domenica 12 dicembre 2021

ALLUVIONE 1999 - Mitigazione del rischio idrogeologico #primaparte | AMBIENTE

 

MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDROGEOLOGICO FINALIZZATO AL GOVERNO DEL TERRITORIO

Il tragico alluvione che devastò la Valle Caudina il 16 dicembre 1999 è stato oggetto di analisi tecniche da parte dell'Autorità di Bacino dei fiumi “Liri‐Garigliano e Volturno” in collaborazione con il Comune di Cervinara dell'epoca. Lo Schiaffo 321 riporta l'accordo di programma sottoscritto nel 2010 dalle parti, ponendo l'attenzione sull'inquadramento generale dei luoghi e sulle problematiche d'interesse di una zona che deve convivere con un rischio molto elevato per le popolazioni dell'area. 

Il campanello d'allarme dei giorni scorsi deve contribuire a tenere alta l'attenzione sui rischi idrogeologici. L'episodio di San Martino del dicembre 2019 è emblematico. L'esplosione di un torrente sotterraneo, in pieno centro, la dice lunga sulla tenuta strutturale di queste zone soggette a precipitazioni elevate, spesso causa di smottamenti e allagamenti. In questa prima parte affronteremo i tre aspetti più delicati da monitorare e studiare. Nell'ordine assetto geologico, geomorfologico ed  idrogeologico. 

1. PREMESSA

In ottemperanza alle attività previste nell’Accordo di Programma tra l’Autorità di Bacino dei fiumi “Liri‐Garigliano e Volturno” ed il Comune di Cervinara stipulato il 19 ottobre 2010, ed avente ad oggetto lo studio di dettaglio sull’intero territorio comunale interessato da aree a Rischio Molto Elevato ed aree di Alta Attenzione, da predisporre sulla base di quanto esplicitato in uno specifico disciplinare tecnico‐operativo‐temporale  a cui si rimanda, nella presente relazione sono illustrati i risultati degli studi geologi, geomorfologici, idrogeologici e geotecnici propedeutici alla riperimetrazione delle aree del territorio comunale di Cervinara (AV) (già definite a rischio idrogeologico nel vigente Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico – Rischio da frana) anche attraverso l’approfondita descrizione del percorso metodologico seguito per la redazione degli elaborati cartografici prodotti e dei loro contenuti fondamentali

2. INQUADRAMENTO GENERALE DEI LUOGHI E PROBLEMATICHE DI INTERESSE

2.1. ASSETTO GEOLOGICO

Il centro abitato di Cervinara si sviluppa in parte nella pianura della Valle Caudina, compresa tra gli abitati di Rotondi e di  S. Martino Valle Caudina, e in parte nel territorio immediatamente a ridosso delle pendici settentrionali del rilievo di Monte Ciesco Alto (ovvero Ciglio di Cervinara), frapposto tra la Piana Campana e la Piana Caudina (Fig. 2.1). 

Sotto il profilo geologico‐strutturale il settore pianeggiante del centro abitato occupa il margine meridionale della Piana Caudina, una depressione strutturale che durante il Tardoquaternario ha costituito un ampio bacino lacustre. Nel Pleistocene superioreOlocene il lago si è progressivamente interrito per l’accumulo di depositi detritico alluvionali e torrentizi provenienti dai vicini rilievi montuosi, e soprattutto, per gli apporti piroclastici provenienti dei vulcani dei Campi Flegrei e dall’apparato vulcanico del Somma‐Vesuvio. Intorno a 39Ka si registra la messa in posto della formazione tufacea dell’Ignimbrite campana, che nel territorio del Comune di Cervinara si rinviene affiorante in maniera discontinua alla base dei versanti con limitati spessori mentre appare largamente diffusa nel sottosuolo di tutta la Piana intercalata in banchi ai depositi lacustri. 

Sui versanti e nel sottosuolo della Piana, ai depositi detritico alluvionali e lacustri e/o palustri, si alternano livelli di pomici e ceneri da caduta, localmente molto rimaneggiati, provenienti dal Somma Vesuvio (Pomici di Ottaviano ‐ 8 Ka, e Pomici di Avellino ‐ 3,7 Ka) e dai Campi Flegrei (Formazione di Agnano M.te Spina ‐ 4,1 Ka).

La dorsale carbonatica del Ciglio di Cervinara rappresenta la porzione affiorante di una delle due principali unità paleogeografiche che caratterizzano il substrato profondo di questo settore dell’Appennino campano

l’Unità della Piattaforma Carbonatica sud‐appenninica, e l’Unità del bacino Lagonegrese‐molisano (sensu PESCATORE et alii 1999) di età compresa tra il Mesozoico ed il Terziario. La configurazione geometrica attuale delle unità presenti nell’area è il risultato di una articolata storia deformativa caratterizzata da fasi compressive mio‐plioceniche seguite da episodi di tettonica  trascorrente  ed estensionale durante il Pliocene superiore‐Pleistocene.

L’elemento geometricamente più elevato della pila tettonica è dato dalla dorsale carbonatica di Cervinara (Fig. 2.2) che si sovrappone con vergenza orientale sulla unità Lagonegrese molisana. L’età della sovrapposizione tettonica è successiva alla deposizione delle arenarie di Caiazzo del Tortoniano superiore‐Messiniano inferiore (Patacca et alii, 1990; Di Nocera et alii). La pila tettonica così formata viene successivamente disarticolata dalla tettonica plio‐pleistocenica coeva all’apertura della porzione meridionale del bacino Tirrenico (Casciello et alii, 2006).

In questo settore della catena la tettonica trascorrente ed estensionale del Pliocene superiore è ben evidente. A questa generazione di strutture deformative appartiene il lineamento tettonico ad orientazione NW‐SE che borda il versante meridionale del massiccio del Taburno. Questa struttura, oltre a determinare il sollevamento e venuta a giorno dei livelli strutturali più bassi della successione carbonatica, mette a contatto i terreni cretacei con le sottostanti porzioni giurassiche del Taburno, mediante un rigetto di ordine chilometrico (Fig. 2.2).

Nell’insieme le strutture descritte definiscono una serie di scaglie sovrapposte costituite da elementi carbonatici, accavallati con vergenza verso i quadranti settentrionali su vari termini dell’Unità lagonegrese molisana o sui depositi miocenici (Fig. 2.3).

Strutture tettoniche riconducibili a questa fase deformativa sono quelle che hanno generato i principali valloni che dal Ciglio di Cervinara con elevata pendenza sboccano nel fondovalle ove si sviluppa l’abitato di Cervinara. Alcuni esempi sono forniti dalla Valle del Castello, dal Vallone S.Gennaro, dal Vallone Conca e dal Vallone Pozzillo.

I rilievi montuosi di Cervinara sono formati essenzialmente da rocce calcaree e, subordinatamente, calcareo‐dolomitiche, compatte che costituiscono una successione di strati e banchi, intensamente fratturati, di spessore dell’ordine di varie centinaia di metri e d’età compresa tra il Giurassico inferiore ed il Cretacico superiore

La tettonica ha smembrato la originaria sequenza stratigrafica carbonatica suddividendola in vari blocchi fagliati e ruotati, che assumono in più settori l’assetto di piccole strutture monoclinaliche variamente inclinate e ruotate, ma comunque con immersioni prevalenti verso N e NW ed inclinazione variabile di 10°‐ 35°. Gli strati sono prevalentemente a franapoggio lungo il versante meridionale dei Monti di Cervinara.  

Ciò comporta che i termini più antichi della successione (Giurassico e Cretacico inf.) affiorino nelle porzioni alte del Ciglio di Cervinara, o maggiormente sul versante di Monte Ciesco Alto che affaccia sulla Piana Campana, mentre gli strati calcarei del Cretacico superiore affiorino prevalentemente sul versante settentrionale.

Su queste due importanti unità tettoniche si rinvengono in discordanza depositi terrigeni miocenici e terreni clastici di origine torrentizia, e i terreni di origine vulcanica del Quaternario precedentemente riferiti, che ricoprono i versanti con spessori da pochi centimetri fino a varie decine di metri.

La dorsale di Cervinara si sviluppa dai Monti di Avella fino a Monte Fellino, rilievo soprastante l’abitato di  S. Felice a Cancello, secondo la  direzione Est‐Ovest. La dorsale è caratterizzata da uno spartiacque che per tutto il suo sviluppo, intorno alla quota di 1000 m, si presente non più largo di alcune decine di metri. 

Il rilievo, per questo sviluppo trasversale alla Piana Campana, ha rappresentato nel Pleistocene superiore e nell’Olocene e fino in epoca storica lo sbarramento naturale ai flussi piroclastici generati dalle eruzioni esplosive dei vulcani Flegrei e del Somma Vesuvio. 

La  particolare condizione morfo‐strutturale del versante settentrionale di Monte Ciesco in cui sono presenti vari ripiani morfologici (Piano D’Iorio e Pino S.Gregorio, ha facilitato l’accumulo di una coltre piroclastica molto spessa.

Inoltre la dorsale, essendo uno dei primi rilievi che si ergono sulla Piana campana, è sede di precipitazioni orografiche, generate da nubi cariche di pioggia provenienti direttamente dal mare, per cui la struttura stratigrafica della coltre è molto articolata e risulta composta da vari livelli di piroclastiti rimaneggiate e piroclastiti da caduta intercalate a livelli lenticolari di paleosuoli.

2.2. ASSETTO GEOMORFOLOGICO

La Dorsale del Partenio, ad andamento SE‐NW, ha in Tuppo Tuostolo (1215 m s.l.m.), Tuppo Alto (1250m s.l.m.) e Monte Ciesco Alto (1308m s.l.m.) i rilievi più elevati, il cui allineamento individua la linea di spartiacque principale. La zona sommitale del rilievo è caratterizzata da una stretta superficie di spianamento a debole pendenza, con alcune conche endoreiche e dossi sommitali poco accidentati (es. Piano Rapillo nella zona Sud – orientale).

Altre aree spianate, situate a mezza costa, sono limitate a zone di piana intramontana (Piano Gregorio, Piano di Iorio, piano di Sopra, ecc) e sono circondate da versanti particolarmente acclivi e caratterizzati da profonde incisioni e valli rettilinee. Nel settore Nord i versanti si raccordano alla piana mediante una fascia pedemontana di ampiezza variabile e sono contraddistinti da un'acclività via via più ridotta. A Nord e Nord‐Est i versanti bordieri della struttura carbonatica costituiscono il fianco sinistro di un'ampia depressione valliva denominata Valle Caudina, che si estende dalla stretta di Arpaia fino a Montesarchio ad Est e Bucciano a Nord.

Le spianate sommitali ed intramontane, dal punto di vista morfoevolutivo, costituiscono i lembi residuali di un’antica superficie morfologica peneplanata, già attribuita al Pliocene Superiore – Pleistocene Inferiore, variamente dislocata e disarticolata in morfoblocchi di ordine inferiore da elementi strutturali di vario rigetto, lungo i quali si sono impostati i vari corsi d'acqua che incidono il rilievo secondo un regime susseguente. 

I diversi settori di pendio che bordano la dorsale carbonatica costituiscono, invece, il prodotto finale di un lungo modellamento avvenuto secondo il meccanismo prevalente della “recessione rettilineo–parallela” con versanti che seguono il modello di Penck – Lehman per rilievi omogenei dal punto di vista litologico. 

La regolarità del profilo di riferimento è influenzata da fattori morfostrutturali e/o litostratigrafici, quali ripiani di morfoselezione, carsismo superficiale ecc. Allo sbocco delle aste torrentizie, sia in ambito intramontano che vallivo, è stata riconosciuta la presenza sia di conoidi detritico‐alluvionali che colluviali di varia età (antiche recenti ed attuali) e conformazione, spesso anastomizzati e sovrapposti. L’andamento del reticolo drenante secondario, nelle zone pedemontane, risulta spesso influenzato dagli effetti deposizionali dei flussi piroclastici e detritico‐piroclastici sia tipo colate rapide di fango e sia lenti e graduali nel tempo.

2.3. ASSETTO IDROGEOLOGICO

Il territorio di Cervinara ricade nell’unità idrogeologica dei monti di Avella‐monte Vergine‐Pizzo d’Alvano, delimitata a nord dalla discontinuità strutturale Arpaia‐Cancello, a nord‐ovest dai depositi terrigeni del bacino Irpino, a sud dalla valle del Solofrana e ad ovest dai depositi quaternari della conca Campana. L’unico limite, che consente una elevatissima tenuta dei travasi è quello nord‐orientale, caratterizzato dalla presenza di depositi arenaceo‐marnosi‐argillosi.

A nord, esiste continuità idraulica con la struttura carbonatica adiacente, ma gli interscambi idrici sotterranei sono difficili. A sud, invece, alla continuità idraulica si associa un consistente travaso di acque dai monti di Solofra, soprattutto attraverso la coltre quaternaria della valle Solofrana.

A ovest, infine, esiste alimentazione verso le falde quaternarie; in prima approssimazione i travasi possono essere considerati trascurabili rispetto alla potenzialità globale della struttura. All’interno dell’unità idrogeologica, la faglia inversa Monteforte Irpino‐Baiano e la sua naturale prosecuzione nella dorsale di Avella, sino ad Arpaia, sembrano delimitare una sorta di alto idrico, in grado di definire un’area di alimentazione comune alle sorgenti Mofito e Calabricito, oltre che al gruppo di Sarno.

All’interno dell’area considerata dallo studio di approfondimento, sviluppato dall’Autorità di Bacino, non sono stati rilevati significativi recapiti sorgivi della falda di base dell’idrostruttura, ma solo recapiti di “falde sospese”. Queste venute d’acqua sono, per gran parte, ubicate ai margini della struttura o lungo i fondo valle di profonde incisioni, ambedue condizionati da originari motivi strutturali di compressione, che potrebbero essere collegati alla genesi di queste sorgenti. 

Il massiccio carbonatico del Partenio costituisce il limite meridionale della piana del fiume Isclero che costituisce un’unità idrogeologica il cui acquifero è caratterizzato, essenzialmente, da depositi detritico‐piroclastici, piroclastici e fluvio‐lacustri.

#primaparte

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immagini tratte dalla rete,

tratto da: ACCORDO DI PROGRAMMA Autorità di Bacino dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno e Comune di Cervinara MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDROGEOLOGICO FINALIZZATO AL GOVERNO DEL TERRITORIO 

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