giovedì 25 marzo 2021

René Guénon - AUTORITÀ SPIRITUALE E POTERE TEMPORALE (1929) | cap. III


CONOSCENZA E AZIONE_3

In precedenza abbiamo detto che i rapporti tra i due poteri spirituale e temporale sono determinati da quelli tra i loro rispettivi ambiti; ricondotta così al suo principio, la questione ci sembra molto semplice perché si riduce in fondo a quella dei rapporti tra conoscenza e azione.[…]

La conoscenza per eccellenza, la sola che meriti veramente questo nome nel suo pieno significato, è la conoscenza dei princìpi, indipendentemente da ogni applicazione contingente, e appartiene esclusivamente a chi possiede l’autorità spirituale, poiché nulla in essa dipende dall’ordine temporale, anche inteso nell’accezione più ampia. Quando si passa invece alle applicazioni, ci si riferisce all’ordine temporale, perché allora la conoscenza non è più considerata unicamente in sé e per sé, ma in quanto dà all’azione la sua legge[…]. (p. 47)

È evidente che il potere temporale, nelle sue varie forme, militare, giudiziaria e amministrativa, è interamente impegnato nell’azione; per le sue attribuzioni, quindi, è racchiuso negli stessi confini dell’azione, cioè nei confini del mondo che possiamo dire propriamente «umano», comprendendo peraltro questo termine possibilità molto più ampie di quelle che si prendono normalmente in considerazione.

Per contro, l’autorità spirituale si fonda interamente sulla conoscenza, poiché, come si è visto, la sua funzione essenziale è la conservazione e l’insegnamento della dottrina, e il suo ambito è illimitato come la verità stessa: ciò che le è riservato dalla natura stessa delle cose, ciò che cessa non può comunicare a uomini le cui funzioni sono di un altro ordine  e questo perché, le loro facoltà non lo consentono, è la conoscenza trascendente e « suprema »[…]. (p. 48)

Deve essere ben chiaro che non si tratta della volontà della casta sacerdotale di conservare solo per sé la conoscenza di certe verità, ma di una necessità che discende direttamente dalle differenze di natura esistenti tra gli esseri, differenze che, abbiamo detto, sono la ragione d’essere e il fondamento della distinzione delle caste. Gli uomini fatti per l’azione non sono fatti per la conoscenza pura, e in una società costituita su basi veramente tradizionali ciascuno deve svolgere la funzione per cui è realmente «qualificato»; altrimenti tutto è confusione e disordine, nessuna funzione è eseguita come dovrebbe, e ciò è appunto quanto accade attualmente. (pp. 48-49)

Ma torniamo ai rapporti tra conoscenza e azione[…].

Abbiamo mostrato come l’antitesi tra Oriente e Occidente, allo stato attuale delle cose, sia in definitiva riconducibile a questo: l’Oriente conserva la superiorità della conoscenza sull’azione, mentre l’Occidente moderno afferma al contrario la superiorità dell’azione sulla conoscenza, quando non si spinga fino alla completa negazione dì quest’ultima; 

parliamo dell’Occidente moderno soltanto, perché nell’antichità e nel Medioevo la situazione era completamente diversa. Tutte le dottrine tradizionali, sia orientali sia occidentali, sono unanimi nell’affermare la superiorità, e anzi la trascendenza, della conoscenza nei confronti dell’azione, rispetto alla quale essa svolge in certo modo il molo del «motore immobile» di Aristotele[…] (pp. 50-51)

L’autorità spirituale, proprio perché implica tale conoscenza, possiede anch’essa in sé l’immutabilità;

il potere temporale, invece, è soggetto a tutte le vicissitudini del contingente e del transitorio, a meno che un principio superiore non gli comunichi, nella misura compatibile con la sua | natura e il suo carattere, la stabilità che esso non può possedere con i propri mezzi. 


Il principio può essere soltanto quello rappresentato dall’autorità spirituale; il potere temporale ha dunque bisogno, per sussistere, di una consacrazione che gli provenga da essa; 

è tale consacrazione a determinare la sua legittimità, cioè la sua conformità all’ordine stesso delle cose. 

Questa era la ragion d’essere dell’«iniziazione regale», che abbiamo definito nel capitolo precedente; e in ciò consiste propriamente il «diritto divino» dei re, o quello che la tradizione estremo-orientale chiama «mandato celeste»: l’esercizio del potere temporale in virtù di una delega da parte dell’autorità spirituale a cui, questo potere appartiene «eminentemente», come spiegavamo allora. 

Ogni, azione che non proceda dalla conoscenza manca di principio e non è che vana agitazione; ogni potere che non si riconosca subordinato all’autorità spirituale è del pari vano e illusorio; separato dal suo principio, potrà esercitarsi soltanto in modo disordinato e correrà fatalmente verso la rovina. (pp. 52-53)

Penetrata la natura delle cose, le conoscenze raggiungono il grado più elevato. Quando le conoscenze sono arrivate al grado più elevato, la volontà diventa perfetta. (p. 53)

È facile comprendere ora che il capovolgimento dei rapporti tra conoscenza e azione, in una civiltà, è conseguenza dell’usurpazione della supremazia da parte del potere temporale; quest’ultimo, di fatto, dovrà allora sostenere che non vi è alcuna sfera superiore alla propria, la quale è appunto la sfera dell’azione. Tuttavia, se le cose si fermano qui, non arrivano ancora al punto in cui le vediamo oggi e nel quale alla conoscenza è negato ogni valore; perché questo avvenga, occorre che anche gli Kshatriya siano stati privati del potere da parte delle caste inferiori. (p. 54)


Invece, quando gli elementi corrispondenti alle funzioni sociali di ordine inferiore arrivano a loro volta a dominare, scompare del tutto ogni dottrina tradizionale, anche mutilata o alterata; non sopravvive il più piccolo vestigio della «scienza sacra», e si instaura il regno del «sapere profano», cioè dell’ignoranza che si spaccia per scienza e si compiace nel suo nulla. 

Tutto ciò può riassumersi in poche parole: la supremazia dei Brahmani conserva l’ortodossia dottrinale, la rivolta degli Kshatriya conduce all’eterodossia; ma con la dominazione delle caste inferiori cala la notte intellettuale, ed è a questo stadio che è arrivato oggi l’Occidente, il quale, peraltro, minaccia di diffondere le proprie tenebre sul mondo intero. (p.56)

Scritto da René Guénon

Stralci tratti da ADELPHI – Collana PICCOLA BIBLIOTECA ADELPHI n. 661 – 2014

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