietà comunale è esistita ovunque nell’Europa occidentale, ovunque è scomparsa con l’avanzare del progresso sociale (…), in che modo potrebbe sfuggire allo stesso destino in Russia?” (4). Lo sforzo di Marx va quindi innanzi tutto nel senso di spiegare i motivi che lo inducono a limitare la validità di un tale argomento alle esperienze europee (5). 

Si tratta perciò di affrontare direttamente il problema delle peculiarità della situazione russa. Un primo dato balza evidente: 

La Russia è il ‘solo paese europeo’ in cui la “comune agricola” si sia mantenuta fino ad oggi su scala nazionale…come forma quasi predominante della vita popolare, diffusa su un immenso Impero… non già in residui sparsi” (6). Questo mentre in Europa occidentale la morte della proprietà comunale e la nascita della produzione capitalistica sono separate l’una dall’altra da un intervallo immenso che comprende tutta una serie di evoluzioni e di rivoluzioni economiche che solo in ultimo hanno condotto alla produzione capitalistica (7). 

Ora, “se la Russia si trovasse isolata dal resto del mondo essa dovrebbe elaborare da sola le conquiste economiche, acquisite dall’Europa occidentale soltanto dopo un lungo percorso e una lunga serie di evoluzioni a partire dall’esistenza primitiva fino ai nostri giorni. Non vi sarebbe allora, almeno ai  miei occhi, nessun dubbio che tali comunità sarebbero fatalmente condannate a perire con lo sviluppo della società russa. Ma la situazione della comune russa è assolutamente diversa da quelle delle comunità primitive dell’Occidente (8). 

La Russia non è isolata dal resto del mondo e può approfittare della contemporaneità della produzione capitalistica, dominante il mercato mondiale, appropriandosene le acquisizioni positive “senza passare sotto le sue Forche Caudine” (9). 

Da questo punto di vista il modo di produzione capitalistico costituisce la premessa necessaria di una formazione superiore ma solo in un senso ristretto e delimitato: il capitalismo crea la base materiale necessaria portando il livello tecnologico al punto in cui è possibile un libero sviluppo delle forze produttive organizzate su base collettiva (10). 

A coloro che negavano la possibilità di utilizzare le acquisizioni positive elaborate dal modo di produzione capitalistico senza spezzare la struttura sociale costituita dalla comune rurale e passando quindi direttamente ad una forma superiore, Marx fa osservare che anche il capitalismo si imponeva in Russia saltando tutta una serie di tappe e presentandosi ‘formalmente’ al livello più alto del suo sviluppo.

 “Se i sostenitori del sistema capitalistico in Russia negano la possibilità di una tale combinazione, dimostrino pure che la Russia, per sfruttare le macchine, è stata costretta a passare per un periodo di incubazione della produzione meccanica! Che mi spieghino in che modo sono riusciti  ad introdurre nel loro paese, in qualche giorno per così dire, i meccanismi dello scambio (banche, società di credito, ecc.) la cui elaborazione è costata secoli all’Occidente” (11). 

 


fonte: [Pier Paolo Poggio, Marx, Engels e la rivoluzione russa, Quaderni di Movimento Operaio e Socialista, N° 1, luglio 1974] 

autore: P.P.P. nasce ad Acqui Terme (AL), e vive ad Ovada (AL). Si laurea nel 1971 presso l'Università di Genova con una tesi su Marx, Engels e la Russia, parzialmente edita (1974). È consulente della Biblioteca della Fondazione Feltrinelli di Milano per la sezione russa dal 1971 al 1990. Dirige la Fondazione "Luigi Micheletti", il Museo dell'Industria e del Lavoro "Eugenio Battisti" di Brescia, nonché la rivista "Studi Bresciani". Dal 1974 al 1994 partecipa all'azione in difesa dell'ambiente nel Basso Piemonte militando in "Italia Nostra". Ha scritto saggi sulla storia del movimento operaio italiano e sulla seconda guerra mondiale e curato numerose pubblicazioni, quali La Repubblica Sociale Italiana 1943-1945 (1986), Memoria dell'industrializzazione. Significati e destino del patrimonio storico-industriale in Italia (1987), Ethnos e Demos. Dal leghismo al neopopulismo (1995), Una storia ad alto rischio. L'Acna e la Valle Bormida (1996). Tra i suoi scritti: L'obscina. Comunità contadina e rivoluzione in Russia (1978), Nazismo e revisionismo storico (1998).

note

(1) K, Marx, Terzo abbozzo, cit., p. 274, lettera di K. Marx a V. Zasulic 8.3.1881, in ‘Sulle società precapitalistiche’, 1970

(2) K. Marx, Ibidem, p. 276.

(3) K. Marx, Primo abbozzo, cit, p. 257 n.. 

(4) K. Marx, Secondo abbozzo, cit, p. 269. 

(5) K. Marx, Terzo abbozzo, cit, p. 273.

(6) K. Marx, Primo abbozzo, cit, pp. 260-61.

(7) K. Marx, Secondo abbozzo, cit, p. 269

(8) K. Marx, Ibidem, pp. 269-70

(9) K. Marx, Primo abbozzo, cit., p. 260.

(10) K. Marx, Il Capitale, Libro I, cit, pp. 111 e 551.

(11) K. Marx, Secondo abbozzo, cit, p. 270. 

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