giovedì 21 ottobre 2021

Aeropoesia = Marinetti

 

“Le aeropoesie trovano nella Radio il loro veicolo naturale. Se invece vengono fissate sulla carta subito questa si muta in una volante e bene aerata pagina di cielo con purissime sintesi sospese e viaggianti a guisa di nuvole” (F.T. Marinetti, L’aeropoesia. Manifesto futurista).

La prima apparizione del termine «aeropoesia» non è in un testo di Marinetti ma in un manifesto lanciato il 10 febbraio 1931 sulla rivista ‘IMPERO ITALIANO di Roma da Elemo D’Avila con Alfredo Trimarco e un nugolo di giovani sconosciuti: Primo manifesto futurista d’Aeropoesia.

E’ però di Marinetti il manifesto ufficiale, del 30 ottobre 1931: L’aeropoesia. Manifesto futurista ai poeti e agli aviatori, pubblicato su LA GAZZETTA DEL POPOLO di Torino. Il testo fu ristampato su L’AVIAZIONE di Roma, l’8 novembre e su OGGI E DOMANI di Roma il 9 novembre. Seguirono numerose altre ristampe, almeno fino al 1935, quando il manifesto uscì in corpo al volume di Marinetti L’aeropoema del Golfo della Spezia, pubblicato da Mondadori.

A partire dalla fine del 1931 si susseguono in Italia e in Europa le conferenze di Marinetti ad accompagnare le mostre di aeropittura, cominciando da quella del 1932 alla Galerie de la Renaissance di Parigi.

Fra quelle famose la più imbarazzante si svolge durante la prima mostra di aeropittura in Germania, alla Galleria Flechteim di Berlino, nel 1934. Marinetti e Ruggero Vasari vi sostenevano la modernità e originalità dell’aeropoesia e dell’aeropittura italiana contro il regime nazionalsocialista che vedeva in quella mostra nient’altro che un aspetto dell’«arte degenerata».


E’ sempre di Marinetti l’opera icona dell’aeropoesia, la prima concepita e realizzata secondo i principi della nuova poetica: L’aeropoema del Golfo della Spezia, pubblicato da Arnoldo Mondadori il 10 maggio 1935. Lì troveranno ispirazione tutti i giovani che vorranno fare poesia d’avanguardia, cercare forme nuove, usare un linguaggio diverso: Sanzin, Pattarozzi, Masnata, Geppo Tedeschi, Buccafusca, Balestreri, Farfa, Bellanova, Scurto, Castrense Civello e moltissimi altri.

L’idea del volo sintetizzava i concetti più avanzati del futurismo: l’esaltazione della velocità, la potenza della macchina, la capacità di mettere in gioco la propria vita, e rifletteva la costante marinettiana della guerra sola igiene del mondo – non quella fatta coi cannoni ma la guerra come condizione dell’esistenza, eterno conflitto fra Eros e Tanathos, idea che segna tutte le sue opere da La Conquète de etoiles fino al Quarto d’ora di poesia della X Mas.

La definitiva sistemazione teorica sta in un libretto ingiustamente sottovalutato dagli studiosi e quasi mai citato: La tecnica della nuova poesia, pubblicato da Marinetti come articolo nella RASSEGNA NAZIONALE di Roma il 20 aprile 1937, e contemporaneamente in opuscolo, come estratto editoriale. Dal punto di vista teorico Marinetti distingue tre forme di paroliberismo

la prima è costituita dalle «Tavole parolibere», “tavole sinottiche di poesia o paesaggi di parole suggestive” che manipolano i segni in funzione grafica. 

La seconda dalle «Parole in libertà», teorizzate nel 1912 col Manifesto della letteratura futurista e i suoi supplementi: sistematica alterazione delle regole della sintassi, dell’ortografia, della punteggiatura, della grammatica, per liberare le parole dal loro significato comune e quotidiano. 

Infine le «Parole in libertà di aeropoesia», che si distinguono dalle altre per una caratteristica essenziale: «l’accordo simultaneo»:

“L’accordo simultaneo inventato da me è un seguito di corte verbalizzazioni essenziali sintetiche di stati d’animo diversi, parole in libertà che senza punteggiatura, verbi all’infinito, aggettivi-atmosfera a forte contrasto di tempi di verbi raggiungono il massimo dinamismo polifonico aviatorio pur rimanendo comprensibili e declamabili“.

Filippo Tommaso Marinetti muore il 2 dicembre del 1944, poco prima della fine della guerra, e il suo ultimo libro, pubblicato nel gennaio 1945 dalla moglie Benedetta, è un’ode alla «Decima Mas», una delle unità anti-partigiane più spietate. Non cerca scuse per gli errori dell’uomo e del soldato, né si vuole conciliare con la realtà:

“…io non ho nulla da insegnarvi mondo come sono da ogni quotidianismo e faro di una poesia fuori tempo spazio“.

alia nel 1929, è comprensibile che tirasse un po’ il fiato, aveva già fatto parecchio e ancora c’era da fare.

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