domenica 22 maggio 2022

La vigna di Dioniso: vite, vino e culti in Magna Grecia | Capitolo 1. L’irruzione divina: il caso della tomba 168 di Pitecusa | CULTURA

 

La vigna di Dioniso: vite, vino e culti in Magna Grecia

Culti dionisiaci e rituali funerari tra poleis magnogreche e comunità anelleniche

La relazione si propone di esaminare alcuni esempi tratti dalla documentazione funeraria che, rispetto ad una generica evocazione nel corredo tombale del sistema del consumo del vino, connotano, con una più specifica valenza di segno, pratiche, spazi, credenze legate alla sfera del culto dionisiaco, inteso nell’accezione ampia di azione volta a istituire un rapporto diretto e personale con il dio. 

In questa dimensione l’evocazione dell’Alterità legata al mondo di Dioniso fornisce alla comunità antica un formidabile paradigma culturale per superare la morte attraverso l’iniziazione a una condizione diversa, secondo una dialettica complessa che investe il rapporto tra individuo e dimensione ‘politica’ e al cui interno prende corpo lo sviluppo di dottrine escatologiche che trasformano la concezione dell’Aldilà e del destino oltremondano. 

Delle dinamiche di questo processo la relazione si propone di prendere in esame modalità e livelli, sforzandosi di distinguere articolazioni e salti di qualità: in questo tentativo, per esplicitare i dispositivi concettuali, si farà ricorso ad un approccio diacronico e di carattere comparativo, estendendo l’analisi alla documentazione etrusca ed enucleando tre nodi tematici e, al tempo stesso, cronologici:

1. L’irruzione divina: il caso della tomba 168 di Pitecusa

2. Il simposio arcaico e altre iniziazioni

3. La cité initiée e i misteri

Fig. 1. Pitecusa: cratere della tomba 168

1.L’irruzione divina: il caso della tomba 168 di Pitecusa

La rifunzionalizzazione nel dispositivo funebre del sistema del simposio è riconoscibile nell’eccezionale contesto della tomba 168 di Pitecusa, databile nel terzo quarto dell’VIII secolo a.C. La sepoltura presenta, come è noto, una serie di ‘anomalie’ che esprimono lo statuto eccezionale del morto: l’incinerazione applicata ad un adolescente e la deposizione all’interno del corredo di quattro crateri che, associati alla ‘coppa di Nestore’, evocano la pratica del simposio come sistema complesso fondato sull’integrazione tra consumo del vino e canto (1).

A questo proposito occorre ricordare la prospettiva delineata da O. Murray che, nel testo della coppa pitecusana e nel capovolgimento irriverente che in esso si opera della morale omerica, riconosce i segni dell’avvenuta introduzione del simposio sdraiato di origine orientale: secondo lo studioso, addirittura, Pitecusa potrebbe essere il luogo (o, forse meglio, uno dei luoghi) dove si è verificata la sua trasmissione in Occidente, favorita dal contatto tra Greci e Orientali (2)

Ma, come ha recentemente sottolineato B. d’Agostino, nel caso della tomba 168 c’è un elemento in più, in quanto sul piede di uno dei crateri è dipinta la dedica che richiama una componente divina in rapporto al vaso al centro della circolazione del vino:

attraverso questa evocazione il sistema del corredo si carica di ulteriori, complessi significati, alludendo ad una dimensione che supera la morte nella cornice del simposio (3) (fig. 1).

Fig. 2. Monte Vetrano (SA): il sigillo del Lyre-Player Group (Soprintendenza per i Beni archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta).

Questa lettura può essere ulteriormente suffragata da un documento contemporaneo alla tomba 168, costituito da uno scarabeo in pietra inseribile nel Lyre-Player Group 4, rinvenuto nella necropoli di Monte Vetrano nel comune di Salerno

si tratta di un esteso insediamento collinare sorto nella seconda  fase della Età del Ferro in rapporto all’abitato villanoviano di Pontecagnano, a controllo del guado che, dalla sponda destra del fiume Picentino, immetteva nel territorio del centro protourbano (5). 

Sullo scarabeo è raffigurata una scena di danza intorno ad una grande anfora montata su sostegno, cui partecipano tre ballerini accompagnati da un suonatore di lira, un flautista e due donne (6) (fig. 2).

Ballerini e musici sono nudi: il danzatore principale succhia il liquido  contenuto nell’anfora attraverso una canna ricurva, secondo una tecnica diffusa in ambito orientale, mentre il flautista suona in equilibrio su una sola gamba, sollevando a squadra l’altra per accogliere sotto di sé una donna accovacciata; gli altri danzatori sono raffigurati con le gambe flesse e le braccia piegate ad angolo o distese lungo il corpo. Una danza sull’onda dell’ebbrezza, imperniata sull’anfora alcolica collocata al centro della scena: sono evidenti le analogie con l’iconografia greca del komos, ma, al tempo stesso, l’incidenza della mediazione orientale, che traspare emblematicamente nella tecnica di aspirare la bevanda con la cannuccia. 

Dietro la scena incisa sullo scarabeo di Monte Vetrano si intuisce il funzionamento di un intreccio complesso di apporti e interazioni, di cui non è possibile precisare uno in fondo dinamiche e componenti e, in questo senso, occorre sottrarsi alla tentazione di identificare immediatamente la danza intorno all’anfora con il cerimoniale del Marzeah descritto dalle fonti, di cui pure si è valorizzata l’incidenza in Occidente (7)

troppo ampia è l’autonomia che l’iconografia manifesta rispetto alla descrizione contenuta nei testi per istituire connessioni realmente cogenti. 

Per contestualizzare la portata della scena si possono, piuttosto, richiamare alcuni contesti funebri in cui, come nella tomba 168 di Pitecusa, l’evocazione del consumo del vino assume assai precocemente uno specifico rilievo: si ricordi, innanzitutto, la tomba 79 di Toumba, del secondo quarto del IX secolo, nel cui ricchissimo corredo figurano due crateri monumentali e una grattugia di bronzo rinvenuti nel riempimento della fossa (8).

 Ad essa può aggiungersi la tomba 111 di Monte Vetrano, ugualmente ad incinerazione entro calderone di bronzo, databile entro il terzo quarto dell’VIII secolo a.C. e pertinente ad una deposizione indigena di genere femminile per il ricorso di una fusaiola di impasto e una fibula a sanguisuga di bronzo: all’interno del calderone, danneggiato dalle arature moderne, è stato recuperato un frammento combusto di coppa “a hevrons”, evidentemente deposta (forse in pezzi) al momento della cremazione (9)

Attraverso molteplici traiettorie la dimensione del vino serve già in questa fase molto antica ad esorcizzare la morte, evocando l’esperienza privilegiata dell’ebbrezza; in un momento non molto successivo, all’inizio del VII secolo a.C., nel Kerameikos di Atene è attestato l’uso di cremare in tomba defunti deposti su tavola lignea o, a volte, su kline, con presenza di tralci di vite tra il materiale combusto: come sottolinea giustamente A. M. D’Onofrio, “i giacigli di tralci di vite….appaiono, dunque, vere e proprie stibades”, come quelle che nell’iconografia di età arcaica caratterizzano il simposio di Dioniso e dei suoi recumbenti (10).

 Scritto da Luca Cerchiai

La vigna di Dioniso: vite, vino e culti in Magna Grecia 

ATTI DEL QUARANTANOVESIMO CONVEGNO DI STUDI SULLA MAGNA GRECIA 

TARANTO 24-28 SETTEMBRE 2009

fonte: Istituto per la Storia e l’Archeologia della Magna Grecia - Taranto MMX

(1) Nizzo 2007, pp. 33-36, ha recentemente messo in dubbio l’unità del corredo della tomba 168,ma è impossibile non condividere lo scetticismo di ridgWay 2009, per l’affidabilità del contesto, delle procedure di scavo e documentazione e, paradossalmente, delle “anomalie”, che non hanno bisogno di essere normalizzate.

(2) Murray 1994.

(3) D’agostino 2003, p. 213 nota 17: “ il defunto … aveva certamente un ruolo di carattere religioso; ridgWay 2009, p. 445: “…the occupant of “Tomba 168” had enjoyed a special status of some kind, derived perhaps from his family connections or from a particular ability or heroic achievement of his own”. La lettura ex the o– si trova in Bartone K, Buchner 1995, n. 44, pp. 177 sgg., che pensano a una dedica votiva ricollocata in tomba.

(4Lo scarabeo è inseribile in un ristretto gruppo di esemplari di eccezionale qualità orari esaminato da Rizzo, 2008-09, pp. 136-39, cui si aggiunga anche Rizz2007.

(5Per un quadro aggiornato delle scoperte cfr. Cerchiai, Rossi, Santoriello in corso di stampa.

(6) Cerchiai, Nava 2008-09

(7) Murray 1994; Menichetti 1992. Sul Marzeah cfr., da ultimo, miralles maciá 2007.

(8PoPham, lemos 1987 (T. 79 A, shaft fill , tavv. 77, 106); PoPham, Lemos 1995; Lemos 2003.

(9) Cerchiai, Rossi, Santoriello in corso di stampa (A. Rossi).

(10) D’onofrio 1993, pp. 146-53

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