venerdì 9 dicembre 2022

CASO NAZIONALE - Il fallimento dell'Unione dei Comuni Caudini? Lo studiano le migliori Università d'Italia | perle

 


Il fallimento dell'Unione dei Comuni della Valle Caudina è diventato un caso nazionale da analizzare e studiare per capire le origini, le problematiche e le potenziali conseguenze della mancata applicazione dell'unione intercomunale che lega la Nuova Caudiumnel bene e nel male. 
La nostra Comunità da anni continua a puntare l'attenzione sulla necessità di preservare il futuro della nostra Terra con spirito Caudinista. Invitiamo all'attenta lettura, non solo i Sindaci della Valle, ma tutti coloro che sognano un domani migliore. L'Unione dei Comuni Caudini è stata analizzata dal mondo accademico nazionale all'interno di Confin(at)i/Bound(aries), un volume delle Memorie Geografiche della Società di Studi Geografici del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Trieste, proverbiale terra di confine tra due blocchi umani e socio culturali. 

Il contributo di Eleonora Guadagno analizza il caso della Valle Caudina, in Campania, una conca intermontana con caratteristiche geomorfologiche e pericoli naturali simili, ma il cui territorio è diviso tra le Province di Benevento e Avellino. Questa delimitazione amministrativa è risultata spesso ostacolo ad una gestione efficiente del pericolo idrogeologico presente nella valle. 

Nei fatti, il confine ha ridotto l’efficacia delle iniziative intraprese dai diversi attori istituzionali. Il processo di unione di Comuni distribuiti fra le Province di Benevento e Avellino, costituenti la “Città Caudina”, può aiutare a superare le divisioni amministrative e sviluppare una proposta integrata di prevenzione e mitigazione dei rischi collegati ai pericoli idrogeologici. Come indicato dall’autrice, questa unione territoriale si attesta quale strumento essenziale per ritrovare proprio nel nesso della gestione multi scalare del rischio la capacità di adattamento delle comunità locali ai pericoli del loro territorio.

Sono lieto di presentare - dichiara nell'introduzione il presidente Egidio Dansero della SSG - il volume delle Memorie della Società di Studi Geografici che raccoglie gli Atti della Giornata di studio in Geografia economico-politica “Oltre la globalizzazione”, organizzata il 13 dicembre 2019 presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Trieste.

La Giornata, che prosegue nel solco di una serie di appuntamenti annuali, giunti con quello triestino alla IX edizione, è stata costruita attorno alle parole chiave “Confin(at)i/Bound(aries)”, chiamando studiose e studiosi, non strettamente nell’ambito della geografia accademica, a confrontarsi con una pluralità di tematiche connesse al limite e al confine, di grande valenza sia sul piano scientifico, sia su quello civile e politico. L’incontro di Trieste è stato caratterizzato da una notevole partecipazione, nel numero dei partecipanti che hanno animato le sessioni plenarie e le 17 sessioni plenarie e nella qualità degli interventi e del dibattito scaturito. 

Gli Atti raccolgono l’insieme di riflessioni e ricerche presentate e lo consegnano ai soci della Società di Studi Geografici, a tutta la più ampia comunità geografica italiana, e a un confronto multidisciplinare che esce dall’ambito accademico per dialogare con il mondo politico e sociale, come si è riusciti a fare nella plenaria di apertura.

La raccolta, selezione e stampa dei quasi cento contributi è stata resa possibile grazie all’opera di un gruppo di colleghe e colleghi, i quali, come da consuetudine, hanno permesso la presentazione delle Memorie, che raccolgono i contributi della giornata 2019, a ridosso della Decima Giornata di studio in Geografia economico-politica che si svolgerà l’11 dicembre 2020. A tutto il gruppo organizzatore della Giornata e degli Atti (Giovanni ModaffariOrietta Selva e Dragan Umek), coordinato dal socio e amico Sergio Zilli, vanno i ringraziamenti del Consiglio e della Società di Studi Geografici.

Le proposte dei contributi pubblicati in questo volume sono state oggetto di un processo di valutazione e di selezione a cura del Comitato scientifico e degli organizzatori delle sessioni della Giornata di studio della Società di Studi Geografici. La valutazione e la selezione dei singoli abstract è stata gestita dai coordinatori di sessione, che i curatori ringraziano per aver discusso con gli autori contenuto e forma dei rispettivi articoli e infine per aver operato affinché questi ultimi siano coerenti con le norme editoriali previste

Riportiamo per le lettrici ed i lettori de Lo Schiaffo 321 il prezioso contributo della dott.ssa Eleonora Guadagno dal titolo emblematico: Superamento dei confini ed esperienza condivise: La Valle Caudina.

Buona lettura.

SUPERAMENTO DEI CONFINI ED ESPERIENZE CONDIVISE:

LA VALLE CAUDINA

INTRODUZIONE

In Italia la gestione del rischio è affidata al Dipartimento della Protezione Civile Nazionale; a livello locale, invece, i Piani attuativi sono in carico ai singoli Comuni, anche se – fatti recenti lo dimostrano – gli eventi calamitosi frequentemente ne travalicano i confini amministrativi (1). Come una vasta letteratura nazionale e internazionale ha ampiamente illustrato, infatti, la gestione emergenziale, prima, durante e dopo i disastri, è da considerarsi un’attività complessa che richiede livelli di governo del territorio ben coordinati (2)

In tale quadro di riferimento che suggerisce un approccio multiscalare al risk management, appare evidente in che modo aggregazioni di comuni possano potenzialmente superare le problematiche connesse alle varie fasi sia conoscitive sia gestionali del rischio, favorendone di una lettura sistemica che superi il deficit comunicativo tra le istanze della società civile, della politica e dell’economia (Calandra, 2012).

A titolo esemplificativo e nel solco dei dibattiti che analizzano, da un lato, la gestione del rischio (3) e, dall’altra, la proliferazione di enti intermedi nell’ambito del ritaglio amministrativo del Paese (4), nel presente contributo si prenderà in considerazione il caso della Valle Caudina, un’area circoscritta dalle analoghe problematiche, seppur singolarmente appartenente alle due provincie di Benevento e Avellino dove parte dei comuni ricadenti hanno costituito un’Unione interprovinciale (5).

Per questo motivo, al fine di indagare le azioni intraprese dagli attori locali e verificare le potenzialità dell’Unione in vista della riduzione della vulnerabilità ambientale a cui è soggetta l’area, dopo aver inquadrato l’ambito territoriale di riferimento, si procederà ad un’analisi dei maggiori rischi a cui è esposto, per poi illustrare un’iniziativa recente volta alla mitigazione di tali problematiche.

1. LA VALLE CAUDINA.

Lunga 10 km e larga 5, attraversata longitudinalmente dalla SS7 Appia nonché dalla ferrovia secondaria Benevento-Cancello, la Valle è delimitata a nord dal massiccio del Taburno, mentre a sud dalla catena del Partenio che segna il confine tra le province di Avellino e BeneventoCaserta e Napoli. Benché questi due confini siano distanti, il perimetro della piana – complessivamente pianeggiante o lievemente ondulata (l’altitudine media raggiunge i 300m s.l.m.) – è quasi del tutto chiuso da alture minori sui versanti occidentale e orientale. Il principale accesso alla Valle è la cosiddetta Sella di Arpaia, valico storicamente conosciuto con il più celebre toponimo Forche Caudine; l’ingresso a est è, invece, garantito dal passo di Sferracavallo che ricade nel comune di Montesarchio.

Abitata fin dall’Età del Bronzo, i Caudini controllarono l’area intorno all’VIII secolo a.C. mentre, in seguito all’occupazione romana, dominazioni medioevali contribuirono a profilarne la struttura insediativa, caratterizzata dalla presenza di borghi sulle pendici appenniniche. Nella piana, invece, si trovano spazi agricoli, con coltivazioni di cereali e ortaggi, e in cui sorgono uliveti e vitigni pregiati, come la denominazione DOC riferita al vino Aglianico del Taburno e, inoltre, aree industriali specializzate in produzione di olii e materiali edili (concentrati prevalentemente nella zona PiP di San Martino Valle Caudina) e zone culturali e commerciali.

via francigena

L’articolazione territoriale dei quattordici comuni dell’area è storicamente riconducibile alla vicinanza di attrattori che in diverse epoche ne hanno segnato l’evoluzione nonché alla SS Appia che segue il tracciato dell’omonima via consolare romana, costruita per favorire le tratte commerciali con la Grecia e l’Oriente, e che ricalca, tutt’ora, parte del percorso della via Francigena verso i principali porti di imbarco per la Terrasanta. La Regina viarum ha, dunque, da sempre rappresentato il fulcro gravitazionale dell’area (6).

Dieci di questi comuni (tra cui l’enclave di Pannarano) fanno parte della Provincia di Benevento (divisione amministrativa che vide la luce nell’Italia post-unitaria), mentre quattro afferiscono a quella di Avellino (un’antica partizione del Regno di Napoli chiamata, dal 1287, Principato Ultra(7)

REGNO DI NAPOLI

La popolazione dell’area ammonta a circa 68.000 abitanti: la maggior parte di questi risiede in provincia di Benevento (70%), anche se tra i comuni più popolosi dell’area, oltre Montesarchio Sant’Agata de’ Goti (BN), si può menzionare Cervinara in provincia di Avellino. L’area è attualmente interessata da un recente, seppur non trascurabile, fenomeno immigratorio che contribuisce a spiegare l’aumento della popolazione soprattutto nei centri del Beneventano (www.tuttitalia.it).

Tutti i comuni appartengono al Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale, (ex Autorità di bacino Liri-Garigliano-Volturno) e all’A.T.O. 1-Alto Calore Irpino. Molti afferiscono a distinti Gruppi di Azione LocaleGAL Partenio (8)GAL Taburno (9) nonché a diverse Comunità Montane, quella del Partenio-Vallo di Lauro (10) e quella del Taburno (11), sorgendo alcuni nel territorio del Parco Regionale del Partenio (12), altri nel Parco Regionale del Taburno Camposauro (13). Inoltre fanno parte di due diversi Sistemi Territoriali di Sviluppo (STS) a dominante “naturalistica” come individuato dal PtR: A8 Partenio e A9 Taburno (tab. I).

Benché nessuno dei comuni faccia parte dei centri individuati dalla Regione nell’ambito della Strategia Nazionale per le Aree Interne, come molte delle aree interne del Mezzogiorno, le quattordici municipalità soffrono della riduzione dell’occupazione e dell’utilizzo del territorio (e in alcuni dei centri minori anche di un trend demografico negativo, basti pensare, tra tutti, al caso di Bonea), di un’offerta locale calante di servizi pubblici e privati e di costi sociali elevati legati al degrado ambientale, al dissesto idrogeologico e al decadimento del patrimonio culturale e paesaggistico che aumentano la vulnerabilità dell’area (Sommella, 2017).

2. UN TERRITORIO VULNERABILE

La vulnerabilità di un territorio è legata alla sua propensione all’essere sottoposta a danni, shock e stress (Fünfgeld and McEvoy, 2011): è, però, una costruzione sociale e per questo motivo può essere ridotta attraverso politiche pubbliche adeguate. A differenza della pericolosità che è la probabilità che un fenomeno di una determinata intensità si verifichi in un certo periodo di tempo e dell’esposizione al rischio, cioè il numero di elementi a rischio presenti in un’area. Anche in base ai dati forniti dall’ISTAT (Stucchi et Al., 2004) e da quelli della Regione Campania (2018), i principali rischi a cui sono esposti i comuni della Valle sono quelli legati alla sismicità, alle frane, alle alluvioni e agli incendi boschivi.

Anche se non specificamente sismogenetica, nel suo insieme la Valle Caudina può essere considerata soggetta a forti terremoti (14) connessi alle aree matesina e irpina, come si evince dalla storia sismica e dai modelli geologico strutturali (GNDT, 1996) Recenti eventi sismici (dicembre 2019) hanno inoltre interessato le dorsali adiacenti all’area (INGV, 2019), apparentemente mai interessate da questi sciami localizzati. Inoltre, fattore di peculiare importanza nella risposta allo scuotimento sismico è la struttura complessa della Valle, ove, per la presenza dei materiali di riempimento (alluvioni e depositi vulcanici dell’Ignimbrite campana) sono possibili fenomeni di amplificazione del moto sismico (Pennetta, Russo e Donadio, 2014).

Gli studi di microzonazione sismica attuati nell’ambito dei singoli Piani Urbanistici Comunali (P.U.C.), reperibili sui siti dei quattordici comuni dell’area, evidenziano un’attenzione specifica a tali problematiche: a titolo di esempio è possibile citare lo studio geologico a corredo del P.U.C. di Paolisi il quale si sofferma sulle conseguenze dei terremoti, che si incrementerebbero per la l’elevata vulnerabilità indotta dalla “indiscriminata urbanizzazione” e “per l’abbandono o la cattiva gestione di aree montane e fluviali” (Cafasso e Ferraro, 2010, p. 2).

Purtroppo, al di là dei singoli provvedimenti più o meno virtuosi, gli studi effettuati dai singoli Enti presentano divergenze metodologiche e attuative nonché una disparità temporale nella realizzazione (15), mettendo in rilievo in che modo manchi una visione unitaria nonché vincoli costruttivi congruenti e unitari.

Con riferimento al rischio di frane e alluvioni, in base al Piano stralcio per l’assetto idrogeologico (varato dall’Autorità di Bacino – AdB – dei Fiumi Liri-Garigliano e Volturno), la percentuale di popolazione della Valle che risiede in aree a pericolosità di frana “elevata o molto elevata” è mediamente del 33%, con picchi nel comune di Cervinara (86,4%) e Bonea (71,6%) (ISTAT, 2019): tutti i Comuni appartengono alla “Zona di Allerta 2: Alto Volturno, Matese” e alla “Zona di Allerta 4: Sannio” quali Ambiti territoriali omogenei per il possibile manifestarsi di eventi meteo-idrologici intensi, come individuati dal sistema regionale di allerta (D.P.G.R. 299/2005)(16)

Si tratta, anche in questo caso, di fenomeni complessi, sia franosi che, più generalmente idraulici, coinvolgono in modo specifico le coltri piroclastiche (costituite prevalentemente dai depositi di ricaduta del Somma-Vesuvio) le quali, sature d’acqua, scorrono o fluiscono sul substrato di rocce calcaree costituenti tutte le dorsali al contorno della valle (Fiorillo et Al., 2001; Iovine, Di Gregorio e Lupiano, 2003). L’estrema pericolosità di queste fenomenologie, indotta dall’elevata velocità di spostamento, dovrebbe indurre azioni di governo del territorio imprescindibilmente legate al coordinamento tra tutti gli attori territoriali. Il rischio idraulico è connesso alla presenza del corso d’acqua dell’Isclero, oltre che ad alcuni tributari. È da sottolineare che proprio questi corsi d’acqua secondari costituiscono significativa problematica come dimostrano anche gli avvenimenti del dicembre 2019.

Infine, il Piano Regionale 2019-2021 per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi costituisce lo strumento per il contrasto degli effetti derivanti da incendi. Secondo quanto stabilito dal Piano, nell’area in esame gli Enti preposti alla tutela e alla salvaguardia del patrimonio forestale sono le Province di Avellino e Benevento (Regione Campania, 2019).

Nonostante le caratteristiche intrinseche dell’area dove il rischio incendi risulta da “elevato” a “molto elevato” il solo Ente che presenta un piano per gli incendi (corredato da carta della zonizzazione della magnitudo degli incedi boschivi anche sulla base di serie storiche del periodo) e preso come modello per le altre aree demaniali, risulta essere il Parco del Taburno. Questo presenta una foresta con una superficie di 614 ha (ibidem, p. 78) e mette a disposizione una vasca per l’approvvigionamento idrico durante le emergenze, evidentemente insufficiente a coprire tutta l’area delle Valle considerando anche le implicazioni degli incendi sul dissesto idrogeologico (Tropeano et Al., 2009).  

3. LA CITTÀ CAUDINA: UNA PROPOSTA TERRITORIALE

La fotografia dell’area ci restituisce una condizione di elevato rischio che, ovviamente, travalica i confini amministrativi. Di fatto quest’analisi mette in rilievo come, proprio per le condizioni naturali e di utilizzo del territorio, la gestione dei rischi andrebbe condivisa tra tutti gli attori dell’area per una migliore efficienza e un più efficace coordinamento.

È in tale ambito che l’Unione dei Comuni “Città Caudina”, fra le tante difficoltà amministrative, cerca di sviluppare una proposta unica per la mitigazione dei rischi (17), in coordinamento tra i diversi Enti, comunali e non, con l’obiettivo di coinvolgere non solo i policy-makers e gli stake-holders nella zonizzazione, nell’organizzazione territoriale e nell’attuazione di politiche specifiche, ma anche tutti i cittadini in termini di responsabilizzazione e partecipazione (Calandra, 2015).

La “Città Caudina” è stata costituita il 4 ottobre 2014 da otto comuni delle Province di Benevento e di AvellinoAirolaBoneaMontesarchioCervinaraRotondiRoccabasceranaSan Martino Valle Caudina, Pannarano in ragione della loro contiguità territoriale e delle pregresse esperienze di svolgimento in forma associata di funzioni, ai sensi dell’art. 30 D.Lgs. 267/2000; nel 2015 hanno aderito i comuni di Arpaia e Moiano ed è in corso l’adesione di Paolisi. In ragione della loro dimensione demografica solo ArpaiaBoneaPannarano e Roccabascerana sono soggetti all’obbligo di associare le funzioni e la sede istituzionale, dopo essere stata ospitata da Montesarchio e Rotondi, è ubicata attualmente presso il Comune di Roccabascerana (mancano all’appello altri tre Comuni dell’area, cosa che interrompe la continuità dell’Unione rispetto all’unitarietà fisiografica). 

Il nodo problematico che si riscontra nell’effettivo esercizio delle attività di questa Unione risiede proprio sull’“iperterritorializzazione” (Dini e Zilli, 2014) dell’area: l’estensione su due provincie, su diversi STS e su distinti SLL (legati alle circoscrizioni provinciali) rendono il quadro geopolitico dell’area molto nebuloso (18) anche perché nei fatti la popolazione tende a gravitare nel Beneventano (Galluccio, 2014, p. 99) per l’ottenimento dei servizi locali. Inoltre, gli interessi – soprattutto relativamente ai problemi demografici e socioeconomici – dei singoli comuni (estremamente diversi in termini di popolazione ed estensione) non rende facile la gestione condivisa.

Per fare fronte alla gestione dei rischi “naturali” l’Unione si sta muovendo per portare all’attenzione del livello regionale, e della gestione del PTR un piano operativo per proporre nell’ambito dei tavoli regionali relativi alle “aree operative complesse”, una programmazione di servizi per aree omogenee (ex aree vaste) che, guardando oltre i propri confini amministrativi, sia foriera di un percorso di condivisione, volto a definire specifici indirizzi politici per la salvaguardia dei cittadini e dei luoghi (19).

CONCLUSIONI

Il processo di unificazione della Città Caudina potrebbe rappresentare una sperimentazione innovativa costituendo un potenziale metodo di governo del territorio di un’area con significativi rischi geologico-ambientali. Di fatto un’analisi in chiave globale dei rischi nonché di azioni comunitarie di mitigazione, oltre a definire corrette strategie d’intervento, soprattutto attraverso opere di riduzione delle pericolosità, potrebbe costituire significativo vantaggio anche in chiave economica. 

La strada, ovviamente, sembra ancora molto tortuosa e i risultati conseguiti non consentono, allo stato attuale, di intravedere l’Unione quale reale soggetto di governement. Tuttavia, un dato risulta positivamente acquisito: la governance, il coinvolgimento e sostegno della comunità locale, gli strumenti di pianificazione (piani strategici, piani esecutivi) e le risorse (umane, finanziarie, infrastrutture, conoscenza) devono essere unificate proprio nelle competenze della Città Caudina, quale ente intermedio capace di rappresentare i bisogni di tutti i comuni della Valle.

Se la zonizzazione territoriale che ricalca ancora un ritaglio amministrativo su base provinciale ostacola nei fatti una gestione sistemica dei rischi, l’Unione si attesta come ente intermedio che potrebbe favorire l’efficienza amministrativa, la capacità di risposta alla domanda sociale e i processi localizzati di riduzione della vulnerabilità assurgendo un ruolo fondamentale per il conseguimento di risultati positivi e di rilievo proprio per la mitigazione dei suddetti rischi, superando i confini amministrativi e riconsegnando ad una geografia amministrativa dell’area la tutela del territorio ritrovando proprio nel nesso della gestione multiscalare del rischio il senso della geographicalness of disaster (Hewitt, 1997). 

Per dire la Vostra, contattateci all'indirizzo di posta elettronica caudiumpatrianostra@gmail.com oppure tramite Twitter @SchiaffoLo

immagini tratte dalla rete. In copertina Sant'Adiutore.

note

(1) Spesso i Piani mancano o non sono attualizzati (basti pensare che in Campania la percentuale di comuni con Piano è solo del 39%) (DPCN, 2020) e, in considerazione delle politiche di mitigazione preventiva, sovente sono carenti di attività finalizzate ad interventi strutturali (Gibelli, 2007).

(2) Per una disamina completa su questo punto si veda, fra gli altri, Forino (2012).

(3Come classico testo di riferimento si rimanda a At Risk (Wisner et Al., 2003) che discute, in una prima parte, diversi modelli e approcci alla vulnerabilità, mentre, nella seconda, presenta una vasta gamma di casi, organizzati in base al tipo di calamità affrontata (alluvione, terremoto, siccità ecc.). La terza parte, invece, si sofferma sulle best practices da adottare in previsione della gestione del rischio.

(4) Sul tale tema, in chiave comparata, si rimanda al testo di Bolgherini e Messina del 2014. Per un’analisi a scala nazionale, invece, è possibile riferirsi al Rapporto della Società Geografica Italiana del 2014 a cura di Dini Zilli.

(5) Le Unioni dei Comuni vengono introdotte nel sistema giuridico italiano nel 1990 con l’obiettivo di rispondere al trittico amministrativo di efficienza-efficacia-economicità; è una forma istituzionale di associazione che si è realizzata con lentezza, irregolarità e difformità geografiche (sul tema: Messina, 2009; Marotta, 2015; Dini e Romei, 2019)

(6) Sul punto, si veda il classico volume, n. 13 La Campania della collana Le regioni d’Italia a cura di Ruocco (1976) e, specialmente, il Cap. VI dedicato a La differenziazione regionale della Campania. Per un ulteriore inquadramento è possibile inoltre rinviare a Telleschi (1983).

(7Per un inquadramento storico del ritaglio amministrativo dell’area si veda Pellicano (2004).

(8) Nato nel 2008 come evoluzione del GAL Partenio Valle Caudina (già selezionato sul PIC Leader II, Leader+).

(9) Consorzio di tipo misto finanziato attraverso le misure del P.S.R. 2014-2020.

(10) Istituita ai sensi dell’art. 33 comma 3-bis del D.Lgs. 163/2006 (abrogato dal D.Lgs. 50/2016 e sostituito dall’art. 37, comma 4 dello stesso Decreto).

(11) Raggruppa i dodici comuni ai piedi del massiccio.

(12) Istituito nel 2002, occupa una superficie di 14.870,24 ha.

(13Istituito anch’esso nel 2002: si estende per 12.370 ha.

(14) Il rischio sismico è normalmente compreso tra 1 e 4 (D.Lgs. 112/1998 e il D.P.R. 380/2001): tutti i comuni dell’area sono contrassegnati da livello 2

(15) Basti pensare che ai comuni di BoneaCervinaraForchiaRoccabasceranaRotondi sono stati concessi contributi per la realizzazione di indagini e studi di microzonazione sismica (e non ancora finanziati con le precedenti ordinanze) soltanto tramite Decreto Dirigenziale n. 47 del 16/04/2019.

(16Tra gli eventi più noti è possibile ricordare l’alluvione che ha interessato l’area nel dicembre del 1999 nonché l’alluvione del 2019 generata dall’esplosione del fiume tombato di San Martino Valle Caudina.

(17Tra gli altri obiettivi vi è l’unione dei bilanci, dei comandi di polizia e dei distretti sanitari

(18A titolo di esempio basta pensare che Paolisi, pur facendo geograficamente parte Parco Regionale del Partenio, è attribuito per un refuso amministrativo alla Comunità montana del Taburno (in seguito alla L.R. sulla “provincializzazione” delle Comunità montane n. 6 del 1996).

(19Secondo quanto illustrato dal Dott. F. Damiano, sindaco di Montesarchio ed ex-presidente dell’Unione in un’intervista telefonica effettuata il 25.02.2020

*Paolisi e Forchia hanno aderito successivamente all'Unione.


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Università degli Studi di Napoli L’Orientale”; eguadagno@unior.it

RIASSUNTO: Le demarcazioni amministrative sono spesso un ostacolo al governo del territorio in zone esposte a rischio: aree contigue, divise da confini politico-amministrativi che, di fatto, riducono la potenzialità delle iniziative intraprese dai singoli attori istituzionali. Per indagare tale questione, si prenderà in considerazione il caso della Valle Caudina: tale area, da sempre soggetta a dissesto idrogeologico deve oggi far fronte alla necessità di uniformare i piani preventivi promuovendo una ri-articolazione territoriale che punti al superamento dei confini amministrativi.

SUMMARY: Overcoming borders and shared experiences: the Valle Caudina – Administrative demarcations often become an obstacle to the government of territories exposed to risk: contiguous areas, divided by political-administrative boundaries which, in fact, reduce the potential of the initiatives undertaken by each institutional actor. In order investigate this topic we will consider the case of Valle Caudina: this area, always subject to hydrogeological instability must today face the need to standardize preventive plans by promoting a territorial re-articulation aiming at overcoming the administrative boundaries.

Parole chiave: Unioni di ComunirischiCittà Caudina.

KeywordsUnion of municipalities, risksCittà Caudina.

S. Zilli, G. Modaffari (a cura di), Confin(at)i/Bound(aries), Società di Studi GeograficiMemorie geografiche Nuova Serie 18, 2020, pp. 845-852

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