mercoledì 12 maggio 2021

René Guénon - AUTORITÀ SPIRITUALE E POTERE TEMPORALE (1929) | cap. VIII

PARADISO TERRESTRE E PARADISO CELESTE _8

Più interessante è comprendere quel che avrebbe dovuto essere veramente l’imperatore, e che cosa abbia dato i origine all’errore che lo indusse a scambiare la f sua supremazia relativa per una supremazia assoluta. La distinzione tra Papato e Impero nasceva in | qualche modo da una divisione dei poteri che,  nell’antica Roma, si trovavano riuniti in una sola persona, giacché allora l’lmperator era al tempo stesso Pontifex Maximus



in altri termini, è di nuovo l’errore che consiste nell’assumere il rapporto tra i due poteri come un rapporto di coordinazione, mentre si tratta di un rapporto di subordinazione, giacché, dal momento in cui sono separati, l’uno procede direttamente dal principio supremo, l’altro ne procede solo indirettamente; ci siamo già spiegati a sufficienza sull’argomento perché sia necessario insistervi oltre.

Al termine del De Monarchia Dante definisce in modo chiarissimo le attribuzioni rispettive del Papa e dell’imperatore; ecco il passaggio fondamentale[…]. 

Perciò fu necessaria all’uomo una duplice guida, corrispondente al duplice fine: cioè il Sommo Pontefice che, secondo la Rivelazione, guidasse il genere umano alla vita eterna, e l’imperatore che, secondo gli insegnamenti filosofici, indirizzasse il genere umano alla felicità temporale.


Se ci rifacciamo a quanto abbiamo già spiegato, si vedrà senza difficoltà che la distinzione che fa Dante tra i due fini dell’uomo corrisponde esattamente a quella tra «piccoli misteri» e «grandi misteri», e anche, di conseguenza, a quella tra «iniziazione regale» e « iniziazione sacerdotale». L’Imperatore presiede ai «piccoli misteri», che riguardano il «Paradiso terrestre», cioè la realizzazione della perfezione dello stato umano;

il Sovrano Pontefice presiede ai «grandi misteri», che riguardano il «Paradiso celeste», cioè la realizzazione degli stati sovraumani, collegati allo stato umano dalla funzione «pontificale», intesa in senso strettamente etimologico.

 

L’uomo, in quanto uomo, da solo ovviamente non può raggiungere che il primo dei due fini, che si può dire «naturale», mentre il secondo è propriamente «sovrannaturale», poiché si situa al di là del mondo manifestato; la distinzione è dunque quella tra ordine «fisico» e ordine «metafisico». (pp.114-115)

Dante assegna dunque all’imperatore e al Papa la funzione di condurre l’umanità rispettivamente al «Paradiso terrestre» e al «Paradiso celeste»; la prima delle due funzioni viene adempiuta «secondo la filosofia», la seconda «secondo la Rivelazione»; questi sono termini, però, che richiedono una spiegazione accurata. 

E ovvio, infatti, che «filosofia» non va qui intesa nel suo significato ordinario e profano perché, se così fosse, sarebbe troppo manifestamente inadeguata a svolgere la funzione che le è assegnata; per comprendere di che cosa si tratti realmente, occorre restituire alla parola «filosofia» il suo significato primitivo, quello che aveva per i Pitagorici, che furono i primi a utilizzarla. 

Come abbiamo indicato altrove, questo termine, che etimologicamente significa «amore per la saggezza» designa innanzitutto una disposizione preliminare per pervenire alla saggezza, e può designare anche, per naturale estensione, la ricerca che, nascendo da questa disposizione, deve condurre alla conoscenza autentica; si tratta dunque di un semplice stadio propedeutico e preparatorio, un avvio alla saggezza, così come il «Paradiso terrestre» è una tappa lungo la via che porta al «Paradiso celeste». 

La «filosofia» così intesa si potrebbe chiamare, volendo, «saggezza umana», perché comprende l’insieme di tutte le conoscenze raggiungibili mediante le sole facoltà dell’individuo umano, facoltà che Dante sintetizza nella ragione, poiché è grazie a essa che l’uomo viene definito tale; ma la «saggezza umana», proprio perché umana, non è la vera saggezza, la quale si identifica con la conoscenza metafisica. (pp.116-117)

[…]così per la conoscenza di tutto ciò che oltrepassa lo stato umano le facoltà individuali si rivelano impotenti e sono necessari altri mezzi: a questo punto interviene la «Rivelazione», che è una comunicazione diretta degli stati superiori, comunicazione che, come precisavamo poco fa, è di fatto stabilita dal «pontificato». La possibilità della «Rivelazione» si fonda sull’esistenza di facoltà trascendenti rispetto all’individuo: qualunque sia il nome che viene dato loro[…]. (p.117)


In questa accezione, «Rivelazione» e «filosofia» corrispondono rispettivamente alle due parti che nella dottrina indù sono designate con i nomi Shruti e Smriti. 

[…]per spiegare i rapporti fra i due poteri, si potrebbe dire che il Papa deve conservare per sé la chiave d’oro del «Paradiso celeste» e affidare all’imperatore la chiave d’argento del «Paradiso terrestre»; e abbiamo visto poc’anzi che, nel simbolismo, la seconda chiave era talvolta sostituita dallo scettro, insegna più specifica della regalità.

Di fatto, ogni conoscenza che abbia veramente il carattere di « scienza sacra », di qualunque ordine essa sia, può essere a buon diritto costituita soltanto da coloro che, prima di tutto, possiedono in modo completo la conoscenza principiale, e perciò sono i soli qualificati per attuare, conformemente alla più rigorosa ortodossia tradizionale, ogni adattamento richiesto dalle circostanze di tempo e luogo; per questo gli adattamenti, quando sono effettuati in modo regolare, sono necessariamente opera del sacerdozio, al quale appartiene per definizione la conoscenza principiale; ecco perché soltanto il sacerdozio può conferire legittimamente l’«iniziazione regale», mediante la comunicazione delle conoscenze che la costituiscono. 

Da questo si può capire meglio come le due chiavi – considerate quelle della conoscenza nell’ordine «metafisico» e nell’ordine «fisico» – appartengano realmente entrambe all’autorità sacerdotale, e come la seconda sia affidata ai detentori del potere regale solo per delega, per così dire. Infatti, quando la conoscenza «fisica» è separata dal suo principio trascendente perde la sua principale ragion d’essere e non tarda a diventare eterodossa; appaiono allora, come abbiamo spiegato, le dottrine «naturalistiche», risultato dell’adulterazione delle «scienze tradizionali» da parte degli Kshatriya ribelli; 

è già un avvio verso la «scienza profana», che sarà opera delle caste inferiori e il segno del loro dominio nella sfera intellettuale, sempre che in un caso simile si possa ancora parlare di intellettualità. 

In questo campo, come in quello politico, la ribellione degli Kshatriya prepara dunque la via a quella dei Vaishya e degli Shùdra; ed è così che, di tappa in tappa, si arriva al più basso utilitarismo, alla negazione di ogni conoscenza disinteressata, anche di rango inferiore, e di ogni realtà che oltrepassi l’ambito sensibile; è quanto precisamente si può constatare nella nostra epoca, in cui il mondo occidentale è quasi arrivato all’ultimo stadio di questa discesa che, come la caduta dei gravi, diventa sempre più rapida. 

Scritto da René Guénon

Stralci tratti da ADELPHI – Collana PICCOLA BIBLIOTECA ADELPHI n. 661 – 2014

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